Luciano Spalletti - foto via Getty Images

Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza

L'Italia di fronte alla sua storia

Alessandro Bonan

Luciano Spalletti dice che non c’erano le gambe, ma non può essere vero

Ci sono quelli che la buttano sulle offese, come se tutto si potesse risolvere insultando gli altri. Ci sono altri che parlano solo di tattica, il complesso degli allenatori mancati. La psicologia è appannaggio di quelli come me, perdenti per natura. Poi ci sono i filosofi, sempre pronti a piegare i fatti con le parole. Il calcio è materia di ognuna di queste categorie, che si esaltano soprattutto quando gioca (e perde) la Nazionale. Andiamo per ordine (mollando volentieri le offese soprattutto al mondo social). Dal punto di vista tattico, in teoria, non siamo secondi a nessuno, nemmeno alla Spagna che ci ha dominato. Solo che tecnicamente siamo stati un disastro, rispetto ad avversari molto più forti.
 

Luciano Spalletti ha detto che non c’eravamo con le gambe, e a me è venuto in mente quel signore che per giustificarsi di non avere i soldi per pagare l’affitto, se la prende con il proprietario dell’immobile così puntuale nel chiedergli il denaro. Se la squadra non gira fisicamente alla seconda partita del girone, o paghi l’affitto subito o meriti di restare in mezzo a una strada. In poche parole, non ci credo, Spalletti ha mentito sapendo che il problema è soprattutto tecnico.
 

Ho come l’impressione, sperando di sbagliarmi, che tutte le volte che la nostra Nazionale vuol giocare in attacco, venga rispedita in difesa, e viceversa. Quando cerca la difesa, si ritrova in attacco (visto che il contropiede è attacco). Sia nell’82 che nel 2006, abbiamo vinto così, e anche due anni fa con Mancini, ci siamo distinti per una notevole predisposizione al sacrificio. È una questione di natura, siamo fatti per soffrire, con le facce stravolte dalla fatica, quasi brutti, di quella bruttezza affascinante e vincente. Guardando gli altri disimpariamo la nostra storia, e diventiamo insulsi, privi di identità. Abbiamo giocato con la Spagna pensando di “fargliela addosso”, per usare un’espressione spallettiana, e invece ce l’hanno fatta addosso gli altri.
 

Tattica e psicologia si fondono, diventano la stessa materia. Spalletti è un uomo che si è fatto da solo, come si dice, nessuno gli ha regalato nulla. Vorrebbe sempre decidere lui come giocare, ed è un pensiero meraviglioso sì, ma quanto realizzabile? Lo psicologo che è in me, come vedete, sta avendo il sopravvento, accompagnato da una ottima dose di pessimismo, tipica dei perdenti. Non mi resta che piegare i fatti con le parole. E quindi scrivo, come se fossi un filosofo, di lasciare a casa tutti i pensieri fragili e di tuffarci nel mondo delle affezioni, dove l’istinto prevale sul ragionamento, l’esperienza, sulla purezza. Non siamo puri, siamo la nostra storia, fatta di macchie scure, in mezzo a trionfi scintillanti