Crocicchi #37
Il Cagliari non poteva retrocedere nell'anno della morte di Gigi Riva
Claudio Ranieri ha portato alla salvezza i rossoblù grazie soprattutto ai risultati negli scontri diretti contro le altre candidate alla retrocessione
Non poteva succedere che il Cagliari retrocedesse l’anno in cui ha perso per sempre Gigi Riva. Non poteva ripetersi quanto accaduto alla Sampdoria e alla Cremonese dodici mesi prima, vedove prima di Gianluca Vialli e poi della Serie A: se lo saranno detti, dalle parti dell’ex stadio Sant’Elia, quella fine di gennaio quando tutta l’isola e buona parte d’Italia si fermarono a rendere omaggio al silenzioso numero undici.
Eppure la ripartenza dopo lo choc non fu agevole: sconfitte interne contro Torino e Lazio, vendemmiata romanista all’Olimpico, prima del prezioso pareggio di Udine. L’arrivo con gol di Gianluca Gaetano rinfrancò la truppa di Claudio Ranieri, che strappò pareggi ai campioni d’Italia uscenti, a quelli entranti e alla pur solida Juventus (sempre Allegri bisogna stare): col senno di poi, anche espugnare Empoli grazie alla rete di Jakub Jankto divenne fondamentale se oggi, allo stadio di Reggio Emilia, i rossoblu hanno la certezza di rimanere nel massimo torneo anche la prossima stagione.
Il tecnico romano, capace di conquistare la promozione all’ultimo tuffo lo scorso anno (il gol di Leonardo Pavoletti a Bari al 94°, visto il successivo tracollo dei pugliesi, rappresenta un plot twist di un certo livello), ha capito con quale materiale aveva a che fare, e nella sua seconda fortunata esperienza sarda non ha preteso dalla rosa più di quanto potesse dare. E, incredibile a dirsi, nella povera Serie A 2023-2024, è stato sufficiente: scelte empiriche tra i due portieri, l’asso Nahitán Nandez indifferentemente terzino, mediano, interno, trequartista o ala, la freccia Zito Luvumbo, i fantasisti a fasi alterne, lampi di Gaetano Oristanio, il coraggio di lanciare Matteo Prati in regia all’esordio assoluto.
Fin qui la mano dell’allenatore, in un contesto dove tutto poteva andare male e invece non ci è andato. Del loro, i calciatori ci hanno messo la compattezza che li ha portati a prevalere nei decisivi scontri diretti: quattro vittorie, sei pareggi e sole due sconfitte nei match che valevano doppio, più il passaggio del turno di Coppa Italia avendo espugnato il Friuli. È qui che il Cagliari ha costruito la sua salvezza, e a conti fatti decisivo fu quel 4-3 al Frosinone che le genti sarde ricorderanno a lungo come un Italia-Germania: correva il 20 ottobre, seconda estate, quando all’ora di pranzo il bel gioco che Eusebio di Francesco non seppe sciorinare sotto i Quattro Mori si sviluppò in un raggelante ma parziale 0-3. In venti minuti, più il provvido extrarecupero “mundial”, il raro takeover dei padroni di casa spense la luce ciociara: era ancora presto, ma senza quella sana follia coadiuvata dagli ospiti oggi il Casteddu sarebbe ancora nelle ambasce di giocarsi tutto all’ultima mano, mentre i gialloblu potrebbero tirare i remi in barca nella giornata conclusiva. Che non sarà certo una gara indifferente, dal momento che nel basso Lazio scenderà l’affamata Udinese, alla quale - a differenza di Matías Soulé e compagni - il pareggio potrebbe non bastare.
Crudeltà di un calendario che già al termine della regular season di Serie B ha mostrato quanto conta la differenza tra chi ha ancora qualcosa da giocarsi (magari proprio la sopravvivenza) e chi invece, pur non lasciando fare, è già con la testa agli Europei, alle vacanze esotiche, alla prossima destinazione.
Il Foglio sportivo