Mbappé - foto via Getty Images

Tra sport e storia

Mbappé, le elezioni e il riscatto francese dal passato di Vichy

Francesco Caremani

Il capitano della nazionale francese è il primo che dopo la Seconda guerra mondiale ha preso posizione durante le elezioni legislative, esortando a votare per fermare l'estrema destra. Una storia che richiama quella antitetica di altri due capitani della nazionale transalpina del passato: Villaplane e Mattler. Uno dalla parte sbagliata della storia, l'altro da quella giusta

Kylian Mbappé, a memoria, è il primo capitano, nero, della Francia che dopo la Seconda guerra mondiale ha preso apertamente posizione durante le elezioni legislative, richiamando i propri connazionali a votare per fermare l’estrema destra; quella che da una parte rivendica l’eredità di Vichy e dall’altra nega la partecipazione di quella parte di Paese ai crimini nazisti. E legata ai quei tempi, bui e catartici insieme, è la storia antitetica di due capitani della nazionale transalpina che, con le loro gesta, hanno lasciato un segno nella storia, chi esecrabile, chi di speranza.
 

Alexandre Villaplane, francese d’oltremare, era nato ad Algeri ed è stato il primo giocatore nato in Nord Africa a indossare la fascia di capitano della nazionale di calcio. Centrocampista, ha vestito, tra le altre, le maglie di RC France, conosciuto pure come Racing Club di Parigi, Nizza e quella della Francia, dal 1926 al 1930. Smise di giocare nel 1935, quando militava nell’Hispano-Bastidienne, a causa di uno scandalo riguardo delle corse di cavalli. Criminale incallito entrerà e uscirà dal carcere fino all’invasione nazista.
 

Reclutato dalla Legione nordafricana, chiamata anche Brigata nordafricana o Falange nordafricana, unità collaborazionista paramilitare francese che operò per conto della Germania nazista durante la Seconda guerra mondiale, per la sua ferocia fu soprannominato ‘SS Maometto’, vantandosi di incendi, omicidi, torture e stragi, come quella a Mussidan (Dordogna), dove furono uccisi undici giovani tra i 17 e i 27 anni. Sfruttò la sua fama di calciatore, uno dei più importanti degli anni Venti, per carpire la fiducia di intere famiglie ebree, alle quali in cambio di soldi, gioielli e dipinti, prometteva di portarle fuori dalla Francia, consegnandole invece alla Gestapo. Cercò di rifarsi una ‘verginità’ dopo la liberazione di Parigi da parte degli Alleati, ma l’1 dicembre del ’44 fu processato e giustiziato, insieme ai suoi scagnozzi, per alto tradimento e collaborazionismo.
 

Come in un passaggio di testimone, soprattutto in nazionale, si staglia, invece, la figura di Étienne Mattler, difensore, vincitore di due campionati francesi, una Coppa di Francia e una Coppa Peugeot con i gialloblù del Sochaux e capitano della Francia, con la quale ha giocato tre Mondiali consecutivi, dal 1930 al 1938, e insieme con Villaplane le partite del primo torneo iridato contro Argentina, Cile e Messico. Il 4 dicembre del ’38 giocò a Napoli un’amichevole contro l’Italia (1-0, gol di Biavati), dove i francesi furono pesantemente insultati in campo e fuori, con Bruno Mussolini, figlio del Duce che lasciò lo stadio gridando: “Sono spazzatura”. In un bar con alcuni compagni di squadra stessa solfa, così Mattler iniziò a cantare, gridando, la Marsigliese, zittando gli italiani e uscendo a testa alta.
 

Artigliere del 4° reggimento d’artiglieria della divisione degli Assi, partecipò alla Resistenza. Catturato il 3 febbraio del ’44, torturato, riuscì a scappare in Svizzera dentro una macchina piena di erba. Qui fu detenuto nel campo di profughi di guerra del Canton Vallese, dove ritrovò altri calciatori come Courtois, Lehman e Heisserer, quest’ultimo in campo nella sfida contro l’Italia. Partecipò all’invasione della Germania, durante la quale fu ferito, e nel dopoguerra fu insignito dell’Ordine dell’Impero Britannico e della Legion d’onore francese. È morto il 23 marzo del 1986 a Belfort, dove era nato il 24 dicembre del 1905 e che aveva contribuito a liberare dal gioco nazista.
 

Alexandre Villaplane è una figura che il calcio francese ha cercato, inutilmente, di dimenticare, così come la Francia ha cercato di fare con molte altre, indicibili, cose di quel periodo storico. Étienne Mattler, invece, vive ancora nel ricordo di chi lo ha conosciuto, in particolare delle figlie, che hanno spesso ripercorso i luoghi di una vita sportiva, come Villefranche-sur Mer, da dove partì la spedizione francese per il Mondiale in Uruguay, militare e civile. Dalla parte giusta della storia.