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Il Foglio sportivo

Argentina-Inghilterra del 1986. Molto più di una semplice partita

Alberto Facchinetti

Un match giocato male da entrambe le squadre ma reso memorabile da due gol di Maradona: il libro "La partita" di Andrés Burgo, racconta il contesto storico e le vicende di quella giornata compresa la famosa "Mano de Dios".

"Secondo me è la peggior partita che abbiamo giocato al Mondiale, eppure quei due colpi a sensazione di Diego complicano la credibilità di questa teoria. Entrambe le squadre hanno giocato male, forse perché i nervi hanno finito per imballarci oltremodo. Per Maradona, chiaramente tutto questo non vale”, è quanto scrive Jorge Valdano, quel giorno in campo, in una mail al giornalista Andrés Burgo per La partita. Argentina-Inghilterra 1986, libro uscito in questi giorni per la casa editrice 66thand2nd. Non è solo il cosiddetto bel calcio a rendere indimenticabile una partita.
 

La gara in questione viene giocata il 22 giugno 1986, esattamente 38 anni fa, allo Stadio Azteca, Mondiale del Messico. Maradona realizza due gol che nessuno scorderà più, quello che per ore non si capisce se sia stato realizzato con la mano o di testa e quello ribattezzato “del secolo”, partito dalla propria metà campo segna dopo aver scartato mezza squadra inglese. Nel libro, tradotto molto bene dallo scrittore di sport Fabrizio Gabrielli, Burgo racconta i gol e descrive il clima di una giornata che si portava dietro connessioni con la politica, la cronaca e la storia.
 

Ci sono episodi divertenti. La vigilia è segnata dall’affannosa ricerca argentina di magliette azzurre con cui scendere in campo il giorno dopo, la seconda maglia ufficiale è troppo calda per le temperature del Messico a mezzogiorno. In qualche modo si trovano, hanno il collo a V, lo stemma incompleto, i numeri grigi e un tessuto di bassa qualità. In seguito i collezionisti le riconosceranno dall’etichetta “Hecio en Mexico". Insomma, Maradona e compagni giocheranno “la” partita con una divisa taroccata.
 

Per i quarti di finale contro gli inglesi il ct Carlos Bilardo schiera la squadra con un quasi inedito 3-5-2, modulo con cui si costruirà la vittoria del Mondiale, a farne le spese sarà il leccese Pasculli che aveva realizzato il gol decisivo con l’Uruguay. In campo ci va il centrocampista Enrique e al posto dello squalificato Garrè c’è Julio “el Vasco” Olarticoechea, un altro eroe di giornata ricordato da Burgo. È stato proprio Vasco a pochi minuti dal termine a salvare in maniera miracolosa la porta difesa da Pumpido. La palla supera i due difensori Ruggeri e Brown, lui si tuffa per anticipare Lineker e la devia con la nuca quel tanto che basta. Olarticoechea finisce dentro la porta, apre gli occhi e capisce che la palla non è entrata. I compagni per anni gli toccheranno la pelata, sorridendo del fatto che iniziò a perdere i capelli proprio in quel momento. Ricordiamo che Argentina – Inghilterra finì 2-1.
 

Con i due gol di Diego si consolida anche il mito dell’uruguaiano Victor Hugo Morales, al commento per Radio Argentina. Che il gol sia stato realizzato con la mano è l’unico a capirlo in diretta, anche se poi dallo studio gli faranno cambiare idea. Per l’altro, quello che conosciamo tutti per averlo visto migliaia di volte in tv, tira fuori una radiocronaca che non sfigura al cospetto del gol realizzato: “Gracias Dios, por el fútbol, por Maradona, por estas lágrimas, por este Argentina 2 - Inglaterra 0”. L’espressione “Mano de Dios” è invece un’intuizione di un redattore argentino dell’Ansa Nestor Ferror, poi ripresa il giorno dopo dai giornali messicani.
 

Ci sono davvero tante storie dentro quei novanta minuti. Commuove quella di Héctor Rebasti, portiere nelle giovanili del San Lorenzo e già nel giro della prima squadra dell’Huracan, quando nell’aprile 1982 diventa uno dei 9804 combattenti argentini chiamati alla guerra delle Falkland-Malvinas tra Argentina e Regno Unito. Altri suoi coetanei presenti al Mondiale in Messico avevano evitato la leva per meriti calcistici o semplicemente per un colpo fortuna. Allora infatti in Argentina si diventava soldato dopo un sorteggio fatto con la lotteria nazionale. Quattro anni più tardi Rebasti, che avrebbe visto la sua carriera da calciatore interrompersi proprio a causa della guerra, è a Buenos Aires a guardare il match in TV. “Quella partita per me è stata una seduta psicanalitica, uno scarico emozionale impressionante. L’ho vissuta come il trionfo non solo dell’Argentina, ma dell’intera classe 1962".

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