Olive #38
Nicolò Fagioli è una speranza
Lo è per la Juventus, che vorrebbe far di lui il prossimo regista. Ma lo è anche per un paese che fa sempre un po' troppa fatica a concepire la "giustizia" oltre il concetto di punizione. La piccola parabola del centrocampista piacentino non è solo una storia di calcio
C'è, nella piccola e ancora giovane parabola di Nicolò Fagioli, molto più che una (brutta) storia di calcio. C'è, insieme, anche un po' di speranza. Quella della Juventus di aver ritrovato un giovane di sicuro talento ma anche quella di un paese che fa sempre un po' fatica a perdonare chi sbaglia, a concepire la "giustizia" oltre il concetto di punizione.
Dopo una breve comparsa a Bologna, sabato pomeriggio Fagioli è tornato in campo da titolare contro il Monza. “Sono felicissimo ed emozionato, mi siete mancati!”, ha detto alla fine il centrocampista. Quasi 80 minuti allo Stadium, è stato fermato da una traversa ma in compenso ha trovato un assist, buono a regalare ad Alex Sandro l'ultimo guizzo torinese. Non c'era molto in palio, praticamente nulla, ma per Fagioli è stata l'occasione dopo mesi per (ri)mettere in mostra un po' dei suoi numeri, una discreta forma. Ha lasciato intravedere che il regista della prossima Juventus potrebbe essere lui. Chissà.
“Vederlo giocare a calcio è un piacere. E' un piacere perché conosce il gioco. Ha i tempi giusti, sa come smarcarsi, quando e come passare la palla”, diceva di lui Massimiliano Allegri. Non proprio doti comuni nel mondo del pallone. Era il 2018 e Nicolò Fagioli, che è classe 2001, non aveva ancora 18 anni. Giocava allora nelle giovanili ma era, tra gli aspiranti calciatori bianconeri, uno dei più promettenti.
Sono parole che di solito si dicono a un predestinato e se Fagioli lo sia, lo sarà, è ancora troppo presto per dirlo. Probabilmente il centrocampista piacentino quelle dichiarazioni di stima così assolute non se le aspettava e non si aspettava nemmeno che a un certo punto la sua carriera dovesse prendere una botta così forte: la vicenda del calcio scommesse e una squalifica di sette mesi che ha scontato tra terapia, campi d'allenamento e scuole, dove è andato a raccontare, e a ricordare, cos'è il vizio e che pure i calciatori sono umani. L'importante è saperne fare i conti, sapersi fare aiutare.
E infatti questo weekend Fagioli è tornato in campo col piglio di chi quel campo non l'aveva mai lasciato, e anche perché “ha avuto la possibilità di esercitarsi in un aspetto fondamentale per i ragazzi della sua età, cioè differire la gratificazione, saper aspettare", come ha detto al Corriere della sera Paolo Jarre, il suo terapeuta. Ha anche aggiunto che la cura non è finita, certe questioni non hanno il cronometro della squalifica.
Ma la determinazione a Fagioli non sembra fare difetto. "L'Europeo è un sogno", diceva lo scorso febbraio febbraio. Spiegava durante uno degli incontri pubblici legati alla ludopatia: "Ho provato rabbia e vergogna quando sono uscite tutte le cose sui giornali". E ancora: "Ci ho messo troppo tempo a chiedere aiuto. Meno male che a maggio ho avuto l’idea di farlo". Ha continuato ad allenarsi e lavorare Fagioli, sul fisico ma ancor di più sulla testa.
E allora forse non è così sorprendente che Luciano Spalletti - un uomo di campo e non solo di campo - abbia voluto premiarlo, inserendolo nella lista dei pre-convocati per l'Europeo che comincerà tra meno di un mese. Il ct della nazionale si è preso un bel rischio e tante critiche, pure qualche insulto. Sarebbe stato sicuramente più facile chiamare un calciatore senza ombre. Ma ha preferito forse sollevare una questione, che è una questione di calcio certamente, ma che va anche molto oltre. Se la giustizia serve a qualcosa, serve a riabilitare, altrimenti è solo punizione, vendetta.
Non è detto che Fagioli alla fine in Germania ci vada per davvero, non è detto che ci sarà un altro Paolo Rossi, sebbene le doti tecniche in mezzo al campo, il suo saper giocare da play e da mezzala, la capacità di puntare la porta quando serve, potrebbero anche tornare utili a questa nazionale. Tutto questo in fondo almeno oggi è secondario.
Certe volte non ci sono solo i meriti del campo. Meglio di un atleta che non sbaglia mai, ci sono i limiti di un ragazzo come tanti, che commette errori, sconta il suo debito e riparte. Troppo spesso ce lo si dimentica. Nicolò Fagioli, nonostante tutto, lo ha ricordato. Una speranza.
Anche quest'anno c'è Olive, la rubrica di Giovanni Battistuzzi sui (non per forza) protagonisti della Serie A. Piccoli ritratti, non denocciolati, da leggere all'aperitivo. Ecco i (non per forza) protagonisti di questa stagione: Jens Cajuste (Napoli); Luis Alberto (Lazio); Federico Chiesa (Juventus, raccontato da Ruggiero Montenegro); Andrea Colpani (Monza); Romelu Lukaku (Roma); Yacine Adli (Milan); Albert Gudmundsson (Genoa); Giacomo Bonaventura (Fiorentina); Zito Luvumbu (Cagliari); Matias Soulé (Frosinone); Riccardo Calafiori (Bologna); Etrit Berisha (Empoli); Jeremy Toljan (Sassuolo); Lorenzo Lucca (Udinese); Joshua Zirkzee (Bologna); Lautaro Martinez (Inter); Pasquale Mazzocchi (Salernitana); Matteo Ruggeri (Atalanta); Ivan Ilic (Torino); Sandi Lovric (Udinese); Mike Maignan (Milan); Tijjani Noslin (Hellas Verona); Mario Pasalic (Atalanta); Jonathan Ikoné (Fiorentina); Matteo Pessina (Monza); Hamza Rafia (Lecce); Loum Tchaouna (Salernitana); Michael Folorunsho (Hellas Verona); Matteo Darmian (Inter); Roberto Piccoli (Lecce); Caleb Ekuban (Genoa); Andrea Consigli (Sassuolo); Nadir Zortea (Frosinone); Mile Svilar (Roma); Matias Vecino (Lazio); Samuele Ricci (Torino), Amir Rrahmani (Napoli). Trovate tutti gli articoli qui.
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