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Il Foglio sportivo

Galli: “Dobbiamo seguire meglio la crescita dei ragazzi”

Filippo Galli

La regione per cui i giovani giocano poco in Serie A è dettata dall'inesperienza degli stessi, unita al rischio di insuccesso che gli allenatori non vogliono addossarsi. Inoltre, i settori Giovanili vengono visti più come un costo che un investimento. La ricetta consiste nell'essere meno individualisti 

L’eliminazione della nostra Nazionale da Euro ’24 ha riacceso il dibattito sul sistema calcio, sulla mancanza di giocatori di qualità con particolare riferimento ai giovani talenti. Un ennesimo atto d’accusa ai settori giovanili che non sarebbero in grado di formare giocatori pronti al salto nel massimo campionato professionistico privando così la nostra massima rappresentativa di un’adeguata possibilità di scelta.

E allora quali sono le ragioni per cui i giovani calciatori faticano ad esordire e a giocare con continuità nella nostra Serie A?

Se il  giovane calciatore è ritenuto all’altezza, l’unica ragione plausibile per non schierarlo potrebbe risiedere nella consapevolezza che, un ragazzo, seppur bravo e talentuoso, abbia comunque la necessità di commettere qualche errore in più rispetto ai colleghi più esperti e quindi più tempo per garantire un rendimento adeguato e costante. Il giocatore ha bisogno di un sostegno che arrivi non solo dal Mister ma anche da tutte quelle figure dirigenziali che hanno peso all’interno del club.

Manca una comunione d’intenti nell’accompagnare il giovane, lasciando l’allenatore a pagare le conseguenze di un eventuale insuccesso, ragion per cui quest’ultimo preferisce scegliere giocatori già navigati. Se, al contrario, il giovane o i giovani calciatori non fossero ritenuti pronti dopo il percorso formativo dovremmo cominciare a valutare quale sia l’approccio al lavoro nelle nostre Academy e verificare che le metodologie di allenamento non siano ancora legate a teorie dell’apprendimento e a pratiche ormai superate. 

Dovremmo di conseguenza chiederci come e da chi vengano formate le figure professionali che lavorano in questo settore. La nostra realtà comprende entrambi gli scenari sopra descritti. Occorre aggiungere la necessità di garantire dignità professionale a chi opera nei vivai e non destinare stipendi che superino a mala pena le spese sostenute. In altre parole dovremmo davvero cominciare a considerare il Settore Giovanile, non un costo, ma un investimento. 
Ciò significa anche premiare, in modo serio, in termini finanziari, quei club che investono sul territorio provando a portare giocatori dal Settore Giovanile alla Prima Squadra senza alimentare il fenomeno del players trading che coinvolge soprattutto giocatori stranieri. Che ognuno smetta di guardare soltanto al proprio orticello!
 

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