ciclismo
Tour de France. Come Cavendish nessuno mai
A Saint Vulbas, al termine di una volata senza logica e ordine, Mark Cavendish è diventato il corridore ad aver vinto più tappe nella storia del Tour de France. Con 35 successi si è messo alle spalle pure Eddy Merckx
A Saint Vulbas, nel pomeriggio del 3 luglio del 2024, poco dopo le 17:40, Eddy Merckx è diventato definitivamente un passato lontano del Tour de France. Era riuscito a rimanere un presente nonostante gli anni che si sono sommati, i campioni che hanno pedalato per le strade di Francia. Perché si è sempre un presente quando si è il corridore che ha vinto più tappe al Tour de France. Da oggi non lo è più, da oggi Mark Cavendish è il corridore con più successi di tappa alla Grande Boucle: trentacinque vittorie in quattordici partecipazioni in diciassette anni.
Lo credevano folle, un illuso, quando in inverno decise di continuare a correre, di concedersi un altro anno in gruppo. Ma cosa vuoi fare a trentanove anni?, era il pensiero dei più. Glielo avessero chiesto davvero, avrebbe risposto vincere, vincere ancora una tappa al Tour de France, l’ultima dannatissima tappa al Tour de France.
Avevano giudicato folle, illusa, al lumicino, pure l’Astana che aveva deciso non solo un altro anno di contratto, ma che ha portato in squadra pure un altro vecchietto, Michael Mørkøv, che fu raffinato pesce pilota di Cavendish, ma sul quale nessuno più avrebbe scommesso dieci centesimi.
Forse c’è stata davvero della follia in tutto questo. O forse era solo volontà di credere in qualcosa, la volontà di avere un’idea per la quale correre, per la quale sacrificare giorni, mesi, un’intera stagione. Perché è quando si crede davvero in qualcosa tutto sembra meno duro, anche i sacrifici sono meno sacrifici.
Forse soltanto perché quelle lacrime non potevano essere l’ultima immagine al Tour de France di Mark Cavendish. Non poteva chiudersi così la storia gialla di uno dei più forti velocisti. Non con quelle lacrime, quelle dell’8 luglio del 2023, quelle che scorrevano giù dagli occhi di Mark Cavendish, sul viso sfigurato dallo sconforto per un dolore che era forte, quello di una clavicola rotta, ma non tanto quanto quello lancinante e osceno del sogno che si era appena sgretolato.
L’Astana oggi si è schierata attorno a Mark Cavendish, lo ha protetto, ha cercato di evitargli tutti i possibili rischi, alla maniera di una madre con il proprio figlio. Poi, lo ha perso nel momento meno indicato, quando c’era da guidarlo verso il traguardo, quando c’era da incrementare la velocità per favorire la velocità assoluta dei velocisti.
Mark Cavendish ha centinaia e centinaia di volate alle spalle e le spalle sufficientemente grosse per fregarsene della solitudine. È rimasto solo, con attorno gente più giovane e più veloce di lui. In quel momento però Mark Cavendish ha fatto capire perché in carriera era riuscito a vincere 164 volte. Ha sfoderato il colpo di classe, si è infilato nell’unico spazio nel quale si poteva infilare, una piccola bolla d’aria nel caos asfittico di una volata senza logica e senza ordine, una volata antica, di quelle che sembravano essere sparite.
Sembrava spacciato, ha preso la testa, non l’ha più lasciata.
Mark Cavendish ha passato il traguardo con le mani al cielo, contento e sorridente come chi festeggia quello che non poteva non accadere. Aveva ragione a sorridere, era appena diventato un nome indelebile nella storia del Tour de France, era appena diventato uno del quale si può dire come Cavendish nessuno mai.