tatticamente parlando
L'asimmetria in campo di Euro 2024 dove si torna a giocare a pallone
Se questo Europeo sta dicendo qualcosa di nuovo, a volerne trarre indicazioni dopo le prime partite, sta nella rivalsa del calcio relazionale rispetto a quello di posizione
Da quando la semplificazione nei moduli ha preso egemonia grazie ai numeri che plasticamente li esprimono, è usuale sentir dire che nella tattica calcistica non si inventa più niente. E’ del resto troppo comodo, specie per i disegnatori di siti e quotidiani, piazzare in campo gli undici elementi come se rispondessero a un ordine superiore che devia il pallone esattamente dove si collocano nel terreno all’inizio delle partite: ma se questo Europeo sta dicendo qualcosa di nuovo, a volerne trarre indicazioni dopo i primi match, sta nella rivalsa del calcio relazionale rispetto a quello di posizione.
La prova è negli assetti comunicati assieme alla distinta di gara: sempre più commissari tecnici (e allenatori, vedi Igor Tudor negli ultimi mesi laziali) se ne fregano della concinnitas ciceroniana, dell’eleganza stilistica di far corrispondere mansioni e indole, congruenza assoluta e talento specifico, e provano invece a vincere l’incontro secondo canoni terzi, ovvero la densità, la visione futuribile di singoli destinati a trasformarsi, l’adattamento all’avversaria di circostanza. Nasce così l’asimmetria di undici costruiti – con buona pace dei grafici – in modo tale che sia praticabile lo schierarsi contemporaneamente a tre e a quattro in difesa, muovendo le stesse pedine per lo switch ma senza scegliere altri uomini più adatti dalla panchina, meno universali e più specialisti.
L’esempio è l’interessante Italia verticale di Luciano Spalletti, che una volta impostato il braccetto Alessandro Bastoni nel cuore inedito della difesa a tre (e accanto a un altro atleta con la stessa predilezione mancina, Riccardo Calafiori) vede allargare e restringere a piacimento i movimenti di Federico Dimarco e Giovanni Di Lorenzo, chiamati ad agire al contempo da terzini, quinti, braccetti e pure in impostazione centrale.
Anche tra il centrocampo e l’attacco, nell’Italia vittoriosa contro l’Albania, a un determinato prospetto nel versante destro ne corrisponde uno non analogo dalla parte opposta: Federico Chiesa è un’ala, adattabile a seconda punta o esterno a tuttafascia, non a trequartista. Come invece è Lorenzo Pellegrini, che però parte largo in un 4-3-3 del tutto simulato e improbabile, finendo il romanista per convergere naturalmente nelle fidate praterie centrali: se serve un rifinitore, schiero un rifinitore e non un’ala fuori posizione, nonostante lo schema la richieda.
Nell’èra dei tuttocampisti, parlare di moduli di partenza è sempre meno indicativo: l’atteso Joško Gvardiol confinato in fascia per avanzare meglio non è il classico caso di calciatore schierato fuori ruolo, bensì l’apice di un ragionamento calcistico, il quale punta tutto sul cambio di paradigma che la singola scelta inferisce nel quadro generale.
Ecco che una catena di tre martelli – terzino a quattro, interno incursore, ala da cross – implica che allo specchio ci sia un solo responsabile unico della fascia opposta: è il tilting, per cui l’avversario è portato ad attaccare là dove vede meno uomini, ma senza tener conto dell’inevitabile pressione a portare l’azione dal lato della superiorità.
Seguendo questo pensiero, nessuno in campo copre una zona perché vocato a farlo, ma ci sono addirittura intere aree lasciate volontariamente scoperte, senza l’assillo guardioliano ad attaccare il vuoto: ne discendono la minor necessità di operare cambi testuali (ruolo per ruolo), con maggior libertà a chi sta in panchina, e pure i tanti gol segnati in “imbucata” tra le linee, cogliendo impreparate le difese.
Di questo si discute nei centri tecnici di tutte le Coverciano del mondo: come uscire dalla schiavitù dei modelli preconfezionati, quasi fantacalcistici, e quindi reinserire nel calcio contemporaneo dosi di iniziativa del singolo, tagliata sartorialmente per quella squadra e per quel campione.
Se sia il primo passo verso un ritrovato favor per la tecnica individuale nei confronti della tattica più asfissiante, sarà la storia a dirlo; per ora si consolida l’impressione che la “chimica” nasca spontaneamente al momento, tra i compagni di squadra, più che a tavolino.
Ciò significa che una buona metà delle partecipanti a Euro 2024 sta di nuovo giocando a pallone, più che a calcio.