Pastone tedesco- giorno 10
Nell'Europeo degli autogol arriva il primo storico punto della Georgia. E la lezione di Martin Adam
Mamardashvili para tutto e permette alla nazionale georgiana di strappare il pari con la Repubblica ceca. Nel frattempo le autoreti nel torneo sono già 6. Bene il Portogallo e anche i tifosi della Turchia. Mentre Lukaku segna solo gol non validi. Oggi inizia la terza e ultima giornata dei gironi
Finita anche la seconda giornata, con il Portogallo che dilaga contro la Turchia, la Georgia che, contro la Repubblica Ceca prende il primo punto della sua storia e con il Belgio che si rianima, dopo la brutta partenza. Da oggi le partite sono in contemporanea, perché si decide chi passa nel girone: con 16 squadre che andranno avanti sulle 24 totali non ci sono però da attendersi grandi sorprese: c’è abbastanza spazio per tutte le squadre, o quasi. Si comincia con Svizzera- Germania e Scozia-Ungheria: chi va fuori?
Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.
È l’Europeo degli autogol e forse abbiamo visto il migliore
Il Portogallo ha vinto contro la Turchia per moltissimi motivi, ovviamente. Per la superiorità, per l’improvvisa generosità di Cristiano Ronaldo e anche perché è una squadra che può arrivare fino in fondo. Ma la verità è che in questo Europeo stanno dominando gli autogol: siamo a sei, se i conti non mi ingannano, e non ricordo un altro torneo così. Ma ieri, soprattutto, durante la partita con la Turchia, abbiamo assistito al migliore degli autogol, al più goffo, al più assurdo:sull’1-0 Samet Akaydin ha raccolto un passaggio sbagliato di Cancelo e ha provato a passarla al suo portiere. Un retropassaggio lento, così il compagno di squadra ha il tempo di armeggiare con il pallone e far ripartire la squadra. Solo che Bayindir gli stava andando incontro e quel passaggio di alleggerimento è diventato una rincorsa prima che il pallone finisse in porta. Tutto così veloce da avere beffato persino il regista della partita, che non ha mostrato l’azione a velocità naturale. Se proprio devono essere autogol, almeno così, per favore. Non se ne può più di palloni che rimbalzano sugli stinchi.
La Turchia ha giocato in casa un’altra volta
Tutti i turchi che avete visto sugli spalti probabilmente non hanno fatto alcun viaggio. O chi lo ha fatto è in minoranza. Perché c’è questa storia dell’Europeo tedesco: le squadre che giocano in casa sono, di fatto, due. Oltre alla Germania c’è la Turchia, per la quantità di turchi che vivono da quelle parti. Secondo un censimento sono 2,9 milioni gli abitanti della Germania che hanno passaporti o radici turche. Un numero superiore lo si trova solo in Turchia. I turchi in Germania si considerano di entrambe le nazionalità e (orrore) hanno quasi tutti una squadra tedesca e una turca per cui tifare. Una cosa del genere accade anche tra le Nazionali: la Germania ha Ilkay Gundogan ed Emre Can, giocatori nati in Germania con radici turche, mentre il capitano della Turchia Hakan Calhanoglu, Cenk Tosun, Salih Ozcan, Kenan Yildiz e Kaan Ayhan sono tutti nati in Germania. Se giocano contro è un derby, ma non pensate sia facile. Mesut Ozil, di origini turche ma campione del Mondo con la Germania, lo diceva sempre: “Sono tedesco quando vinciamo, migrante quando perdiamo”.
Mamardashvili non lo batte nessuno. O quasi
Se tiri dodici volte in porta, vuoi vincere. E se magari non vinci, ma pareggi, può essere che tu sia la Repubblica Ceca. Se su dodici tiri subisci solo un gol, quando proprio non lo puoi evitare, sei Giorgi Mamardashvili in un giorno benedetto del tuo Europeo con la maglia della Georgia, peraltro il primo torneo importante della tua giovane nazione. Secondo il calcolo dei gol previsti (XG, si chiamano) la Georgia avrebbe dovuto subire più di tre gol e questo fa capire che prestazione memorabile ha fatto un portiere figlio di portiere (lo era anche suo padre David) che nella sua carriera si è guadagnato tutto. Anche quando è arrivato al Valencia era, in teoria, il terzo portiere. O meglio: il portiere della squadra B. Poi ad agosto del 2021, prima della gara con il Getafe, i due estremi difensori della prima squadra si infortunano e lui fa l’esordio in prima squadra, stupendo. Da allora, in tre anni, sessanta presenze consecutive nella Liga, che è il record della sua squadra. Per dire che magari la gloria gli arriverà dopo la partita di oggi, il primo storico punto della Georgia, ma anche prima non era male.
Lukaku capocannoniere dei gol non validi
Durante il Mondiale in Qatar venne da dubitare dell’evoluzione di Lukaku: sbagliò molto, non segnò mai, finì tirando pugni alla panchina (e rompendola) per i gol che non erano arrivati e il Belgio eliminato troppo presto, poi in lacrime con gli altri che dovevano consolarlo dopo i tre gol mancati contro la Croazia. Si pensò fosse l’inizio di un lento declino che poi non è, per sua fortuna, arrivato. Ora, in questo Europeo, contro la Romania ha messo a segno il terzo gol non valido del suo torneo. Due contro la Slovacchia, uno per suo fuorigioco e un altro perché Openda poco prima aveva toccato leggermente con la mano. Uno ieri contro la Romania, sempre per fuorigioco. Se il Mondiale non era (e non lo è stato) un rallentamento della carriera, l’Europeo serve a confermare che forse con queste manifestazioni Lukaku ha un problema, una specie di maledizione. Ma per fortuna stavolta il Belgio ha vinto ed è ancora in corsa per la qualificazione (nel girone sono tutte a tre punti). Per fortuna della panchine, anche.
È tornato il tifoso svizzero che diventò un meme
Stavo per scrivere una cosa su Musiala, che ha iniziato l’Europeo in modo notevole, ma poi mi è venuto in mente una cosa che avevo lasciato in sospeso nell’ultimo Europeo che riguarda la Svizzera. Ve lo ricordate? Venimmo a un certo punto invasi dai meme di un tifoso elvetico: si trattava di Luca Loutenbach e aveva conquistato la ribalta perché dopo il terzo gol della Francia, che andava sul 3-1 al 75’, e quindi con la prospettiva di essere eliminati dall’ottavo di finale, lui era lì, in tribuna, con un cappellino crociato, le mani che tenevano il collo della maglietta e le lacrime dietro gli occhiali. Sembrava un uomo timido, deluso da una sconfitta che poteva anche essere prevista, ma che magari non si aspettava. Poi, però, la Svizzera segnò due gol di fila, uno all’81’ e uno all’ultimo
minuto, pareggiando e portando la partita ai supplementari (finirà con la Svizzera che passa ai rigori). Ma in quei nove minuti tra un gol e l’altro Luca si trasforma, si toglie la maglietta, butta chissà dove il cappellino e urla con il fiato rimasto, a petto nudo, la sua gioia. E sembra un valoroso innamorato del calcio, altro che pianti. Le due foto dello stesso uomo che sembra trasformarsi, una accanto all’altra, sono diventate una specie di attrazione. E quindi mi sono chiesto: ma ora che fa? Dopo quell’episodio ha ricevuto biglietti per le partite della Svizzera, voli gratuiti in business class con Swiss Air, l’ente nazionale del turismo gli ha pagato una vacanza ed è diventato un personaggio tv, fino a comparire nello spot dell’Uefa per gli Europei femminili del 2022. Ha anche monetizzato la sua performance, vendendo magliette con la doppia foto. Ora è in giro per la Germania, ovviamente, al seguito della Svizzera. Ha tagliato la barba.
Martin Adam, il fisico, gli insulti, la birra
L’Ungheria ha davvero poco da ridere: ha giocato due partite e ne ha perse altrettante. Potrebbe lasciare l’Europeo o avere un colpo di coda oggi contro la Scozia, ma nel frattempo bisogna parlare di Martin Adam, un attaccante che non ha ancora lasciato il segno, ma che in entrambe le partite dell’Ungheria è entrato dalla panchina, come se Rossi gli attribuisse la capacità di raddrizzare le gare. Ma non è di questo che ha fatto parlare. Di Adam hanno iniziato a parlare i social network, prendendolo in giro per la sua struttura fisica: alto 191 centimetri, per quasi 90 chilogrammi, non ha proprio l’immagine scultorea dei calciatori moderni, aiutato anche da una barba piuttosto folta che lo fa sembrare più vicino ai rugbisti. Ma bande di haters con evidentemente molto tempo a disposizione
hanno iniziato a ridicolizzarlo, dandogli sostanzialmente del grasso. Lui, che gioca in Corea del Sud (all’Husaln Hd), ha visto, letto, ascoltato. E, di fatto, se n’è fregato. Ma da calciatore non basta avere spalle larghe e vivere persino gli insulti come una questione privata: hai un ruolo sociale e se parli aiuti molti altri che non vivono la stessa condizione di privilegio sociale. Così Martin si è presentato in conferenza stampa ed è stato netto: “Ho visto i meme, ho letto gli insulti, anche sul mio telefono. Mi sono fatto una grossa risata: il mio fisico è così, e io non posso cambiare la genetica”. Che è una guida per chiunque sia vittima di bodyshaming, è una risposta che andrebbe bene sempre, ma che spesso non viene detta. Ora si può fare come Adam. Imparare a rispondere. Ora Adam spera di giocare, di lasciare il segno anche per la sua attività da attaccante. Dice di essere motivato: “Certo che sono motivato. Sapete dov’ero durante gli scorsi Europei? Sul divano a bere birra”. Io un gol glielo farei fare, oggi. Ma non sono la Scozia.
Il Foglio sportivo - In corpore sano