Riccardo Calafiori ( LaPresse)

Quello che resta di positivo dopo l'uscita dell'Italia da Euro 2024

Jack O'Malley

Almeno non dovrete più fingere di credere che Calafiori sia il nuovo Nesta. E soprattutto potete evitare di leggere e ascoltare quelli che fino a ieri vi garantivano che l’Italia avrebbe stupito tutti e oggi vi spiegano che l’eliminazione era inevitabile

Preso nota con brilla soddisfazione del fatto che gli appelli elettorali dei calciatori francesi valgono come quelli di Saviano, brindo controvoglia alla vittoria con colpo di culo della squadra di Mbappé e all’ennesimo flop del sopravvalutato Belgio. Avrei fatto lo stesso con voi, giuro. A proposito, quando in Italia non sapete che fare, invece di sbronzarvi come le persone normali istituite una commissione. Leggo che per salvare la Nazionale azzurra ed evitare nuovi “momenti Biden” dei giocatori in campo come contro la Svizzera verrà varato un “team di supporto” formato da dirigenti di 4-5 squadre della Serie A: evidentemente il team di supporto dei giornalisti amici non basta più. Io mi godo il quarto di finale con brivido della mia Inghilterra, che pur dominando contro lo Slovacchia ha avuto bisogno dell’intervento divino di Jude Bellingham al 95’. Se fossimo usciti avremmo fatto una figura peggiore della vostra.

  

Questo mio inutile articolo arriva dopo che sulla figura di merda planetaria fatta dai campioni in carica è già stato detto di tutto, e avrei gioco facile a riprendere le immani idiozie che i media sportivi hanno raccontato nelle settimane precedenti, dal gruppo unito al patto tra giocatori passando per l’elogio delle cinque regole da scuola dei preti imposte dal ct fino alla “svolta mentale” data dal gol di Zaccagni. Non lo farò, forse perché la spiegazione è più semplice: finito il mese del Pride, finito il calcio fluido di Spalletti.

 

Guardatela dal lato positivo, non dovrete più ascoltare le stucchevoli introduzioni di Caressa né fingere di credere che Calafiori sia il nuovo Nesta. E soprattutto potete evitare di leggere e ascoltare quelli che fino a ieri vi garantivano che l’Italia avrebbe stupito tutti e oggi vi spiegano che l’eliminazione era inevitabile vista la qualità della rosa e la confusione dell’allenatore.

 

Sia chiaro, noi siamo pietosi ma almeno abbiamo dei giocatori forti e con le palle – talmente con le palle che pare che Bellingham se le sia palpate davanti alla panchina della Slovacchia, manco fosse disteso sul divano di casa, e naturalmente quei gran rompicoglioni dell’Uefa non sapendo che fare di meglio hanno aperto un’inchiesta (non potevano istituire una commissione anche loro?). La cosa più bella della vicenda è la sua spiegazione: Bellingham non ha negato il gesto, ha detto “salutavo degli amici”. Cheers, Jude, adesso la userò anche io come scusa per grattarmelo in pubblico.

 

Mi avvicino al mio quarto di finale mal sopportando sempre di più un calcio in cui le partite vengono decise da gol annullati per un’unghia in fuorigioco e rigori assegnati col microchip. Non voglio però fare l’elogio nostalgico del passato, anche perché mi sono accorto che la cosa sta un po’ sfuggendo di mano: siamo al punto che il fenomeno spagnolo Nico Williams, 22 anni da compiere, ha detto che lui da bambino giocava nella piazza del suo quartiere sette giorni su sette ma “questa cosa oggi si è un po’ persa”. Va bene tutto, ma che i ragazzi non giocano più in piazza lo dice qualunque ex calciatore da una trentina d’anni a questa parte: non staremo esagerando con la retorica?

 

Chi certamente esagera col vino è Federico Bernardeschi, che in una recente intervista ha difeso la sua generazione di calciatori con un capolavoro ipotetico dell’irrealtà da insegnare nelle scuole calcio: “Se nel 2022 fossimo andati ai Mondiali e avessimo fatto un bel torneo si sarebbe parlato di ‘generazione d’oro’”. Certo, e se mio nonno avesse un tappo di sughero tra le chiappe sarebbe una bottiglia di vino.