nuovi arrivi
Il primo giorno di Paulo Fonseca, al Milan con il parafulmine del Milan
"Voglio una squadra con un'identità forte. Vogliamo vincere", ha detto il portoghese nella conferenza stampa di presentazione. Gli sguardi di intesa con Ibra sul prossimo numero 9, che però resta un'incognita
Paulo Fonseca si è presentato con il parafulmine. Il suo debutto a Casa Milan lo fa con la spilla dell’Ucraina all’occhiello e Zlatan Ibrahimovic al suo fianco. Con una squadra ancora da costruire, ma non da ricostruire come stanno facendo Juve e Napoli, il Milan mette il suo uomo più rappresentativo accanto al nuovo allenatore che non è certo stato accolto con entusiasmo dai tifosi anche se fuori, poi, c’era solo un mono contestatore con un mini cartello rivolto a Cardinale. Se ti presenti con Ibra di fianco di sicuro ti guadagni il rispetto. Il resto dovrà prenderselo sul campo.
Non ha molto tempo perché già a fine settembre c’è un derby che lo aspetta e i derby sono stati come un gelato al veleno per chi lo ha preceduto in panchina collezionando sei sconfitte di fila. “Vedrete le mie idee già nella prima partita con il Torino, ma non so se saremo perfetti per il derby”, dice. Non prende tempo, ma comincia a chiederne un po’. Una squadra non si costruisce con la bacchetta magica. “Dio non ha creato il mondo in un giorno, ma ne ha avuto bisogno di sette. Noi siamo al primo giorno”, aggiunge Ibra, il soccorritore. Non si capisce bene se stesse parlando di se stesso o di chi sta davvero lassù.
Paulo Fonseca ha 51 anni e una vita da allenatore che lo ha portato a lavorare in 8 campionati, Italia compresa, frequentata dal 2019 al 2021 alla Roma. Non era il nome che volevano i tifosi, l’uomo che potesse riaprire il cassetto dei sogni. Lui lo sa bene perché l’italiano lo parla e lo legge. Ma se ti sceglie Ibra sai di avere le spalle grosse. Davanti a lui ci sono le leggende rimaste, Franco Baresi e Daniele Massaro e gli uomini della società Giorgio Furlani, Geoffrey Moncada, con il presidente Scaroni che fa la più classica delle toccate e fuga. “Sono in un club che vuole vincere. Sono stato al museo, ho l’ambizione di far parte della storia. Zlatan mi ha fatto vedere che c’è spazio per nuovi trofei. Sono pronto per iniziare la nuova strada. Agli scettici dico che ho voglia di vincere, li farò ricredere con una squadra ambiziosa. Sono certo che alla fine i tifosi staranno con noi”. Difficile potesse dire altro. Quello che incuriosisce di più è il gioco di sguardi con Ibra e Furlani quando si parla del numero 9 che ancora non c’è. “Abbiamo chiaro in testa chi sia mister X e arriverà presto”. Gli sguardi si trovano allineati sulla tempistica. Non c’è fretta, ma tutti sanno che bisogna darsi una mossa perché poi dopo aver comprato, bisognerà vendere ( “Per i nuovi innesti bisogna creare spazi, il mercato non è solo comprare come nel calcio americano dove ci sono 40-50 giocatori”, spiega il parafulmine). Il nome caldo è quello di Alvaro Morata, ma la cosa buffa è che il suo destino sia in mano alla signora, la veneziana Alice Campello che però sta tanto bene a Madrid.
Incuriosisce l’idea di calcio del nuovo tecnico portoghese. A proposito l'ultimo straniero a vincere lo scudetto in Italia era stato nel 2010 un altro portoghese, seduto dall’altra parte della città. “Io e Mourinho siamo diversi, ma certo è stimolante pensare che l’ultimo sia stato lui. Il club ha una storia di calcio offensivo, dobbiamo essere una squadra aggressiva, dominante. Voglio una squadra coraggiosa e offensiva, reattiva che difenda lontano dalla porta. La qualità del gioco per me è importante. Voglio una squadra con identità forte”. Una squadra che alzi il baricentro, aiutando così anche la difesa. “L’anno scorso la squadra ha subito molti gol, ma non era un problema dei singoli, ma di sistema, di organizzazione. Non sono un tecnico da marcatura a uomo in tutto il campo. Per questo sono contento di poter cominciare subito a lavorare sulla difesa che, Theo a parte, è già tutta qui”. Fonseca è freddo solo sul nome di Florenzi che aveva avuto a Roma e con il quale non si era lasciato esattamente bene. Una ferita che sembra ancora aperta. E questa volta Ibra non para il fulmine.
Parlare di scudetto non è vietato. “Sono qui perché credo nei giocatori che abbiamo e nella rosa. Abbiamo bisogno di nuovi calciatori, ma non molti perché abbiamo già qualità. Dobbiamo però migliorare la squadra. Voglio lottare in ogni partita per vincere e con l’Inter non sarà diverso. È la squadra più forte, ma dobbiamo giocare con coraggio anche con loro. La seconda stella è una motivazione. Gerry Cardinale mi ha detto una frase che mi è piaciuta cioè che il Milan vuole vincere non solo oggi, ma anche domani”. I tifosi comincerebbero volentieri da subito. Intanto non si sono presentati a Milanello per il primo allenamento. “Ma anche questo è amore”, assicura Ibra. Fulmine respinto