IL PASTONE TEDESCO – GIORNO 22

La Francia va in semifinale contro la Spagna, senza aver mai segnato un gol su azione

Fulvio Paglialunga

Oggi si decide l’altra semifinale dell'Europeo: ci arriverà una tra Turchia e Olanda e una tra Inghilterra e Svizzera. Possono esserci bollicine nella prima, mentre sulla seconda incombe il cattivo umore degli inglesi

Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.


 

Il punto

La prima semifinale è Francia-Spagna, così l’Europeo ha sentenziato. Per avere la prima semifinale servono due partite da centoventi minuti, una delle quali finisce ai rigori. Perché vince, ancora, il controllo: piuttosto che rischiare, ognuno punta a portare la partita fino in fondo senza danni. Oggi si decide l’altra semifinale: ci arriverà una tra Turchia e Olanda e una tra Inghilterra e Svizzera. Possono esserci bollicine nella prima, mentre sulla seconda incombe il cattivo umore degli inglesi.

 

Il volo di Merino-bello-di-papà, il volo della Spagna

Quando Mikel Merino era un bambino voleva la palla. Gli sembrava naturale chiederla al padre, che era un calciatore dell’Osasuna, del Celta Vigo. È una di quelle questioni a metà tra la genetica e l’emulazione. Il papà gioca con la palla e lui pure. Anzi, lui no. Perché sua madre provava a vietarlo a entrambi. Ma i bambini a un certo punto vanno a giocare anche fuori di casa e Mikel cominciò, pur di giocare, a rubarli agli altri. Ora alla madre dirà di aver vissuto un giorno da eroe, di aver fatto uno stacco perfetto e di essere rimasto in area con le gambe allargate quasi ricordando i voli di Michael Jordan verso il canestro. Dirà che quella che a tutti sembrava la finale anticipata dell’Europeo l’ha deciso lui, poco prima che arrivassero i rigori e che tutto tornasse in discussione. Dirà che la Spagna dei mille talenti ha battuto la nazionale dei padroni di casa con il gol di un gregario, del coltellino svizzero del centrocampo, entrato al posto di Morata. Dirà che quel colpo di testa è stata l’ultima cosa che ha maledetto Toni Kroos, prima di lasciare il calcio professionistico. Forse racconterà di aver ricevuto la telefonata del padre Angel, prima della partita, che voleva dirgli una cosa: “Sai, il 5 novembre 1991 ho giocato anche io nello stadio di Stoccarda, con l’Osasuna, contro lo Stoccarda: segnai un gol, esultai facendo il giro della bandierina”. Mikel se lo è ricordato, dopo aver messo in porta il colpo di testa del 2-1, e ha fatto lui, quando tutti se n’erano andati, il giro della bandierina nello stesso stadio del padre. Una di quelle notti che poi chissà se ti addormenti, rivedendo il tuo gol, ancora sconvolto dalle emozioni. In realtà Merino fatica sempre a dormire dopo la partita: ha un macchinario per la pressoterapia per rilassarsi ogni volta che rientra dallo stadio, dopo aver mangiato e bevuto molto, per cercare di rilassarsi, ma alla fine prende comunque un sonnifero. L’avrà fatto anche ieri, ma intanto tra Germania e Spagna passa chi ha Merino in squadra, che si alza dalla panchina e segna perché ha telefonato il padre. Passa anche chi ha un aiuto di Taylor, perché io non parlo mai di arbitri, ma che diamine.

 

La Francia in semifinale senza segnare mai

La Francia sta evidentemente conducendo un esperimento sociale. Sta cercando di capire fino a dove può arrivare una squadra in un Europeo senza segnare nemmeno un gol su azione. Anche contro il Portogallo ha finito a zero gol segnati, e finora ha mosso il suo tabellino con una vittoria di misura su autogol, un pareggio senza gol, un pareggio segnando su rigore e un’altra vittoria su autogol, curriculum strampalato a cui aggiungere i rigori di ieri contro il Portogallo. Giocati, peraltro, quando evidentemente Diogo Costa aveva finito il bonus da pararigori, nell’ottavo di finale contro la Slovenia quando gli ha presi tutti. La Francia sta forse anche conducendo un esperimento fisico: quanto può una maschera inibire un giocatore tutto tecnica e anche esplosività fisica? Perché la Francia non segna, ma Mbappé non gioca. Si tiene lontano dall’azione, sbaglia ciò che non sbaglia quasi mai: da quando indossa la maschera che lo fa sembrare un supereroe, per via della rottura del naso (che ieri lo ha fatto tremare quando ha preso una pallonata), sembra il gemello svagato. Ma prima o poi lui potrebbe spuntare. Cristiano Ronaldo, invece, no: ieri non ha pianto, perché lui ha segnato e quindi al massimo è colpa della squadra. Il limite del Portogallo è stato questo, il limite della Francia rimane il gol che non arriva, ma che intanto permette di correre fino alla semifinale.

 

Turchia-Olanda e gli allenatori-leader

Finora l’Europeo ha vissuto di partite come questa, con squadre disordinate e capaci di tutto, anche di brillare. Gare in cui tutto è inatteso e, non per niente, gare in cui sono protagonisti gli allenatori, che devono gestire gruppi caotici. Koeman striglia l’Olanda in continuazione, vede nello spogliatoio l’assenza della leadership e prova a sostituirla con scorribande verbali al limite dell’accusa, che però nello spogliatoio qualche malumore lo crea, mette i risultati come unico modo per vivere sereni e forse questo è proprio l’obiettivo di “Rambo”. Prima della partita con la Romania ci sono stati giorni tesi, segnati a confronti a viso aperto. Ma il risultato è arrivato. Montella, invece, deve gestire una squadra piena di talenti grezzi, di giocatori da tenere sotto controllo e un ambiente elettrico. Quando ha toccato (in allenamento) Guler è diventato un brocco, ora è di nuovo un capo popolo, ma non può nemmeno esserlo troppo perché ora che la partecipazione all’Europeo diventa prestigiosa arriva Erdogan, per prendere posto in tribuna e attirare i riflettori. Erdogan, tra l’altro, arriva anche al centro di un caso diplomatico: lo ha scatenato Demiral, esultando e facendo richiamare l’ambasciatore turco dai tedeschi, oltre a beccarsi due giornate di sospensione. Per dire come arrivano le due, così nervose da poter fare di tutto, anche una partita bellissima.

 

Bellingham avrà cambiato l’Inghilterra?

A proposito di caos: vogliamo parlare dell’Inghilterra? Una squadra sotto processo dal primo giorno, un allenatore che praticamente nessuno vuole, il cammino che continua e un campione che potrebbe aver risvegliato tutti, però. Ecco, ci sono delle cose che in un torneo relativamente breve possono trasformare una squadra: Bellingham, con la sua rovesciata, ha portato l’Inghilterra giù dall’aereo e per tutti i giorni che sono passati dalla vittoria ai supplementari contro la Slovacchia alla partita con la Svizzera il binario almeno è stato doppio. Si è parlato di Southgate, le sue incertezze, il modulo che forse cambia e forse no, qualche giocatore da spostare o forse no, una formazione da cambiare o forse no e un’altra lunga serie di domande, con la stessa molto grande di sottofondo. Ovvero: l’Inghilterra può farcela? Chi adesso risponde sì tiene conto del secondo binario della discussione di questi giorni: ovvero, non è discutibile la presenza di talento nella Nazionale, ce n’è così tanto che in panchina deve finire qualcuno che sarebbe titolare in qualunque altra squadra, ma se mancava la scintilla magari è questa, quel gol, quel capolavoro. Contro la Svizzera si potrà capire.

 

Le nazionali che nascono altrove

Dieci giocatori dell’Olanda provengono da territori d’oltremare, altri sei sono figli o nipoti di immigrati africani. Le famiglie di Virgil van Dijk e Xavi Simons provengono dal Suriname, gli antenati di Frimpong e Depay sono originari del Ghana. Dumfries è olandese con madre del Suriname e padre di Aruba, delle Antille olandesi, mentre Geertruida, terzino del Feyenoord, viene da Curaçao, una delle isole caraibiche che fanno ancora parte del regno dei Paesi Bassi. E ancora Aké è figlio di un ivoriano, Zirkzee è di madre nigeriana, e Brobbey ha antenati in Ghana. L’elenco è lungo, perché il 61,5 per cento dei convocati olandesi arriva dai dintorni, anche da un altrove più lontano. E la Turchia ha otto calciatori della rosa che non sono nati lì, ma hanno doppia nazionalità, parenti, sono quelli che una volta si chiamavano oriundi e ora sono la normalità: cinque sono nati in Germania, due proprio nei Paesi Bassi, un altro in Austria. E se l’Inghilterra è praticamente autoctona, a parte Guéhi nato in Costa d’Avorio (ma ha così tanti giocatori di valore da non porsi il problema di dove trovarne di buoni, avendo già quello di doverne lasciare alcuni a casa), nella Svizzera quasi tutti i migliori vengono da un altro posto: Shaqiri dal Kosovo, Embolo dal Camerun (come Mvogo). E c’è, anche, ciò che rende la partita con l’Inghilterra un derby privato per Kwadwo Duah, nato a Londra e trasferitosi con i genitori, a loro volta nati in Ghana, in Svizzera a due anni. È una storia che ora incrocia le squadre, ma durante il torneo poteva essere raccontata 82 volte, quanti sono i calciatori che vestono la maglia di una nazionale, ma nati altrove. Qui i confini sono la maglia che si indossa.

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