Tonici e cordiali: un altro Giro di storie
Bombe e bombardini al Giro d'Italia
Dalle uova di Alfredo Binda allo zabaione di Hermann van Springel, passando per il Vov inventato a Padova
Uova e ciclismo è un solido e felice connubio fin dai tempi in cui Alfredo Binda – era il 1926 ed era, a dire il vero non un Giro d’Italia ma un Giro di Lombardia piovosissimo come questo Giro 2024 – tagliò traguardo da solo lasciando gli avversari a distanze da sveglia: il secondo e il terzo, per la precisione, Antonio Negrini ed Ermanno Vallazza, giunsero a 29 minuti. Un minuto in più del numero di uova fresche che il Trombettiere di Cittiglio si era bevuto durante il percorso. "Un colpetto al guscio sul manubrio e giù, a succhiare tutto insieme tuorlo e albume. Quando ero in fuga non avevo mica tempo di addentare panini…", spiegava anni dopo uno che i Giri li vinceva a mani basse, proprio come il Tadej. E chissà se, di questo passo, non arriverà pure il giorno che gli organizzatori della Corsa rosa pagheranno l’implacabile ciuffettino sloveno pur che non prenda parte alla gara… (non credo: lo pagheranno ancora di più e faranno dire ai venditori di pentole del carrozzone che il Giro è la più bella corsa del mondo).
In quegli stessi anni, il ciclista romagnolo Michele Gordini, detto Bucàza, alle uova preferiva lo zabaione. I risultati erano infinitamente più modesti di quelli dell’Alfredo Pigliatutto, ma sbattere sedici uova in un litro di sangiovese lo rendeva un ciclista se non più forte sicuramente più felice. Altra prova dell’energetica felicità del Gordini da Cotignola il fatto che mise al mondo 17 figli, sei dal primo matrimonio, undici dal secondo. All’epoca il regime fascista, come a tutti i seminatori di italiani, gli fu riconoscente e gli assegnò in premio mille lire, che non venne però mai riscosse dal prolifico ciclista, dicono le fonti, "per orgoglio politico". Mica tutti i romagnoli son nati a Predappio.
Pare che per lo zabaione avesse un debole Hermann van Springel, gran bel corridore fiammingo dalla lunga e vincente carriera: tra il 1965 e il 1981 cinque tappe (e una maglia verde) al Tour, un Giro di Lombardia - 42 anni dopo quello vinto da Binda -, ma anche una Gand-Wevelgem, un’Omloop Het Volk e una Parigi-Tours. E, per restare nel campo moderatamente alcolico, vincitore nel 1968 del Super Prestige Pernod, una speciale classifica a punti che premiava il corridore più regolare della stagione internazionale.
Gordini e Van Springel sarebbero stati per sempre grati a Gian Battista Pezziol, pasticcere padovano di metà Ottocento. Nel suo laboratorio si produceva torrone, per il quale servono solamente gli albumi delle uova. Con tutti quei tuorli che gli avanzavano decise di inventarsi un liquore mischiando marsala, alcol e zucchero. Nacque così nel 1845 il Vov, anzi il Vovi, primo nome commerciale del prodotto. Non che fosse originalissimo: vovi in Veneto sono le uova. Ma il rapido successo del liquore – lodato dalla corte di Vienna come testimonia un brevetto rilasciato con tanto di aquila bicefala e premiato a fiere ed esposizioni del tempo – lo condusse fuori dai confini regionali e con più spiccia incisività nominale perse la sillaba finale. Le sue virtù energizzanti e ricostituenti nel secolo seguente gli valsero l’adozione da parte degli eserciti al fronte, con il nuovo acronimo di VAV, Vino Alimento Vigoroso, ma anche infinite imitazioni. Prima fra tutte, a partire dal 1946, lo Zabov prodotto dalla distilleria Moccia di Ferrara che ne modificò la ricetta ricorrendo al brandy al posto del marsale e che, negli anni Sessanta, comparve per alcuni anni tra gli sponsor del Giro d’Italia.
Una particolare declinazione di bevande energetiche a base di uova, o zabaione, è il bombardino, una sorta di cocktail energetico nato sulle piste da sci in cui sono presenti, a seconda delle zone di cui viene servito, caffè, brandy o whisky e decorato con panna. Pare che i primi a servirlo per rigenerare gli sciatori infreddoliti e spossati siano stati quelli della baita del Mottolino, sopra Livigno, che proprio quest’anno ha visto arrivare sulle sue ripide rampe i girini arrancanti. Tutti, tranne Tadej, ovviamente. Anzi: vovviamente.