in Turchia
Mourinho è uscito del cerchio del calcio europeo che conta
Nella prossima stagione l'allenatore portoghese allenerà il Fenerbahçe reduce da una stagione più che beffarda
José Mourinho ha deciso. Ha deciso di non fermarsi, di non saltare un giro di giostra, di risalire immediatamente sul carrozzone. Sembra essere impossibile, per alcuni allenatori, rimanere a guardare: in alcuni casi, c’è chi lo fa solamente per continuare a garantirsi un lauto stipendio pur rimanendo seduti sul divano di casa. Ma il concetto di prendersi del tempo appare quasi inaffrontabile. Il problema, in questo caso, è che Mourinho sceglie di ripartire subito anche a costo di sacrificare parte della sua grandezza. A meno di ribaltoni dell’ultimo istante, il nuovo palcoscenico del portoghese sarà il Fenerbahçe, reduce da una stagione che definire beffarda è persino riduttivo: un campionato perso pur mettendo insieme 99 punti contro i rivali cittadini del Galatasaray, una sanguinosa eliminazione ai quarti di finale di Conference League per mano dell’Olympiacos futuro vincitore del trofeo.
Mourinho arriva in un contesto incendiario e incendiato, che ha toccato picchi di tensione allucinanti nel corso dell’ultimo anno calcistico: l’aggressione a calci e pugni all’arbitro Meler al termine di Ankaragücü-Rizespor da parte del presidente dei padroni di casa e di alcuni dirigenti del club, culminato con lo sciopero dei fischietti e l’inevitabile stop del campionato, quindi la Supercoppa di Turchia durata solamente 49 secondi, dopo la rinuncia alla disputa del match in Arabia Saudita per motivi politici. In mezzo, la rissa da bar che ha visto come protagonisti i tifosi del Trabzonspor al termine di un match proprio contro il Fener, con i giocatori costretti a rispondere attivamente all’aggressione per portare a casa la pelle: anche a causa di questa violenza subita a Trebisonda, il club aveva chiesto un arbitro straniero per la Supercoppa. Davanti alla rinuncia della federazione, il patron Ali Koç aveva deciso di spedire in campo l’Under 19, nonostante i tentativi di mediazione di due delle stelle del Fener, Dusan Tadic ed Edin Dzeko, ritirandosi dal match immediatamente dopo la rete di Mauro Icardi, bomber del Galatasaray.
Se pensiamo all’uomo giusto per riportare il sereno in uno scenario del genere, si fa fatica a immaginare il nome di Mourinho, che nella sua ultima incarnazione romanista è stato capace di innescare polemiche non solo alla vigilia dei big match, ma anche prima e dopo partite teoricamente tranquillissime come quelle contro il Sassuolo, attaccando in maniera preventiva l’arbitro Marcenaro che non aveva “la stabilità emozionale adatta per questa gara” e Domenico Berardi “che prende falli, gialli e rigori inesistenti: se fosse un mio giocatore, avrebbe un problema con me”, oppure contro il Monza, provocato dopo il gol-partita di El Shaarawy con il gesto delle lacrime e in sala stampa, definendo Palladino e la sua panchina “gente senza esperienza che lo scorso anno ci aveva detto brutte parole”.
È una scelta che pone inevitabilmente Mourinho al di fuori del cerchio del calcio europeo che conta: proverà a riconquistarsi un posto al sole con una scalata dal secondo turno preliminare della nuova Super Champions League, teatro che non lo vede protagonista da quando era subentrato sulla panchina del Tottenham nella stagione 2019/20. Tanto per capirci, il 3-0 subito dal Lipsia negli ottavi di ritorno era arrivato mentre iniziava a infuriare la tempesta del Covid sull’Europa, il 10 marzo 2020. Se a un primo impatto può risultare un passo indietro, bisogna però riconoscere che Mourinho ha rinunciato a quello che sarebbe stato il facile (almeno economicamente parlando) paracadute arabo: è un Mou che vuole ancora combattere. Gli esiti di questa lotta, però, sono tutti da scoprire.