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ottavi di finale

Italia-Svizzera. Chi sono e come giocano gli avversari degli Azzurri

Enrico Veronese

La selezione svizzera allenata da Murat Yakincerca di scacciare la pressione affidandosi a un undici rodato, dove i cambiamenti sono marginali, lenti, ponderati

La differenza tra realtà e percezione gioca spesso brutti scherzi. Non solo in fatto di clima, ma anche nel calcio: da quando è diventato ufficiale l’abbinamento dell’Italia alla Svizzera, quali migliori seconde classificate nei rispettivi gironi, è subentrata da parte azzurra una certa euforia da scampato pericolo, complice la collocazione nella parte meno nobile del tabellone. D’altro canto, non pochi elvetici sono ripiombati nell’eterno complesso d’inferiorità che ingigantisce le cose rispetto a come sono: per la Nazionale di Luciano Spalletti parlano il palmares, il prestigio e qualche residuo fuoriclasse come Gianluigi Donnarumma, il vero asso di questa edizione.

Tornando a guardare la situazione con gli occhiali della realtà, non sfugge che la selezione ora allenata da Murat Yakın ha contribuito all’eliminazione italiana dai Mondiali in Qatar (un grosso aiuto venne dai due rigori falliti da Jorginho tra andata e ritorno), oltre ad aver rimontato la Francia in maniera decisiva a Euro 2020, cedendo poi solo alla Spagna per analoghi penalty. Già, con l’inizio della fase ad eliminazione diretta l’extrema ratio dagli undici metri torna a popolare gli incubi di chi segue lo sport: e non è escluso che chi si sente inferiore senza poi esserlo davvero -in questo caso, i rossocrociati- tenda a prolungare la partita fino alle sue ultime conseguenze, ritenendo di avere tutto da guadagnare e niente da perdere.

Solida, un filo noiosa, deslavizzata in confronto a pochi anni fa, la compagine alpina cerca di scacciare la pressione affidandosi a un undici rodato, dove i cambiamenti sono marginali, lenti, ponderati: una lezione di moderatismo alla politica, con la difesa che gioca a memoria e il centrocampo mai in sofferenza. La squalifica dell’ex udinese Sylvan Widmer impone al ct di origine turca una decisione non facile, se operare per il cambio testuale (Leonidas Stergiou?) o traslocare nella fascia teorica di competenza Michael Aebischer, uno dei tre calciatori del Bologna che costituiscono l’ossatura elvetica.

A dispetto di una stagione un po’ in ombra sul piano personale, il biondo ha fornito ottime prestazioni in Germania -goal e assist contro l’Ungheria- giostrando dall’inedita fascia sinistra, per cui l’inversione speculare potrebbe rivelarsi un azzardo. In specie considerando che, di suo, sarebbe un interno incursore. A proposito dei rossoblu, detto della squalifica che ha colpito anche Riccardo Calafiori (altra sostituzione non banale), la stagione esaltante culminata nella qualificazione in Champions League ha esposto una volta in più la grande sagacia tattica di Remo Freuler, leader silenzioso di questa Svizzera: uno di quegli elementi che se non ci fosse bisognerebbe inventare, e che migliora con l’età. Davanti la difesa o mezzala da assist, il regolarista non spreca un pallone.

Chi invece sta facendo anche meglio di un’annata da ricordare, senza essere spremuto dopo oltre 40 partite, è Dan Ndoye: il terzo bolognese della legione straniera è in forma spaziale, ritrovando vicinanza alla porta avversaria nel tourbillon di prove da centravanti che Yakın sta ancora compiendo: velocista nato, l’ala sta diventando un riferimento offensivo di necessità e virtù. Sapendo che proprio il reparto offensivo è quello meno efficace, o almeno non tanto da incutere eccessivo timore, Alessandro Bastoni e i suoi compagni di reparto dovranno invece badare di più alla costruzione dal basso, e a supportare la prevedibile iniziativa dei centrocampisti: non sempre l’Italia può lasciare la conduzione del gioco ai rivali, in specie se questi stanno facendo lo stesso ragionamento.

Certo, il girone A non era poi infernale: ma il franco successo contro l’Ungheria, il pareggio senza soffrire rimediato fronteggiando la Scozia -Xherdan Shaqiri ha ancora i colpi in canna- e quello condotto in porto dirimpetto ai padroni di casa della Germania, conducendo per un’ora, dicono che sabato nel caldo tardopomeridiano di Berlino sarà un match del tutto differente rispetto a Italia-Spagna e Italia-Croazia (che aveva l’assillo di dover vincere). Difesa e concentrazione sono le armi in più davanti a Yann Sommer, e notoriamente l’Italia non abbonda di bocche da gol: occorre inventarsi qualcosa. O qualcuno, tipo Mattia Zaccagni.

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