Foto Ap, via LaPresse

Era ora che Xander Schauffele vincesse un major championship

Corrado Beldì

L'atleta californiano aveva vinto una trentina di tornei, pure l'oro olimpico, ma mai uno del grande slam. C'è riuscito ora trionfando al PGA Championship

Un par cinque da 573 yards, dal tee di partenza non pochi pericoli, un fiume r un lago sulla destra, un bunker a sinistra proprio sul gomito del dog leg, l’erba corta pronta a punire il minimo errore. Hanno trattenuto il fiato in molti quando Xander Schauffele ha giocato l’ultimo drive. Era la 72esima buca, era in testa a pari merito con Bryson DeChambeau e indiscutibilmente l’unico tra i più forti giocatori al mondo a non aver ancora vinto un major championship. Un dettaglio non certo indifferente in quel momento, perché molti hanno cominciato a pensare che ci fosse un motivo.

 

È una storia iniziata molto prima, trent’anni fa in California dove Schauffele è nato e cresciuto. La madre di Taiwan e il padre francese tedesco, grande appassionato di golf e fin da bambino suo unico coach, l’università di San Diego e il professionismo dal 2015. Certamente tra i giocatori più forti al mondo negli ultimi anni, una decina di tornare vinti, pure una medaglia d’oro, nel golf non conta nulla, alle Olimpiadi di Tokyo e fino a ieri solo secondo e terzo in alto il torneo del grande slam.

 

Per questa 106esima edizione del PGA Championship, è stato selezionato per la quarta volta il sempre entusiasmante Valhalla Golf Club nel cuore del Kentucky. Campo disegnato da Jack Nicklaus nel 1986 ma già glorioso per la Ryder Cup del 2008, ha ospitato quest’anno il quarto PGA con un prato rifatto, il taglio del mid rough attorno ai bunker che infatti hanno accolto un numero crescente di palline rendendo il gioco di recupero un tema del torneo. In campo con tante difficoltà ma non difficilissimo, il meno 21 finale lo dimostra. D’altra parte, gli organizzatori volevano un torneo spettacolare.

 

Non per nulla è stato un moving day all’insegna dello spettacolo, anche e soprattutto per gli europei. L’irlandese Shane Lowry, un ineguagliato 62 con un 29 nelle prime nove buche, ha risalito la classifica fino al secondo posto portandosi a un colpo dal leader fino ad allora incontrastato Xander Schauffele. Un fiato sul collo che voleva farsi sentire, visto il tocco magico che a volte Lowry sfodera come per la sua vittoria nell’Open Championship nel 2019 in terra d’Irlanda. In grande spolvero anche Justin Rose, già numero uno al mondo, dall’anno scorso un gioco sempre più consistente, forse all’alba di un solido ritorno alla testa delle classifiche. Entrambi domenica hanno inparte deluso, sesto posto finale e meglio piazzati di loro il belga Thomas Detry e il norvegese Victor Hovland in gran recupero nella seconda metà del torneo ma comunque terzo a tre colpi dal vincitore.

 

Alla fine, con un Scottie Schaeffler confermato numero uno al mondo, un buon ottavo piazzamento, il vero duello è stato quello tra Xander Schauffele e Bryson DeChsmbeau. Quest’ultimo ha anche aizzato la folla dopo il chip imbucato alle sei e infine dopo un birdie alle 18 per issarsi in testa alla classifica, subito nel driving range a prepararsi per un eventuale play-off. Non è stato necessario, Schauffele è riuscito a liberarsi della consueta tremarella ai polsi, il terzo colpo al 18 lo ha messo in bandiera. Un putt nemmeno troppo difficile, sei piedi dalla buca, i polsi di Xander Schauffele non hanno tremato e la pallina è calata in buca. Prima vittoria in un golf sempre più liquido, in cui manca un grande dominatore ma ad ogni vittoria si affaccia un campione che potenzialmente, come in questi casi, potrebbe dominare nei prossimi anni. Il largo sorriso di Xander Schauffele durante la premiazione ci fa pensare a un futuro radioso. Per saperlo basta aspettare i prossimi tornei, in Gran Bretagna e in America, altri due major e non solo, per un golf che negli ultimi anni non è ancora riuscito a trovare il suo vero grande dominatore.

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