Tonici e cordiali: un altro Giro di storie
Il Giro d'Italia tra ratti in aula, whisky e Zirmol
A Glorenza, nel Cinquecento, si istruì un processo pro e contro i topi. Oggi è conosciuta per la presenza dell’unica distilleria di whisky. Lì la corsa tornerà in Italia dopo l'escursione in Svizzera
Quando i corridori, nella sedicesima tappa del Giro, si lasceranno alle spalle la giornata di riposo, qualche corroborante bicchierino di Braulio e poi scenderanno dall’Umbrailpass per la svizzera Val Mustair, rientreranno nei confini italiani a Glorenza (Glurns in tedesco, Gluorn in romancio), piccola città murata in Alta Val Venosta. Il borgo, censito dall’Anci, l’Associazione nazionale comuni d’Italia, tra i più belli della penisola, è noto per un curioso processo ai ratti, a inizio Cinquecento, infestavano i coltivi dei dintorni. L’esposto di Simon Fliess, un contadino di Stelvio, venne accolto e si istruì un processo pro e contro i topi: all’accusa si contrappose un difensore d’ufficio dei roditori che vennero sì condannati all’esilio, ma grazie ai buoni uffici dell’avvocato-pifferaio ottennero che fosse loro costruito una passerella sul fiume per condurli sull’altra sponda e che, durante l’esodo, cani e gatti dei glorenzesi venissero chiusi in casa.
Oggi però Glorenza, più che per il processo dei ratti, è nota per la presenza dell’unica distilleria di whisky in territorio. Si chiama Puni e dal 2010 è stata impiantata dalla famiglia Ebensperger, poco fuori la cinta muraria cittadina, all’interno di una moderna architettura a cubo, che richiama la struttura dei fienili venostani. L’ispirazione nasce dalle identità microclimatiche di questo angolo di Sud Tirol con le Highlands scozzesi, estati calde e secche e inverni freddi e umidi, e dalla presenza delle acque dolci del Parco nazionale dello Stelvio. Il resto, oltre al malto prodotto da soli cereali della Val Venosta, lo fanno due tradizionali alambicchi in rame, prodotti dalla scozzese Forsyths, riscaldati però non a vapore, ma ad acqua calda; e tre tipi diverse di botti riutilizzate: una americana per invecchiamento del bourbon, un’altra siciliana in cui per anni è invecchiato il marsala, e una terza botte da cantine altoatesine. Le bottiglie destinate a una più lunga maturazione vengono messe in vecchi bunker della Seconda guerra mondiale appositamente riadattati. Il primo Italian Single Malt è stato prodotto, dopo un invecchiamento di tre anni, nel 2015.
Non ci sono scozzesi nel gruppo, quest’anno, ma i cinque americani in gara Larry Warbasse, Will Barta – non so se nessuno gli ha mai detto che il suo nome e cognome fanno l’anagramma di “W ’l Bartali” -, Luke Lamperti, Kevin Vermaerke e Magnus Sheffield potrebbero fermarsi per un goccetto di quello stagionato nella botte di bourbon; Matteo Fiorelli, palermitano, potrebbe provare a ricercare il sentore del marsala in quello invecchiato nella botte siciliana. I valtellinesi Bagioli e Piganzoli, invece, resteranno fedeli al Braulio.
Al traguardo di Santa Cristina in Val Gardena vedremo chi potrà alzare un brindisi con un bicchierino di Zirmol, il liquore, aromatico e balsamico nello stesso tempo, che viene prodotto dall’infusione di germogli e pigne di cirmolo, il pino cembro, delle Dolomiti, macerati a freddo per un mese nella grappa.