L'addio al calcio di Leonardo Bonucci
Il difensore ha annunciato il ritiro. È stato adorato dai tifosi dei suoi club (milanisti a parte), detestato da tutti gli altri
C’è solo un momento in cui i campioni dello sport smettono di essere polarizzanti. Ed è quando si ritirano. Una legge ferrea che trova un’applicazione pressoché universale nel calcio. Ma che vale soprattutto per Leonardo Bonucci, il centrale partito da Viterbo che nel corso della sua carriera si è divertito a vestire quasi sempre i panni dell’antipatico. Personaggio enorme ed enormemente complesso, il difensore ha attraversato l'Italia dividendola in due parti non sempre uguali. Adorato dai tifosi dei suoi club (milanisti a parte), detestato da tutti gli altri. Con un’intensità che nel corso degli anni è cresciuta partita dopo partita per attenuarsi, almeno in parte, soltanto oggi, quando l’ex numero 19 bianconero si è accomiatato dal calcio.
Anche per questo raccontare Bonucci è un esercizio oltremodo complesso. Perché è stato tante cose e tutte insieme. A volte anche in maniera contraddittoria. Tanto uno dei giocatori simbolo della vittoria italiana a Wembley può essere considerato per qualche verso un "antitaliano". Tecnico, capace di giocare a testa alta, di lanciare lungo sui piedi dell’attaccante, di aprire corridoi come un centrocampista ma allo stesso tempo di sradicare il pallone dai piedi degli avversari, Bonucci è stato uno dei difensori più completi e riconoscibili degli ultimi due decenni. Ma lo è diventato derogando dallo stereotipo del marcatore italiano ruvido, randellatore, devoto al Santo Catenaccio. Un giocatore proiettato nel futuro che si completava a meraviglia con Giorgio Chiellini, il suo compagno ideale perché espressione proprio di un cortocircuito temporale, di una generazione di calciatori arcaica ed estinta dal passare degli anni. Con il passare del tempo, però, Bonucci ha finito per incarnare anche lo stereotipo dell’astuzia e della furbizia tipicamente italiana, del difensore capace di trovare un modo legale ma non sempre leale per sabotare gli avversari.
Nel 2010, dopo un’ottima stagione al Bari, il centrale approda nella Juventus di Delneri. Gli inizi non sono buoni. Qualcuno inizia a pensare che sia stato sopravvalutato. Tanto che si dice che il colpo migliore alla fine lo abbia fatto l’Inter, che dai pugliesi ha pescato Andrea Ranocchia. Il momento difficile di Bonucci viene cancellato dal lavoro con un mental coach, Alberto Ferrarini. Il difensore si trasforma, diventa un vero e proprio soldato. "Voglio che la maglia di Leo a fine partita sia sporca di sudore, fango, erba. E sangue, se serve", dice il suo preparatore.
Alla tecnica Leonardo aggiunge la malizia. Mangia caramelle all’aglio e poi alita in faccia a Gervinho e Totti. Pesta i piedi degli attaccanti avversari per non farli saltare sui calci d’angolo. E poi provoca, innervosisce, strazia. Ogni suo gesto è polemico. Dalle proteste fino alle esultanze con il classico gesto di sciacquarsi la bocca. Bonucci diventa divisivo. O idolo o nemico. O santo o eretico. A seconda del tifo di chi lo osserva. Il difensore sembra un tipo in grado di litigare con tutti. Anche con se stesso.
Nel 2017 lascia la Juve e si accasa al Milan. "Voglio spostare gli equilibri", dice mentre si infila la fascia da capitano del Diavolo. Il sogno si trasforma subito in incubo. La stagione del difensore è negativa. Molto. Così a fine anno torna alla Juventus per ritrovare lo smalto perso fra le nebbie milanesi. Il difensore più avversato d’Italia si riconcilia con la Nazione l’11 luglio 2021. Gli azzurri battono ai rigori l’Inghilterra e salgono sul tetto d’Europa. Bonucci guarda i tifosi avversari e urla: "Ne dovete mangiare ancora di pastasciutta". È una frase che lo stacca dal piano della cronaca e lo consegna al mito. Ma è anche una serata che smentisce la frase di Simenon che recita: "Ci si abitua talmente alle persone che continuiamo a vederle come le abbiamo viste la prima volta". Da quel momento Bonucci non è stato più l’insopportabile difensore della Juventus. Ed è proprio per questo che da oggi mancherà a tanti. Soprattutto ai suoi vecchi rivali.