L'editoriale dell'Elefantino
La sfuriata di Allegri e la moralina della Vecchia Signora
Ci si ammutolisce davanti al fulmine sgarbato che viene da un dio degli stadi. La società invoca i valori, ma che scuoletta di buon gusto è quella di liquidare con accanimento un suo leader per una scenataccia umana troppo umana?
Lo stile Juventus è da sempre una grande cialtronata. Mai come nel caso di Massimiliano Allegri, licenziato perché si comporta in modo “contrario ai valori della società”. Lasciamo stare i risultati dell’allenatore, che tappano la bocca (cinque scudetti eccetera). Il fatto di costume, la saccente lezioncina pedagogica a uno che ha comprensibilmente sbroccato, stufo di essere perculato dalla “società dei valori”, prevale su tutto. I valori sono un travestimento ipocrita della voglia di competere e vincere, dei quattrini per farlo, dei bilanci forzati e della gara non sempre irreprensibile sul mercato dei talenti. Tutti partecipiamo del balletto valoriale, tutti ci ubriachiamo di bibite idealistiche, parametri di eleganza e compostezza, e alla fine questa ipocrisia può anche tracimare in banali regole di buona educazione. Perfetto.
Ma conciare per le feste e sottoporre a gogna un uomo che fa una sfuriata, che esprime non ciò in cui dice di credere, i valori, ma quel che è, il suo effettivo valore umorale e carnale di una sera, è un modo di offendere l’amor proprio manifesto di un professionista soffocato dal rancore ambientale, che alla fine esplode e sanziona il tutto minacciando di strappare le orecchie a un giornalista e dando il bando a un collega aziendale, stracciandosi le vesti e turpiloquendo a casaccio nel giorno di una vittoria e dell’addio.
La collera richiede rispetto, se non solidarietà. Chi s’infuria fuori dalle righe in genere è visitato dalla necessità, da una smania che può perfino avere dell’elegante, del rivelatore, dell’irreprensibile. Ci si ammutolisce davanti al fulmine sgarbato che viene da un dio degli stadi. Anche questa è una questione di etichetta. La società, invece di invocare valori, avrebbe dovuto per eleganza e compostezza mostrare un lieve imbarazzo e risolvere il contratto senza strepito e condanne morali. La chiamano la Vecchia Signora, è un simbolo popolare della rabbia e della potenza del tifo, del plebiscito delle maggioranze urlanti davanti all’idolo dello scudetto e della coppa, che senso ha invocare l’etichetta di Balmoral, che scuoletta di buon gusto è quella di liquidare con accanimento un suo leader per una scenataccia umana troppo umana? La collera di Allegri aveva il sapore di una rivalsa a lungo rimandata verso un tradimento, che non è un tradimento di valori ma personale, di serietà professionistica, era lo strepito di un uomo sottoposto alla guerra dei sussurri, a certe spietatezze e volgarità d’apparato che sono tipiche delle stagioni di insania e di autolesionismo certo non estranee alla Juve di questi ultimi tempi. Avrebbe potuto e forse dovuto accontentarsi dell’ultima vittoria sull’Atalanta e mettersi il cuore in pace, ma ci sono casi in cui l’orgoglio diventa travolgente e senza far male a nessuno rende lecito prendere tutti a pesci in faccia. Il comportamento di Allegri, la sua baldanza e la sua furia, andrebbe insegnato nelle scuole per far vedere a che punto può arrivare, in certi contesti, l’ira repressa di un generale di brigata fortunato alle prese con una diserzione indiscreta, vile e contundente. Invece siamo alle solite del banalismo etichettaro, non sta bene, non si fa, goditi la vita, non reagire, non avere stomaco, le persone a modo non fanno così, tutti contro Allegri. Ma che restituiscano quei cinque scudetti e quelle coppe invece di frignare e condannare in nome dei valori e della moralina comune di uno che hanno semplicemente trattato male e gli ha fatto una omerica scenataccia.