Chapeau
La mentalità vincente nella testa di Jannik Sinner
Sinner dà una lezione di bon ton al non sportivissimo pubblico francese del Roland Garros che lo ha disturbato durante un servizio. Ma prima di lasciare il campo ringrazia tutti
Ci sono poche sensazioni più sgradevoli che giocare sul Philippe Chatrier contro un giocatore francese. Forse soltanto Rafa Nadal e Roger Federer si sono guadagnati, negli anni, l’esenzione dal tifo contro. Tutti gli altri farebbero meglio a non fare troppo caso allo scarso bon ton dei parigini che assistono a un match dei loro connazionali. Jannik Sinner è esemplare anche in questo.
Domenica sera l’azzurro, testa di serie numero due del torneo e in odore di primo posto del ranking, ha giocato il terzo turno del Roland Garros contro Corentin Moutet, numero 79 al mondo, genio e sregolatezza, dal tennis indecifrabile e scostante. Prima del match, Petar Popovic, il coach del francese, très sportivement, dice: “Cercheremo di fargli venire i crampi”.
Mais oui, sono cose che si dicono, una boutade. Alle 20.15, l’orario in cui i due giocatori scendono sul Centrale, l’atmosfera è calda, il sold out si sente tutto. Il pubblico vuole l’impresa dal suo “Co”, o forse vuole soltanto dare fastidio all’avversario. Niente di personale, naturalmente. Ma in Francia si fa così, da sempre. Poche sere prima, contro Richard Gasquet (anche lui francese) un dritto vincente di Sinner è stato giudicato out dal pubblico (non dai giudici di linea) che hanno cominciato a lamentarsi e urlare facendo credere al raccattapalle che il punto fosse finito e che potesse correre a recuperare la pallina. Scene di caos che hanno penalizzato l’italiano, che ha dovuto rigiocare un punto che aveva già vinto. Lo ha fatto a modo suo, senza fiatare. Anche contro Moutet, Jannik Sinner non ha fatto un plissé. Mai.
Certo, è facile non scomporsi quando stai vincendo o sai che vincerai, è facile rimanere concentrato quando il tuo livello ti offre la ragionevole certezza che il tuo avversario di giornata non sarà colui che ti butta fuori dal torneo. Ma domenica sera ci sono stati almeno quaranta minuti di panico e un’ora abbondante di tensione dentro la mente del numero due al mondo. Da una parte del campo un giocatore in trance agonistica, motivato dai continui allez, dall’altra un avversario disorientato, confuso, per di più costretto a sentire gli applausi anche a gioco in corso di quindicimila persone.
In situazioni del genere sarebbe umano aspettarsi un gesto di scompenso, un urlo di rabbia, un’espressione spazientita, qualche errore di frustrazione (il marchio di fabbrica dei giocatori sull’orlo di una crisi di nervi). Niente di tutto questo. Ciò che si è visto nella parte di campo di Sinner è stato un ragazzo impassibile, che con l’acqua alla gola si è messo in modalità di difesa, correndo a testa bassa ogni volta che il suo avversario, legittimamente, si è preso gioco di lui e che è rimasto in silenzio fin a quando il momento di infallibilità di Moutet non è terminato. Servizio dal basso? Nessuno scandalo e nessun problema. Jannik è corso anche su quella pallina senza smorfie e senza farne un dramma morale, certo è lecito pensare che piuttosto che perdere quel punto avrebbe preferito ingoiare un rospo.
Moutet ha giocato à la Moutet, con l’obiettivo di destabilizzare. Niente di sbagliato, nemmeno la battuta da sotto. Il problema, per lui e per tutti gli spettatori, è che Sinner ha giocato à la Sinner, prima ancora che con il tennis con la testa.
E la testa di questo ragazzo è quella di un ventiduenne che, mentre il suo avversario sta litigando con il giudice arbitro che nel frattempo sta litigando anche con il pubblico per essersi permesso di chiedere “Silence merci”, si toglie dall’inquadratura e si mette a fare i suoi esercizi, come se quella partita non lo riguardasse. È la testa di un ragazzo che, disturbato dal pubblico che ha deciso di far partire una ola proprio mentre lui sta lanciando la pallina per servire, si rivolge all’arbitro e gli fa capire che adesso basta. E infatti da quel momento in poi basta, nel senso che Sinner ci ha messo poco a sbrigare la pratica e a uscire dal campo. Non prima però di aver ringraziato tutti i presenti: “Sarebbe stato strano, se foste venuti qui per me. Siete stati fantastici, l’atmosfera è incredibile”, ha detto. I più maliziosi hanno pensato che in maniera très très chic, abbia voluto dargli una lezione di bon ton, oltre che di tennis. Chapeau.