Il foglio sportivo
Qualche idea per salvare l'Italia del pallone
La figuraccia europea della Nazionale è ancora fresca. Il tiro a Gravina è diventato lo sport nazionale, occhio al “lotitismo”
Giovanni Malagò sperava di essere su Scherzi a parte, come ha raccontato al Corriere della Sera. Il ministro Andrea Abodi ha trovato umilianti gli Europei, come ha detto al direttore di questo giornale l’altro giorno. Gigi Buffon, invece, ha tirato fuori il petto e ha deciso di andare avanti a vestire la maglia Azzurra. Non se l’è sentita di mettere un frigorifero al posto del cuore e di voltarsi dall’altra parte nel momento del bisogno della maglia che ha più amato in vita sua. Grazie Gigi, non sarebbe stato bello scappare. Adesso potrai occuparti delle nozze con Ilaria senza sensi di colpa.
Quelli continueranno ad averli gli altri. Chi, per esempio, non ha messo in scena esattamente la conferenza stampa più riuscita del pianeta una settimana fa in Germania. Chi lo conosce bene assicura che se dovesse decidere oggi, Gabriele Gravina, farebbe un passo indietro. È deluso anche da quel ct che l’estate scorsa gli aveva procurato soltanto applausi quando lo ingaggiò dopo il tiro mancino. Sono poche le voci che si alzarono contro la decisione di affidare l’Italia campione d’Europa a Spalletti. Adesso tutti hanno dei dubbi sulle capacità da commissario tecnico dell’incantatore di Certaldo. Questa è un po’ una moda italiana, salire e scendere dal carro con velocità degne di una Ducati (una volta avremmo detto di una Ferrari). Certo, lui ha fatto di suo, per far venire dei dubbi anche ai suoi sostenitori più accaniti, ma questo è un altro discorso. A settembre si riparte, sperando di farlo con un’idea che non cambi ad ogni partita.
Poi arriveranno le elezioni anticipate. Gravina come Macron ha giocato d’anticipo cercando di spiazzare chi voleva portare avanti l’emendamento proposto dal senatore Mulè. D’altra parte il presidente Gravina ha espressamente parlato di “lotitismo” proprio sul palco del Foglio Sportivo ad aprile, quando ancora sognava un’estate azzurra. Che il presidente della Lazio, senatore di Forza Italia, voglia mettere le mani sul pallone lo sanno anche i muri dei palazzi che contano a Roma. Come è chiaro che ci sia qualcuno che gli dia più retta di altri, come chi magari a lui non chiede di pagare penali per liberare un allenatore che ad altri era stato offerto a ben altre condizioni. Ma queste sono cose piccole rispetto a quelle che ha in mente il grande manovratore. Oggi lo sport (non olimpico) più praticato è il tiro al Gravina. Tutti sparano finché non si accorgono che l’alternativa sarebbe Giancarlo Abete, oggi numero uno dei dilettanti. Lui dopo il flop brasiliano si dimise. Oggi c’è chi giura di avergli sentito dire: “Sono la miglior assicurazione per Gravina. Pensando che possa tornare io, si tengono lui”. Come andrà a finire lo scopriremo il 4 novembre. È il giorno dell’Unità Nazionale. Ma il nostro calcio riuscirà mai a essere unito?
È quello che si augura il ministro Abodi come ha detto l’altro giorno a il Foglio: “Il calcio italiano, in tutti i suoi aspetti sportivi, sociali ed economici non vale meno di quello spagnolo. Diamoci dunque quest’obiettivo. Proviamo a imparare da chi fa meglio di noi, facciamo tesoro delle sconfitte, coltiviamo la cultura della collaborazione, poniamoci l’obiettivo di creare valore e superiamo sterili personalismi. Diamo un senso alla brutta pagina che si è consumata a Berlino”. Coltiviamo la cultura della collaborazione è la frase chiave. Gravina che collabora con Casini. La Federazione che collabora con la Lega Serie A che sogna invece di fare tutto da sola seguendo il modello Premier. La sensazione è che se non nasceranno un Sinner, un Berrettini, un Tamberi o un Jacobs tra due anni saremo ancora qui a chiedere a cinque esperti la loro ricetta per uscire dalla crisi.
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