IL PASTONE TEDESCO – GIORNO 14
Tra calcio, soldi e politica, la Georgia è la storia più intensa di un Europeo con poche sorprese
Ivanishvili, ex primo ministro e fondatore del partito "Sogno georgiano", mette sul piatto 9 milioni di euro dopo la qualificazione agli ottavi e ne promette altrettanti se la nazionale dovesse battere la Spagna. Ma gli iberici non finiscono mai e sono gli unici ad aver vinto tutte le partite. Non brilla invece il Belgio: il suo problema, dice il ct Tedesco, è il traffico
Finora non è stato un Europeo memorabile, ma mi pare piuttosto chiaro che se su ventiquattro squadre ne passano sedici prevalga il calcolo, l’interesse a qualificarsi prima di tutto, a evitare la figuraccia. Poche sorprese, non tantissime emozioni, ma come ogni grande torneo una enorme quantità di cose da raccontare. Approfitto della sosta per quelle più calde, delle ore dopo le ultime partite.
Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.
Piovono soldi sulla Georgia
La Georgia è la storia più intensa dell’Europeo. I motivi sono stati già raccontati: una nazione giovane, qualche settimana fa con l’attenzione addosso per le manifestazioni contro il governo di giovani e meno giovani che protestavano contro la “legge russa” per la repressione del dissenso, di giovani e meno giovani che sognano l’Europa e una distanza marcata dalla Russia. E alla prima apparizione della Nazionale in un torneo importante, ecco la qualificazione. “Il giorno più bello della vita dei georgiani”, ha detto Kvaratskhelia, mentre la gente di Georgia scendeva in piazza stavolta per la gioia e per il pallone. Ora, sulla testa dei georgiani sembrano piovere soldi: quasi nove milioni di euro (30 milioni di Lari georgiani) messi sul piatto da Bidzina Ivanishvili, ex primo ministro della Georgia per la qualificazione e altrettanti se dovessero battere la Spagna. Ivanishvili è il fondatore del partito “Sogno georgiano”, al governo del paese ed è tuttora considerato l’eminenza grigia della politica locale, pur avendone abbandonato gli incarichi. Ivanishvili si è arricchito con investimenti nel settore bancario, informatico e dei metalli negli anni ’90, quelli che hanno fatto la fortuna di pochi oligarchi con interessi in Russia e ora, secondo Forbes, ha un patrimonio di 3,87 miliardi di sterline (quasi 4,6 miliardi di euro). Il punto è che i giocatori georgiani non hanno mai parlato della situazione politica in questo Europeo, ma non pochi calciatori ad aprile, durante le manifestazioni, si sono schierati contro “Sogno georgiano”. E non è un problema da poco. Intanto
pensano al campo, sorridono,
La Spagna senza fine
L’unica squadra ad aver vinto tutte le partite è la Spagna, che peraltro sarà proprio l’avversario della Georgia. E che è anche la squadra che ha impressionato di più, crescendo partita dopo partita e mostrando talento e varietà. La Spagna che una volta era solo possesso di palla e ostentazione della qualità (tattica che ha comunque prodotto notevoli risultati) ora è anche verticalizzazioni, ma quello che ancora di più ha impressionato è un numero, ma una statistica e indica che De la Fuente può girarsi verso la panchina e pescare sempre bene. Di cosa sto parlando? Del fatto che la Spagna ha fatto giocare, finora, venticinque dei ventisei convocati. Tutti, tranne il terzo portiere Alex Remiro. Creando i presupposti per la frase che forse meglio evidenzia una squadra che, praticamente, non ha fine. L’ha detta Sylvinho, allenatore dell’Albania, l’ultima nazionale battuta dagli spagnoli: la loro squadra B potrebbe arrivare in finale e giocarla da favorita. Ecco, De la Fuente schiererà la squadra A.
Ma pure Pepe, quando finisce?
Non è solo la Spagna a non finire mai, ma anche Képler Laveran Lima Ferreira, detto Pepe. Il difensore portoghese, una volta testa calda e ora giocatore molto più posato, non è – come capita quando si mettere in relazione l’età con le prestazioni - un semi sconosciuto che il grande calcio sta scoprendo solo adesso.
Lo hanno visto tutti, fino a qui. Eppure sta stupendo, perché in campo è attento, mai insicuro, capace di fermare qualsiasi attaccante avversario. Contro la Turchia ha giocato così bene da guadagnarsi l’applauso anche dei tifosi rivali, mentre usciva dal campo perché sostituito e, senza stare a citare i numeri, praticamente non ha mai sbagliato un passaggio in tutta le partite finora giocate (due per lui, nella terza si è riposato come molti titolari). Il punto è che Pepe ha quarantuno anni. Anzi, ha iniziato l’Europeo con il conto preciso di 41 anni e 113 giorni: nessuno è arrivato a tanto, a giocare un Europeo a questa età. Ma sarebbe facile parlare di un giocatore avanti negli anni come di un uomo alla ricerca delle ultime emozioni della carriera. Il punto è che Pepe è lui stesso l’emozione della carriera, con quel fisico minuto eppure esplosivo, quella voglia di essere in campo che travalica ogni regola, quella volontà di migliorarsi ancora che colpisce Martinez, il tecnico portoghese: “Se guardi le partite e guardi Pepe giocare non diresti che ha quarantuno anni”.
Non c’è un segreto, se non il solito: dice Martinez che ha visto molti giocatori allenarsi due ore al giorno e poi dedicarsi ad altro, ma non ha mai visto uno come Pepe, che vive ventiquattro ore da professionista e ama così tanto lo sport che fa. Capita, a chi fino a 17 anni ha dormito nel letto dei genitori perché di più, con le sorelle, non potevano permettersi. Capita quando si sa che la fatica può portarti su, non c’è altro.
Il problema del Belgio è il traffico
Il Belgio è arrivato secondo nel suo girone, quello più incasinato del torneo. Non ha brillato, anzi. È stato, forse, una delle squadre più deludenti, perché come sempre dotato di molto talento e incapace di esprimerlo compiutamente. Lo allena l’italiano Domenico Tedesco, che ieri però ha tirato fuori una teoria bizzarra per giustificare in qualche modo la sua squadra, oppure semplicemente per lamentarsi. Dopo il pareggio con l’Ucraina, che i tifosi belga hanno fischiato, ha detto che così è impossibile giocare. Il motivo? Il pullman della squadra ci ha messo un’ora per arrivare dall’hotel allo stadio con la scorta della polizia, andava tutto troppo lento, i semafori erano sempre rossi e così gli sono rimasti due minuti per parlare con la squadra e ha dovuto tagliare il riscaldamento dei suoi.
Poi si è lamentato anche delle penne laser puntate sui suoi giocatori ed è stato l’unico momento in cui non sembrava di essere in una scena di Johnny Stecchino, quando a Benigni, che interpreta l’ignaro Dante, autista di scuolabus e sosia di un pentito di mafia, dicono, mentre lo stanno trascinando dentro una storia di malaffare, che il problema di Palermo non è quello che pensano tutti: è il traffico.
Forse ha fatto prima Foden cuore-di-papà a tornare in Inghilterra
Forse ha impiegato meno Phil Foden a tornare dalla Germania in Inghilterra che il Belgio ad arrivare dall’hotel allo stadio. Comunque, il centrocampista inglese ha lasciato il ritiro mercoledì per una “urgente questione familiare”. Stava nascendo il suo terzo figlio ed è tornato a casa. Una corsa felice che è già finita: oggi il titolare di Southgate (ha giocato tutte e tre le partite) tornerà nel ritiro della squadra con una buona notizia da condividere. Gli è andata meglio di Sterling nel 2022, che lasciò il ritiro della squadra nel Mondiale del Qatar perché dei ladri armati avevano fatto irruzione in casa, con i suoi familiari dentro. E in ogni caso gli è andata meglio del Belgio.