Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA
Gian Piero Gasperini come Bob Dylan
Il tecnico nerazzurro ha camviato il calcio in Italia, e oggi la sua musica risuona un po' ovunque. Ricorda per certe versi l'approdo di Sacchi al Milan, ma con le dovute differenze. A Dublino ha vinto sopratutto la forza delle idee
Parlando di calcio penso alla musica, è più forte di me. Vedo una squadra muoversi dentro spartiti immaginari, con pause e ripartenze cadenzate oppure sincopate, lente o velocissime. Vedo un’orchestra sinfonica, con gli archi, i legni (volgarmente i fiati), le percussioni. Guardando l’Atalanta annichilire il Bayer Leverkusen, ho visto un uomo in panchina agitarsi come un direttore d’orchestra con la bacchetta in mano. La sua canizie rubava la mia fantasia, trascinando il pensiero verso il famosissimo von Karajan (bianco in testa come lui, perfino somigliante), da sempre raccontato come il più grande di tutti i tempi.
Attaccava, l’Atalanta, seguendo le braccia del proprio allenatore che invitava la squadra a spingere, in un crescendo wagneriano (*). Gasperini ha cambiato il calcio in Italia, e oggi la sua musica risuona un po’ ovunque. Tutti si ispirano a lui, lo hanno preso a modello. Sembra di essere tornati indietro di trent’anni quando comparve sulla scena Arrigo Sacchi, mister “intensità”. Anche se le differenze sono parecchie.
La prima è che Sacchi aveva Berlusconi che gli comprava il meglio senza badare a spese, mentre all’Atalanta si spende solo se necessario. La seconda è che il modello di Sacchi si sarebbe usurato in fretta a causa di un difetto di fabbricazione: la fissità dei principi. Sistema di gioco e applicazione sempre uguali, 4-4-2, pressing alto su tre linee, ricerca ossessionante della tattica del fuorigioco. Il tutto ben presto aggirato da illuminate contromisure. Gasperini gioca un calcio molto meno intelligibile, basato su ricerca del corpo a corpo, pressing e diagonali veloci, recupero palla sistematico, posizionamento sulle linee di passaggio avversarie, ruoli e moduli interscambiabili (ora esco da Coverciano, promesso).
Con Gasperini (come con Sacchi ai tempi, eccome se va detto!), l’Italia ha cominciato a uscire dal guscio in cui si trovava, soprattutto a causa di una certa penuria finanziaria, e con la forza delle idee ha verificato che il mondo circostante non è tanto più bello del nostro. Confrontandosi con le più grandi, l’Atalanta ha fatto soffrire il City di Guardiola, il Real di Ancelotti, il Liverpool di Klopp e il Leverkusen campione di Germania con il novello Xabi Alonso, incoraggiandoci, facendoci credere di essere migliori di come ci eravamo sentiti da un po’ di tempo a questa parte, alzando l’asticella (brutta questa espressione, ma ormai mi è scappata) della nostra autostima.
Gasperini non ha scoperto nulla, solo riproposto il buono che c’è sempre stato in forma diversa. Perché nel calcio, come nella vita, “si può sempre tornare sui propri passi, ma non si può mai farlo fino in fondo”. Parole di un altro musicista piuttosto famoso ma decisamente diverso da von Karajan: Robert Allen Zimmerman, in arte Bob Dylan.
*In realtà sarebbe rossiniano ma vabbè.