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Il Foglio sportivo

L'erba di Sinner verso Wimbledon

Giorgia Mecca

Il tennista italiano esordirà a Wimbledon da numero uno al mondo. Davanti a Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, gli unici avversari temibili in questo momento. 

Bisogna imparare a giocare d’istinto. Nel conteggio dei punti, facendo soltanto un calcolo aritmetico, un doppio fallo e una volée in tuffo in stile Boris Becker, hanno lo stesso valore. Lo diceva Roger Federer e lo sostiene anche Jannik Sinner, il numero uno del mondo. 

Dopo aver conquistato il primo titolo della sua carriera sull’erba, ad Halle (il quarto della stagione su otto tornei giocati: in totale 38 vittorie su 41 partite), a Wimbledon per la prima volta in uno Slam scenderà in campo da testa di serie numero uno. Davanti a Novak Djokovic e Carlos Alcaraz, gli unici avversari temibili in questo momento. 
La settimana in Germania per l’azzurro è stata uno stress test in vista dei Championships, il vero obiettivo on grass. L’abbiamo visto faticare con i rimbalzi, sentirsi impotente, chiedere al coach Darren Cahill di giocare qualche pallina in più, trovarsi sotto di un set al primo turno, costretto al tie break in 5 match su 5, l’ultimo, contro Hurkacz è stato quello che gli ha consegnato il titolo e che gli ha fatto pensare: “Ok, adesso sono veramente pronto”. A Jannik Sinner i numeri non interessano un granché, così come gli albi d’oro, i record infranti o i pronostici; tutto ciò che riguarda il passato sembra quasi annoiarlo, sapere che l’ultimo a vincere il primo torneo giocato da numero uno è stato Andy Murray nel 2016 gli fa sicuramente piacere, ma non risolve la sua ricerca del servizio perfetto per giocare sull’erba. L’autocompiacimento non fa vincere gli Slam. 

Ed è forse questo il vero privilegio di chi ama il tennis in questo momento, avere a disposizione quotidiana la crescita e i sacrifici di un ragazzo di 22 anni che non spreca talento e non perde tempo, che non è arrogante, che suda e soffre e te lo mostra, che sbaglia e rimane giorni su quell’errore per poi non commetterlo più, che come unico idolo ha il suo papà, che di mestiere faceva il cuoco non il tennista, che è convinto che l’unico modo per non avere rimpianti è colpire sei palline in più e non sei in meno. 

Sarà un privilegio anche la rivalità con Carlos Alcaraz, più mediterraneo, spendaccione, estroverso, genio e sregolatezza. Lui sì, innamorato dei suoi colpi, tanto da rimanere fermo ad ammirarsi e farsi ammirare. Una delle parti più interessanti del documentario “Federer. Gli ultimi dodici giorni” (disponibile su Amazon Prime) è quando una giornalista chiede al campione svizzero che cosa direbbe al se stesso diciottenne. Lui risponde: “Se potessi parlargli gli direi di prepararsi a una vita unica, e che gli piacerà”. Gli appassionati di tennis pensavano che il loro mondo potesse finire dopo quel 15 settembre 2022. Invece Wimbledon si stava solo preparando alla nascita di una nuova èra. 

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