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Nba

La straordinaria normalità degli Indiana Pacers è arrivata alle finali di Conference

Francesco Gottardi

Il 67,1 per cento al tiro con cui i ragazzi di Rick Carlisle hanno eliminato New York segna un nuovo record ai playoff Nba: è lo specchio di una squadra giovane, low-cost, eppure capace di giocare a memoria. E rendere protagonisti tutti e nessuno

La portata della vittoria si misura in decibel. Dalla bolgia al silenzio, profanando il Madison Square Garden: gli Indiana Pacers si presentavano a gara-7 con poca esperienza nei playoff, senza stelle conclamate e tanti giovani. Ebbene. Hanno rifilato 21 punti di scarto a New York, al termine di una serie degna erede dei precedenti al cardiopalma fra le due franchigie negli anni Novanta. L’hanno fatto con il ghiaccio nelle vene: il 67,1 per cento al tiro (era perfino l’82 a metà secondo quarto) è la performance più precisa di sempre nei playoff Nba. “L’ho detto ai miei ragazzi”, racconta Rick Carlisle. “Se vinci un match del genere in un palazzetto del genere, significa che hai fatto la storia”. E ora i suoi ragazzi sono in finale di Eastern Conference.

Qualcuno potrebbe obiettare che Indiana ha semplicemente cavalcato la fortuna (o la sfiga altrui). Nel primo turno ha eliminato Milwaukee sfruttando i ko di Antetokounmpo e Lillard, i due uomini-franchigia dei Bucks. Ora in semifinale si è ripetuta coi Knicks, che arrivavano all’evento senza un big come Randle per poi perdere un pezzo alla volta. E se alcuni infortuni arancioblù sono da imputare alle ridottissime rotazioni di coach Thibodeau – Robinson, Anunoby, Hart, tutti spremuti fino all’osso – altri sono solo figli della malasorte. La fotografia della contesa: New York che rimonta fino al -5, poi l’Mvp Jalen Brunson si frattura la mano sul parquet. Ai Pacers non è parso vero. Ma bisogna sapersela creare, la fortuna.

Perché a contendere le Nba Finals a una corazzata come Boston ci sarà la più squadra fra tutte le squadre rimanenti. 25esima per budget nella lega, settima per età media (24,8 anni). È vero, Indiana sfoggia il promettente playmaking di Tyrese Haliburton, la grinta di T.J. McConnell (recordman Nba per palle rubate in un tempo: 9) e la mentalità di Pascal Siakam (che un anello l’ha già vinto, a Toronto). Nessuno di loro però è un fenomeno. Gli altri, figuriamoci. Eppure i Pacers muovono la palla come un fluido, si procurano tiri puliti, corrono in contropiede e difendono a memoria (9 stoppate anche in gara-7). Soprattutto, non danno punti di riferimento: il buzzer-beater che ha girato la serie contro i Knicks, in gara-3, è piovuto dall’improbabile Andrew Nembhard, 31esima scelta al Draft 2022 (pure Haliburton a bocca aperta).

Va dato atto a Carlisle, l’allenatore che in tre anni ha portato i Pacers dal 20 al 42 al 57 per cento di vittorie in regular season. E ora all’ultimo atto di Conference come vent’anni fa. All’epoca, la prima esperienza di Carlisle sulla panchina gialloblù andò a sbattere sui Detroit Pistons (fino alla rissa più famosa del basket). Intanto Indiana ha giocato e perso l’accesso alle Finals altre due volte, sulle ali di Paul George, mentre Carlisle conquistava l’Nba alla guida di Dallas. Oggi coach e franchigia si sono ritrovati per stupire. “Nessuno credeva di vederci fin qua. Eppure è successo”, sorride Haliburton. E potrebbe succedere ancora.

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