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Il centro di gravità permanente della Virtus Bologna, Alessandro Pajola
Le Vu Nere si giocheranno ancora lo scudetto con l'Olimpia Milano. "Voglio stare qui a vita. Bandiera io? Me lo devo guadagnare", dice la guardia bolognese che insegue il suo secondo scudetto
In un mondo di banderuole, c’è ancora chi si lascia trasportare dallo stesso vento. Soffia ancora forte in casa Virtus Bologna quello di Alessandro Pajola, 24 anni, i capelli imbizzarriti, la faccia pulita, sempre lui uno dei veterani delle Vu Nere. Un punto fisso, un centro di gravità permanente. L’età non conta, Pajo ci ha messo il cuore e il posto fisso. "Voglio stare qui a vita. Bandiera io? Me lo devo guadagnare" ha sempre detto. Volere è potere, infatti arrivati alla sfida per lo scudetto c’è ancora lui a prendersi la scena. Il palcoscenico è ormai il consueto: Bologna-Milano, la Virtus contro l’Armani, le due corazzate di questo campionato. È la quarta volta di fila che succede, ma ogni volta è come l’armageddon: preparatevi dunque, tutto può accadere. In questo inferno sul parquet, Pajola rappresenta un nuovo modello di giocatore, di atleta: il giovane con i gradi di anzianità.
Non deve essere facile per uno della sua età essere così responsabile. Se nel calcio hai ancora il tempo di sbagliare, nel basket tutti si aspettano reattività. Ma il caso di Pajola è speciale, è un’accelerazione sportiva. Era un predestinato, ma precoce. Ne hanno tessuto elogi i grandi della palla a spacchi, quelli con cui Pajola ha performato: da dio Teodosic, che lo ha allevato con l’esempio, a sua maestà Djordjevic e pure Pozzecco, due che lo hanno allenato. "Ho vissuto il basso della Virtus che poi ha portato all’alto. Nel primo anno assaggiavo la prima squadra. Poi siamo scesi di categoria e ho avuto la fortuna di giocare di più. Se fossimo rimasti in Serie A magari sarei andato in prestito da qualche altra parte in A2. Mi sono trovato al posto giusto al momento giusto". Capirlo aiuta a vivere meglio. Ma è mantenere questa condizione che sta aiutando Pajola a essere uno dei più forti giocatori in Italia.
Quando è andato a sentire che effetto fa l’Nba alla Summer League con i Dallas Maverick, due anni fa, tutti si aspettavano l’addio. Invece no. Te la dà lui l’America. "Ero un po’ spaesato, ma ero con mio padre e mio fratello, abbiamo assaggiato il mondo oltre oceano e la passione che c’è là: i miei compagni avrebbero giocato a basket 24 ore su 24, mentre a me piace fare anche altre cose". È la Virtus il mondo di Pajola, la squadra con cui sta raggiungendo tutti gli obiettivi. Dal successo del campionato 20/21 alle Supercoppe, e poi l’Eurocup. È amato da tutti. Patron Zanetti, Mr. Segafredo, stravede per lui. Pajola ha raggiunto (e superato) i grandi nomi della Virtus: contro il Real Madrid, lo scorso marzo, ha toccato le 400 presenze in carriera in maglia Virtus entrando nella top ten di tutti i tempi. E, vista l’età, l’orizzonte Gus Binelli (845 presenze) si scorge.
A sedici anni arrivò tardi al primo allenamento. "Mia mamma mi aveva accompagnato in macchina ma sbagliammo uscita. Ci teleguidò un manager fino alla palestra. Fu meglio così: non ho avuto il tempo di pensare all’emozione. Mi misi i pantaloncini, mi allacciai le scarpe e così è iniziata la mia vita in Virtus". A certe cose, però, non ci si abitua e la sfida contro Milano è per Pajo un grande show. Scontato, per molti. Eppure senza un esito già scritto. Comunque sia Bologna e Milano si affrontano per la sesta volta in questa stagione. Cominciata proprio sotto il loro segno: la semifinale di Supercoppa italiana in cui Bologna si impose 78-73. Era settembre. "Abbiamo bisogno del nostro pubblico", ha detto Pajo. In ballo, del resto, c’è sempre la stessa cosa: la voglia di primeggiare. Pajola farà del suo meglio, come sempre.