Foto Ap, via LaPresse

Euro 2024

Un Europeo ben poco tedesco

Roberto Gotta

Cosa è successo in campo l'abbiamo visto tutti. Il problema vero è stato fuori dagli stadi. E non per colpa dei tifosi. Tanti i disagi per addetti ai lavori e tifosi a Euro 2024

Fase a gironi degli Europei di calcio, un successone. Più o meno. Perché le vicende del campo, appassionanti fino ai minuti di recupero di Turchia-Repubblica Ceca col gol di Tosun che ad Amburgo ha causato una mezza rivoluzione allo stadio e caroselli di auto in città, nella quale vivono 44.000 turchi, sono state molto differenti da quelle che ha vissuto chi la prima fase ha cercato di seguirla girando tra le varie sedi.

All’estero, particolamente in Inghilterra, è stata molto criticata la logistica, con attenzione maggiore riservata al conglomerato della Ruhr, il quadrilatero Colonia-Dortmund-Gelsenkirchen-Dusseldorf che ha ospitato 14 delle 36 partite, con 18 squadre diverse. Un affollamento che ha portato a disagi notevoli, treni sovraffollati o cancellati e potenziali rischi di ordine pubblico, determinati anche dal fatto che moltissime tifoserie hanno intrapreso viaggi di andata e ritorno in giornata, non facilmente controllabili: nessuna nazione europea confina con più paesi della Germania, nove, e di questi nove solo il Lussemburgo non ha avuto una nazionale partecipante, per cui letteramente da ogni punto cardinale ci sono stati massicci afflussi, concentrati nel giro di poche ore. Questo però era prevedibile, e nel quadrilatero già citato l’affollamento in alcuni giorni è stato sgradevole. E reso ancora peggiore da una segnaletica lacunosa, il che è sorprendente: l’esperienza dei Mondiali 2006, vissuta da chi scrive e sempre da freelance itinerante con mezzi pubblici e zero privilegi, era stata decisamente più liscia, mentre stavolta è capitato più volte che si dovesse ricorrere agli steward per chiedere dove fosse un settore le cui indicazioni erano improvvisamente sparite. Può sembrare assurdo, vista la qualità che si intravvede anche solo in televisione, ma del resto molti stadi tedeschi hanno già in parte fatto il loro tempo, rispetto al 2006: la magnificenza del WestfalenStadion di Dortmund, in cui ogni appassionato di calcio dovrebbe vedere una partita una volta nella vita, maschera strutture anguste che mettono alla prova qualsiasi logistica, e un’altra difficoltà, in alcuni stadi, è stata conseguenza indiretta della lodevole politica dell’organizzazione di perseguire un Europeo più ecologico possibile.

L’obiettivo è però andato a scapito della comodità, per molti: ad Amburgo, per esempio, è stato deciso di non utilizzare i bus-navetta che normalmente portano i tifosi dell’HSV a destinazione dalla stazione della metropolitana di Stellingen, una delle due che serve lo stadio, ma questo ha voluto dire 1.600 metri a piedi per chiunque non fosse un vip. E se la stragrande maggioranza dei tifosi e addetti ai lavori poteva permettersi la scarpinata abbiamo però anche visto alcuni anziani arrancare, in una serata tra l’altro di afa pesante. Il cordone di chiusura delle strade, del resto, teneva alla larga anche taxisti e autisti, costretti a scaricare i clienti a distanze non sempre adeguate.

Sul tifo si è detto tanto, ma sempre secondo stereotipi che sono contenti di promuovere sia i media sia i tifosi stessi, ormai incasellati in spazi predefiniti, veri o fasulli che siano: gli scozzesi (però formidabili, davvero) allegri e caciaroni, gli inglesi sempre a un pelo dal fare casino, gli svizzeri simpatici svitati con un campanaccio da mucca sempre a portata di mano, gli olandesi privi di identità singola perché fusi in un’unica macchia arancione e così via. Categorie dello spirito utilissime su più livelli: instradate nelle Fan Zone possono essere tenute sotto controllo e indirizzate verso i chioschi degli sponsor e intanto forniscono facilissimi spunti per servizi televisivi di colore, basta riprenderli e fanno tutto loro. Alla fine, gli unici problemi sono stati in una scaramuccia a Gelsenkirchen e in quel bizzarro episodio ad Amburgo, con un tizio che brandiva piccozza e moloto subito neutralizzato dalla polizia. Onnipresente, in divisa e (si suppone) in borghese: anche così si spiega l’assenza di veri disordini.

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