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il pastone tedesco

Finita la prima giornata dei gruppi, buone ragioni per non sottovalutare il Portogallo

Fulvio Paglialunga

Nonostante Pepe e Cristiano Ronaldo la Nazionale portoghese ha futuro, anche a questo Europeo. E Tonu Kross, che ha scelto di ritirarsi a 34 anni senza lasciarci a osservare il declino di una stella, è proprio sicuro di volerlo fare?

Il punto. Tutte hanno giocato una partita, adesso. Un bilancio? No, è troppo presto. Poche sorprese, quello sì. Ma può essere messa alla voce sorpresa anche la giornata di ieri: sembrava, in teoria, la giornata più fiacca, è stata piena di emozioni. Oggi si comincia da Croazia-Albania, poi ci sono Germania-Ungheria e Scozia-Svizzera. Tre partite che potrebbero dare una prima forma ai gironi.

 


Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.


 

Occhio, il Portogallo non è uno scherzo

Forse non dovremmo sottovalutare il Portogallo. Intanto perché ha una panchina più profonda di quanto si possa pensare. Infatti il gol decisivo contro la Repubblica Ceca lo ha segnato, proprio alzandosi dalla panchina qualche minuto prima, Francisco Conceicao, figlio di Sergio (ma per età poteva anche essere il figlio di Pepe, che ieri è sceso in campo a 41 anni diventando il più anziano che abbia mai giocato all’Europeo). Ma soprattutto perché Cristiano Ronaldo mi sembra parecchio centrato. Sappiamo che il Portogallo, finché CR7 decide di giocare non potrà farne a meno (anche ieri tutti allo stadio aspettavano lui) e rimane sempre quello che vuole battere tutte le punizioni, essere in tutte le azioni. Per dirla come Montanelli su Berlusconi vorrebbe essere la sposa al matrimonio e il morto al funerale. Però in diversi momenti mi è sembrato consapevole di aver passato un anno ad allenarsi e di essere in fase di ambientamento con l’agonismo vero. Più il Portogallo va avanti, più può diventare decisivo. In Arabia Saudita, in fondo, si è riposato.

 

Arda Guler, una nuova stella

Voi cosa facevate a 19 anni e 114 giorni? Arda Guler risolve partite, segna gol straordinari in partite molto belle. Se la Turchia vince con la Georgia (3-1) è perché quasi al culmine della partita arriva lui a rompere gli equilibri. Un gioiello di proprietà (ma guarda un po’?) del Real Madrid, ancora non brillante per qualità fisiche, ma con così tanto talento da poterlo tirare fuori nei momenti meno pensabili. Tipo nella partita di ieri, quando il “Turkish Messi” ha preso un pallone quasi vagante, si è girato verso la porta accentrandosi da sinistra, ha fatto giusto i passi che servivano perché nessuno potesse avvicinarsi e poi ha tirato di sinistro da lontanissimo all’incrocio più lontano. Battezzato da Ozil (“Diventerà una star mondiale”) da ieri è il giocatore più giovane ad aver segnato in un Europeo. Prima di lui c’era Cristiano Ronaldo, che con 19 anni e 128 giorni sembra un anziano. E se pensate che gol così sono casuali, segnatevi questi numeri: nella Liga di quest’anno ha segnato sei gol in dieci partite, di cui quattro da titolare. In totale un gol ogni 63 minuti. Non basta: sei gol con sei tiri nello specchio. Con ieri fanno sette gol con sette tiri nello specchio. Vi siete ricordati cosa facevate a 19 anni e 114 giorni, voi?

 

Broja e una stagione a guardare

L’Albania ha sognato parecchio, ma forse pure troppo. Poco più di dieci minuti in vantaggio, poco più di quindici in parità. Però, se non avesse fatto tutto Dimarco quando avrebbe segnato? Ecco, nel cammino degli albanesi l’incognita è: se non ti passano la palla da una rimessa laterale dopo ventitré secondi, come segni? A guidare l’attacco c’è, infatti, Armando Broja, che nessuno può dire se è veramente uno con un grande futuro davanti o una speranza sopravvalutata. Il Chelsea, per primo, ci ha scommesso. Ma su lui si è accanito il destino, qualunque cosa sia: a fine 2022 si è rotto il crociato anteriore del ginocchio destro in un’amichevole in Arabia Saudita, ha dovuto affrontare un cammino di riabilitazione durissimo, nel quale gli sembrava di dover imparare nuovamente a camminare, poi è tornato in campo, ha anche segnato un gol fortunoso, ma poi si è fermato. Al punto che il Chelsea, all’inizio del 2024, lo ha ceduto in prestito al Fulham. Tutti contenti: il Chelsea che pensava di dare minuti a un giocatore di ventidue anni che chissà cos’ha ancora da dare, il Fulham che prendeva un attaccante su cui qualcuno vorrebbe scommettere e Broja, che pensa tanto alla Nazionale e si convince che così avrebbe giocato per quattro mesi preparandosi al meglio all’Europeo. Però appena arriva l’attaccante di scorta del Fulham Rodrigo Muniz, che fino ad allora non aveva mai segnato, comincia con i gol: otto in otto partite, il titolare diventa lui. Broja resta in panchina, gioca in tutto otto partite da subentrato per un totale di ottanta minuti.

Certo, lui fu scartato dalla Nazionale under 15 dell’Albania e non si è mai arreso, dice di voler essere l’Harry Kane dell’Albania, il Ronaldo del paese delle aquile, vuol portare la Nazionale ai Mondiali, ma di fatto sta giocando adesso e ancora non abbiamo capito se è una promessa o una delusione. Anche perché finora pochi lo hanno visto in campo.

 

La Scozia e la scuola di Aleks

Chissà se Aleks alla fine dell’anno scolastico verrà promosso. Aleks è un giovane scozzese di dodici anni, che è partito per la Germania con il padre per gli Europei. Con le lezioni in corso, però. Il padre, Iain Meiklejohn, che fa parte della Tartan Army (l’esercito dei tifosi scozzesi) ha pensato di risolverla così: una email alla scuola nella quale spiega che il figlio “non sarà a scuola da giovedì 13 giugno fino all'eliminazione della Scozia (che oggi gioca contro la Svizzera) da Euro 2024. Faremo un viaggio educativo attraverso la Germania visitando diverse città e dove studieremo gli alti e bassi estremi che solo un tifoso scozzese può sperimentare”. Forse ha ragione lui: il calcio è una forma di cultura, viaggiare per il pallone è molto utile, allarga gli orizzonti, permette di studiare i popoli, fa compiere un’immersione nella realtà che a scuola non è possibile, immersi tra i libri e cose troppo teoriche. Dite che sto esagerando? Sì, va bene. Ma tanto la promessa è che Aleks, al ritorno, presenterò un suo report dettagliato del viaggio e di quello che ha appreso. Speriamo di poterlo leggere.

 

Kross, ripensaci

Buoni eh. Non sono io a dirlo: ho già apprezzato la scelta di ritirarsi a 34 anni, all’apice, senza lasciarci a osservare il declino di una stella. Ma c’è un mondo che si è scatenato dopo la prima partita dell’Europeo della Germania (che oggi gioca contro l’Ungheria) con 101 passaggi riusciti su 102 tentati, la sua presenza in quasi tutti i gol. Gli chiedono di ripensarci, basta amare il calcio per chiedergli di darci ancora ore di bellezza da guardare. Meglio di tutti lo spiega la gente in piedi, durante la partita, nello stadio di Monaco a omaggiarlo e applaudirlo all’uscita dal campo. Qualche settimana prima, in quello stadio, Kross era stato fischiato probabilmente dalla stessa gente, perché ci giocava con la maglia del Real Madrid, contro il Bayern, e averlo come avversario è bello, ma non consigliabile. Gli chiedono di ripensarci, ma Kross terrà a mente la frase che già ha detto, immaginando lo scenario: “Molti mi dicono che avrei potuto tranquillamente giocare ancora e forse hanno ragione. Ma io non voglio arriva al momento in cui cominciano a dire: ma perché gioca ancora?”. È un’altra scelta di tempo esatta, come nei passaggi. Allora facciamo così: godiamocelo ancora in questi giorni, finché possiamo. E se lo godano, perché è giusto, un po’ di più i tedeschi: Nagelsmann ha raccontato del discorso di Toni prima della partita con la Scozia, alla squadra. Un discorso potente e rasserenante, ha detto. Ipotizzo: “Andate in campo tranquilli, tanto ci sono io”.

 

C’è una classifica degli allenatori. Quando giocavano

Dice Sacchi che non è importante per un allenatore aver giocato a calcio: “E’ come se chiedessero al fantino se prima è stato un cavallo”. Magari ha ragione lui, però tutti gli allenatori dell’Europeo in qualche modo sono stati calciatori. The Athletic ha stilato la classifica delle loro carriere. Il peggiore è Domenico Tedesco, allenatore del Belgio, cresciuto in Germania, che ha giocato al massimo nelle bassissime categorie del calcio tedesco, con la maglia del ASV Aichwald. Poi ha saggiamente scelto di mollare e dedicarsi alla panchina. Malino anche Nagelsmann, allenatore della Germania e ora l’allenatore più giovane di sempre a un Europeo. Se a 36 anni ha già una buona esperienza da tecnico è anche perché si è ritirato a vent’anni per un brutto infortunio al ginocchio, ma fino ad allora non era granché promettente: al massimo era stato capitano dell’under 19 del Monaco. Il migliore, vabbè, è Ronald Koeman, guida dell’Olanda, l’eroe del Barcellona che vinse a Wembley la finale di Coppa dei Campioni del 1992, capace di essere capocannoniere della Champions nel 1994 pur essendo un difensore. Lo seguono Stojkovic, che allena la Serbia, e Deschamps. Nulla da obiettare. Spalletti è quindicesimo. Ma chi si ricorda Spalletti calciatore?

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