il pastone tedesco - giorno 18
Deve esserci una parola tedesca per descrivere questa Francia noiosa ma vincente
La squadra di Deschamps è ai quarti dopo un'altra vittoria risicata, con autogol. Troverà il Portogallo, sopravvissuto agli errori di Cr7. Oggi Austria-Turchia si preannuncia bellissima
Il punto. Ci sarà Portogallo-Francia, ai quarti, ma non è arrivato senza fatica. Non è ancora il momento della bellezza, all’Europeo. Forse non arriverà mai. Ancora partite normali, in cui l’attenzione è più sull’evitare la sconfitta che sul prendersi la vittoria. Oggi si chiudono gli ottavi: confido in Turchia-Austria, c’è anche Romania-Olanda.
Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.
Ci sarà una parola tedesca per la Francia
Schadenfreude è una parola tedesca che descrive il piacere che si prova di fronte alla sfortuna o agli insuccessi degli altri. Fremdschamen, invece, vuol dire provare imbarazzo per quello che sta facendo un altro. Il mito di alcune parole tedesche è questo: raccolgono un momento in una parola, un sentimento in una espressione sola. Ci sarà, quindi, una parola tedesca (c’è sempre una parola tedesca per ogni occasione) che definisca una squadra che teoricamente è tra le favorite dell’Europeo, che ha uno dei migliori attaccanti al mondo e che da quando ha iniziato a giocare non ha mai fatto vedere niente più di lunghi minuti di noia eppure va avanti. Insomma, ci dev’essere una parola tedesca che descriva il cammino della Francia, che da ieri sera è ai quarti del torneo con questo cammino: ha vinto 1-0 contro l’Austria grazie a un autogol di Wöber, ha pareggiato 0-0 con l’Olanda e pure contro la Polonia, segnando su rigore con Mbappé e ora ha passato il turno battendo 1-0 il Belgio grazie a un altro autogol, stavolta di Vertonghen a partita quasi finita. Ora, io il tedesco non lo conosco, quindi qualcuno mi aiuti; è una parola che in italiano suona più o meno come buona sorte, anzi, più come fortuna, diciamo meglio: culo.
Il volto di Ronaldo
Una volta Ralph Nader, politico statunitense degli anni trenta, disse che se non ti occupi di politica, la politica si occuperà di te. Io c’ho provato, in presentazione, a non parlare di Ronaldo. Ma se non ti occupi di Ronaldo, Cristiano Ronaldo si occuperà di te. Guardate la partita con la Slovenia di ieri, è come se non esistesse più: c’è Cristiano Ronaldo che nel supplementare sbaglia il rigore e dentro di sé ha il carico dell’uomo che vuol essere eroe, del calciatore che è nazione, forse dell’ultimo grande torneo internazionale che gioca senza ancora essere riuscito a essere protagonista, persino del record di marcatore più anziano dell’Europeo che per il momento è di Modric, del trascinatore che ancora non ha segnato eppure ci prova di continuo. Sbaglia, piange. Il volto di cui controlla ogni espressione diventa quello di un bambino a cui hanno sottratto un gioco, i compagni vanno a consolare colui che invece di solito portano in trionfo. Niente, nel supplementare il Portogallo non vince e allora servono i rigori. E qui sì, Diogo Costa para tutti quelli che tirano gli sloveni, ma l’intera serie di penalty verrà ricordata perché Ronaldo si prende la responsabilità di calciare il primo, lo segna, con le mani giunte chiede scusa per prima. Finisce bene: Ronaldo è ai quarti. E anche il Portogallo.
Koeman spietato con la sua Olanda
Koeman era un calciatore di grande carattere, un difensore che riusciva a segnare. Tirava molto forte, ed era una metafora: quando faceva leva sui nervi, colpiva chiunque gli capitava davanti. Così sta facendo con l’Olanda, rabbuiato per le prestazioni di una squadra che va avanti, ma non lo convince. Non si sa oggi contro la Romania, la peggiore prima della fase a gironi, come andrà, ma nell’ultima partita il tecnico olandese non ne ha fatta passare una. Risultato: ha perso comunque contro l’Austria, ma volendo ha posto i presupposti per non ricascarci. Come? Primo messaggio: se sbagli, esci in qualsiasi momento. Chiedete a Joey Veerman cosa vuol dire essere sostituito dopo trentatré minuti, lo vedrete ancora in lacrime, come è stato pizzicato dalle telecamere mentre la partita era in corso. Ma Koeman è stato spietato: “Inciampava sul pallone, la regalava, non riuscivo a spiegarmelo”. Come non bastasse, ha affondato sul suo centrocampo. Senza giri di parole: “È una vergogna, il centrocampo è pessimo, le ali sono pessime, nessuno ha le palle per chiedere il passaggio”. Qui c’è la solita domanda: un clima teso aiuta o no? Porta alla svolta? La risposta stasera.
Austria-Turchia può essere bellissima
Se dovete programmare la vostra giornata, tenetevi liberi per l’ora di cena (fuso orario centro-meridionale, però: diciamo alle 21): Austria-Turchia potrebbe essere una partita bellissima. Perché una delle due, l’Austria, è già tra le migliori del torneo, ha giocato bene e dominato il suo girone. Rappresenta la grande rivincita di Ralf Rangnick, l’uomo ridicolizzato al Manchester United e che a un certo punto ha detto no al Bayern Monaco perché voleva costruire qualcosa di innovativo, per vivere con la gioia di allenare un gruppo di amici. Gruppo che ha formato lui, con regole che non sono regole: non c’è “coprifuoco” in ritiro, i giocatori sono liberi di andarsi a prendere un caffè in città senza ansie. Nelle camere da letto dei calciatori ci sono le foto dei più importanti successi dell’Austria, come strumento motivazionale. Gestisce la squadra così, lo ha fatto dal primo incontro, quando ha portato tutti in un pub a giocare a freccette; chi voleva, poteva prendere una birra, chi era in grado di reggerle, anche due. Aspetto non secondario: l’avversario di oggi è la Turchia, una squadra sfrontata che finora ha divertito. Avete liberato l’agenda?
Dobbiamo parlare ancora della rovesciata di Bellingham
Quando Jude Bellingham ha segnato il gol che ha salvato l’Inghilterra, si è poi rialzato da terra, ha gonfiato il petto e ha detto, chiaramente: “Who else?”. Chi altri, se non lui? Dobbiamo parlare ancora della rovesciata di Jude, non possiamo lasciarla finire così. Dobbiamo rivederla, applaudire di nuovo, ammirare l’esatto momento in cui la classe e la potenza si incontrano in un punto raggiungibile solo con l’atletismo e possibile solo grazie alla consapevolezza di sé. Anzi, faccio che giro un po’ per i giornali esteri e vediamo che hanno detto. Il Guardian, che ricorda che Bellingham nei minuti di recupero ha vinto anche entrambi i Clasicos della stagione e poi lo descrive come “un giocatore con un dono, e con una fiducia in sé stesso così naturale che quando la palla viene lanciata, non c'è alcun pensiero che lo coinvolge, nessuna gamma di scelte possibili, nessuna riflessione sul portare la palla giù o colpire di testa o passare: solo un singolo movimento fugace”. “Marca” forse fa la descrizione più apologetica: “Bellingham può interpretare entrambi i ruoli in God save The King, perché l'Inghilterra in questo momento è divisa tra chi pensa che sia Dio e chi si limita a indicarlo come il Re”. E forse in Spagna, dove lo conoscono bene, hanno questa visione mistica del calciatore inglese da farlo raccontare da “El Pais” come fosse un’apparizione: “È apparso nella prima partita contro la Serbia regalando alla sua squadra l'unica vittoria nella fase a gironi (1-0) ed è arrivato in tempo per firmare quella sforbiciata parata contro la difesa slovacca”. Un’apparizione piena di tutto, un gol – scrive The Athletic – “in cui la brillantezza e la bellezza erano all'altezza della sua importanza. Bellingham ha mostrato equilibrio e atletismo da aggiungere alla sua lista di colpi decisivi, per il club e la nazione, in questa stagione”. Il gol è “un’audace dimostrazione di atletismo e abilità individuale” per la Bbc, ma per provarci e segnarlo, scrive il “Times”, serve avere “un pozzo senza fondo di autostima”. Sempre la Bbc trova la chiusura perfetta: “Un lampo di genio che verrà rivisto e di cui si parlerà per anni”. Ma questo dipende da come l’Inghilterra finirà l’Europeo.