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Il Foglio sportivo

L'addio sbagliato dell'Olimpia a Melli, idolo indiscusso del Forum

Umberto Zapelloni

Ettore Messina ha deciso di chiudere il rapporto che legava giocatore e proprietà. Se ci fosse stato un presidente con cui confrontarsi, forse, sarebbe finita diversamente. E ora bisognerà vedere il percorso in Europa dei meneghini

Non rientri più nei nostri piani a queste condizioni”. Con una frase molto simile a questa, Ettore Messina ha deciso di chiudere la storia di Nicolò Melli all’Olimpia. Il presidente-coach ha una dote particolare: sa come farsi odiare dai tifosi, anche se resta il più vincente degli allenatori italiani e ha messo la sua firma sugli ultimi tre scudetti milanesi. 
Chiudere con il capitano della terza stella, con l’idolo indiscusso del Forum (nonostante una prima parte di stagione non proprio all’altezza) è una scelta coraggiosa perché cancella con poche righe di comunicato (un piccolo sforzo in più sarebbe stato apprezzato) una storia che parte da lontano, da quando l’Olimpia andò a Reggio Emilia a prendersi quel ragazzo del 1991 che era il miglior prospetto italiano. La sua storia a Milano è stata sempre travagliata, la prima volta (con il mitico Dan Peterson in panchina) chiese di essere mandato a Pesaro per giocare di più; tornato a casa ha vinto uno scudetto e poi è ripartito in direzione Bamberg dove ha trovato moglie ed è diventato giocatore vero, tanto che pure l’Nba lo ha cercato. Tornato a Milano ha messo la firma sugli ultimi tre scudetti, ma poi si è scontrato con un coach-presidente che non lo riteneva più al centro del progetto, preferendogli Mirotic e Nebo che sta per arrivare. All’inizio c’era stata anche una battaglia per i soldi, ma poi Melli aveva accettato di fare un passo indietro. Troppo tardi per il coach. Se ci fosse stato un presidente con cui confrontarsi al posto dello specchio di casa, forse sarebbe finita diversamente.

Così hanno perso tutti. Milano, Melli e i tifosi che vedono un altro giocatore simbolo andarsene e dovranno innamorarsi dell’ennesimo mercenario di passaggio. Melli andava difeso e protetto, era il volto di quest’Olimpia anche se per tutto l’anno ha bisticciato con Mirotic fino a trovare un’intesa perfetta nelle partite decisive per lo scudetto. Messina si è voltato dall’altra parte forte del suo doppio ruolo, della fiducia incondizionata della proprietà, dei tre scudetti di fila. In questi anni milanesi ha sbagliato tantissimo, ma obiettivamente ha vinto sempre lui in Italia. Ora magari arriverà Gallinari che ha tre anni più di Melli. Chissà. Ma soprattutto dovrà arrivare un play vero perché, come ci insegna Dan Peterson, senza un Mike D’Antoni non si va da nessuna parte. Se senza Melli arriverà l’Europa, almeno le finali, avrà avuto ragione ancora lui. Ma vincere anche con il cuore (quello di Melli) sarebbe comunque molto più bello. Ed eviterebbe di far arrabbiare i tifosi. Ora ci pensi il Poz a far divertire Nik in azzurro. Lui sa come fare.