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Il Foglio sportivo

Per Conte anche De Laurentiis si è fatto più in là

Marco Gaetani

Come nasce il nuovo Napoli senza coppe e con un mercato estivo abbastanza complicato. Ma il tecnico salentino e la società hanno entrambi caratteri simili: passionari, incendiari. Una combinazione esplosiva da maneggiare con cura 

Ha atteso paziente in riva al fiume, Antonio Conte, nel desiderio di vedere qualcosa che gli rubasse l’attenzione. Ha un approccio totalizzante al lavoro e per questo, quando arriva in una piazza nuova, prova un gusto sottile nell’avere la possibilità di ricominciare da capo. Non è uomo da piccoli ritocchi, un’imbiancata ai muri e via: ha invece bisogno di mettere fondamenta che siano il più salde possibile, si trova meglio se può operare sulle macerie. Del Napoli di Spalletti, al giorno d’oggi, non è rimasto quasi più nulla. Poteva arrivare a stagione in corso, ha scelto di aspettare, di vedere completarsi un processo autodistruttivo che ha divorato gli ormai ex campioni d’Italia da dentro, come se tutta quella bellezza dovesse avere, come contrappeso, una stagione da catastrofe, tre allenatori che si alternano senza trovare mezza soluzione. Potevano essere cento e forse non sarebbe cambiato nulla.

Uno dei tecnici più ambiziosi del nostro calcio prende le redini di una squadra che non avrà tra i piedi l’ingombro delle coppe: preparare una gara ogni sette giorni può essere l’arma in più del Napoli che verrà e Conte andrà certamente oltre la retorica allegriana, che ha cercato di convincere tutti del contrario, minimizzando quello che in realtà è un vantaggio evidente se sfruttato a modo. Immaginare il mercato che sarà è esercizio sterile, anche se a chiunque è passato per la mente l’arrivo di Lukaku per raccogliere l’eredità in assoluto più pesante, quella di Victor Osimhen: sarebbe bellissimo vederlo agli ordini di Conte, ma a meno di sorprese non avremo questa fortuna. Aspetteremo di capire quale organico avrà a disposizione, ben sapendo che sarà certamente funzionale alle sue volontà: malleabile, del resto, non lo è mai stato, neanche agli inizi di una carriera che lo vedeva in prima fila anche quando il contesto non era di altissimo livello.

L’arrivo del mister salentino ha una valenza che trascende gli aspetti tecnici: è la resa parziale di un imperatore, la fine di un certo modo di intendere la vita da parte di Aurelio De Laurentiis, che dopo un anno trascorso sotto ogni riflettore possibile e immaginabile, in cui ha dichiarato tutto e il suo contrario, scende a patti con un’esigenza che nel corso dell’ultima stagione è apparsa evidente ai limiti dell’urgenza. Serve una guida tecnica forte e questa, spesso, si accompagna anche a una presenza mediaticamente ingombrante. Il passo di lato di De Laurentiis, da uomo-ovunque a semplice patron, può soltanto far bene al Napoli, che riparte anche da un direttore sportivo giovane e ambizioso come Manna.

Ma non c’è dubbio che Conte sarà il volto del Napoli, non un semplice allenatore: la faccia da spendere negli eventuali momenti di gioia e di sofferenza, all’occorrenza persino un parafulmine. Conte è metodico ai limiti dell’ossessione, ha costruito ovunque sia andato: la vulgata sostiene che lasci macerie, la realtà dice ben altro, come testimoniano il primo ciclo bianconero di Allegri e quello interista di Inzaghi, sorti anche grazie al lavoro del predecessore pur con ampi ritocchi personali dei successori.  
E Conte sarà, realisticamente, anche la carta da spendere per un mercato che si preannuncia complicato più in entrata che in uscita: dovrà fare da testimonial, convincere i giocatori a una realtà che non avrà a disposizione il palcoscenico europeo (questo è il vero dazio da pagare per l’assenza delle coppe) e caricarli con l’obiettivo di riconquistarlo. È forse la sfida più affascinante della sua carriera, più di una Juventus in cui si sentiva a casa, più di quell’Italia rabberciata portata a un passo dalla semifinale europea, più dell’Inter in cui ha potuto lavorare in condizioni ideali. Avrà il compito di ricaricare e ricreare un gruppo che negli ultimi dodici mesi è parso svuotato, sgretolato, incapace di reagire a tutto quello che non ha funzionato. L’abbraccio con la piazza sarà potente, Napoli e Conte sembrano avere caratteri simili, passionali, incendiari. Una combinazione potenzialmente letale, da maneggiare con cura. Ma è un incontro che potrebbe rivelarsi perfetto: in quel caso, Conte saprà di guardare negli occhi un popolo che dentro di sé cova una fiamma eterna, come la sua. E capirà che l’attesa non è stata vana.