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Il Foglio sportivo

Aldo Serena: "Gli allenatori delle squadre giovanili devono cambiare idee"

Aldo Serena

Per risollevare il calcio italiano, è necessario investire sui settori giovanili. Insegnare meno tattica e stimolare la fantasia, portando i ragazzi ad esordire subito come fu per Rivera e Mancini 

La prima cosa che mi viene in mente per aiutare il calcio italiano è quella di lavorare sui settori giovanili. Parto dall’esperienza personale di mio figlio quindicenne che gioca in una squadra dilettantistica in Veneto. Oggi i genitori non si fidano più a lasciare che ragazzi giochino da soli in strada, nelle piazze. Gli oratori sono quasi spariti o comunque sembrano aver esaurito la loro funzione “sportiva”; così la palla passa alle scuole calcio oppure a piccole società, organizzate quasi come club di professionisti: fanno allenare i ragazzi due o tre volte alla settimana (i costi partono da 400/600 euro); gli allenamenti sono prevalentemente di carattere collettivo e lasciano pochissimo spazio alla fantasia dei ragazzi: possesso palla, possesso palla con vincoli specifici (usare solo il piede sinistro o solo il destro, scambi a un tocco, scambi a due tocchi ed esercizi simili). In questo modo, lo spazio della partitella, il momento più atteso dai ragazzi, si riduce a una decina di minuti con porte piccole e quindi nessun tiro in porta, nessun confronto uno contro uno, quasi nessuno spazio ai dribbling. Vedo che c’è un soffocamento della fantasia, chi dimostra di possedere estro e genialità non viene tenuto in considerazione e questo porta a un soffocamento in tempi brevi delle qualità creative dei singoli. 

Gli allenatori pensano a costruire una squadra organizzata, dove le qualità dei singoli passano in secondo piano e la tattica ha più importanza della tecnica e del divertimento, che dovrebbe essere una prerogativa delle squadre ragazzi: per loro è un modo di affermarsi, di mettersi in luce di sentirsi importanti. Così in Italia abbiamo una grande scuola di allenatori, come ha dimostrato anche l’Europeo con cinque c.t. alla fase finale su 24 o il fatto che due coppe europee su tre siano state vinte da tecnici italiani, ma la sensazione che la preoccupazione dei tecnici dei settori giovanili sia più quella di valorizzare se stessi rispetto ad avviare una giusta maturazione dei ragazzi.
Oltre a questo, mi preoccupa anche la nuova norma sulla caduta del vincolo che procurerà un grave danno a molte società dilettantistiche. Oggi vivono sulle rette che fanno pagare ai genitori e su quello che incassano quando un loro giocatore fa strada. Se vengono a mancare questi soldi temo che molte società o aumenteranno le rette o rischieranno di sparire. Bisognerebbe fare in modo di ridurre certi sprechi per finanziare queste società. La vera base è questa e quindi bisogna iniziare da qui, con i ragazzi che cominciano a giocare a 8/9 anni con i pulcini. Dovremmo aiutare le società dilettantistiche e preparare gli allenatori a insegnare calcio e non solo tattica, inseguendo il mito della costruzione (o distruzione?) dal basso oppure le mode del momento. Ci vorrebbe un cambio di mentalità, ma vero, non soltanto a parole, con una giusta mediazione tra la voglia di emergere dei tecnici e la volontà di far crescere i ragazzi, privilegiando l’aspetto del divertimento. Non trattiamo da adulti i bambini o da bambini quelli che sarebbero già pronti per giocare ad alto livello, perché le società tendono a non dare fiducia ai giovani, anche se talentuosi. Rivera e Mancini giocavano in Serie A a 16 anni, io ho esordito a 18 a San Siro. Certo oggi i ragazzi sono bombardati anche dai social tra una partita e l’altra, i tifosi non hanno pazienza, la stampa ancora meno, ma le società possono proteggerli e difenderli nella loro crescita. Diamo ai giovani anche il tempo di sbagliare, senza affogarli tra le critiche. E le società seguano quei ragazzi che diventano subito milionari, ma non hanno accanto una famiglia che li sappia aiutare nel momento in cui cominciano a diventare famosi. Insomma, cominciando a lavorare sui bambini e poi sui giovani potremmo risollevarci.

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