Foto RedBull

L'uomo che ha camminato sullo Stretto di Messina

Pierfrancesco Catucci

L'estone Jaan Roose ha passeggiato su di una slackline, una fettuccia di materiale sintetico, per 2 ore, 56 minuti e 31 secondi. Un'impresa che si è interrotta a cento metri scarsi dal traguardo

Un passo dopo l’altro, con le braccia che per 2 ore, 56 minuti e 31 secondi si muovevano alla ricerca di un difficilissimo equilibrio. Nonostante la caduta a cento metri scarsi dal traguardo, a tre minuti e mezzo dall’arrivo, d’ora in poi Jaan Roose sarà ricordato come il primo uomo ad aver camminato (sì, camminato) sullo stretto di Messina. Dalla Calabria alla Sicilia, sospeso a 260 metri sopra il livello del mare su una slackline, una fettuccia di materiale sintetico di appena due centimetri, 19 millimetri per essere pignoli. Il Red Bull Messina Crossing è storia e il 32 enne super atleta estone ha messo la firma su un’impresa senza precedenti: camminare per 3,64 km su una slackline sullo stretto, anche se formalmente l’incertezza a pochi metri dall’arrivo non gli permetterà di intestarsi il nuovo record del mondo che avrebbe mandato in archivio il precedente di 2,7 km realizzato in Francia nel 2022 (perché sia formalmente valido, bisogna chiudere il percorso senza cadere). 

 

Ci è voluto qualche giorno per trovare il giusto compromesso di vento e sole, i suoi due principali avversari. Alla fine, la decisione: si parte mercoledì 10 luglio alle 8.30. E così è stato, in un adrenalinico percorso di avvicinamento che ha visto Roose salire gli oltre mille scalini per arrivare in cima al pilone calabrese a cui era ancorata la slackline, assicurare personalmente la corda di sicurezza che (come è accaduto nel finale) gli avrebbe impedito di precipitare nel vuoto in caso di caduta e, dopo qualche piccolo test, partire con le cuffiette nelle orecchie e una playlist musicale di oltre tre ore tra cui anche alcuni brani di Giolì & Assia, due dj siciliani i cui suoni sono arrivati anche in Estonia. Passo dopo passo, a ritmo deciso con qualche momento di preoccupazione quando c’era da superare i punti critici di connessione, quelli in cui le diverse porzioni della slackline erano ancorate l’una all’altra, Roose ha percorso tutti i 3,6 km. Mai lo sguardo rivolto verso il basso, sempre alto, in una sorta di trance agonistica, a fissare il pilone che man mano si avvicinava al ritmo di circa un chilometro ogni 50 minuti. 

 

“Sono felicissimo – racconta dopo l’arrivo in Sicilia – perché sono consapevole di aver realizzato qualcosa di straordinario: letteralmente camminare sullo stretto di Messina. È stata una lunga ‘passeggiata’, ci sono stati momenti difficili soprattutto a causa del vento, ma sono orgoglioso di essere riuscito a portarla a termine, nonostante sentissi dolori in ogni parte del corpo”. Un’impresa complicata, in cui ha dovuto sfidare il sole battente dalle 8.45 circa a quasi mezzogiorno, con una temperatura che dai 24ºC dei primi passi, ha sfiorato i 30ºC intorno alle 12, un tasso di umidità del 90% e, soprattutto, un vento che soffiava prima da Nord-Est e poi da Nord-Ovest tra i 4 e i 6 metri al secondo e che incurvava la slackline in un’inevitabile effetto vela, un minimo contrastato dalla riduzione di 6 millimetri della larghezza del nastro (solitamente è largo 2,5 centimetri). E poi le leggi della fisica, con quel percorso da affrontare prima in discesa e, da metà in poi, in salita, con la massima pendenza negli ultimi 100-200 metri, il tutto con tutti i muscoli contratti da quasi tre ore e le braccia e le spalle costantemente in tensione per accompagnare i movimenti del corpo e non perdere l’equilibrio.

   

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“Il vento non è stato tremendo – ha aggiunto una volta toccato terra – perché non spirava con la forza che temevo, il problema piuttosto era come cambiava in continuazione. In tanti anni non avevo mai affrontato una sfida del genere, il livello di difficoltà era pazzesco”. C’era anche questa consapevolezza nell’abbraccio al nutrito staff che lo accompagna in tutte le sue imprese clamorose (ha portato sulla slackline anche Madonna) e in quei momento che si è ritagliato sul pilone per restare in pace con se stesso e rivivere tutti questi giorni di attesa. Perché l’atleta ha seguito in prima persona tutto, dai primi sopralluoghi, fino al montaggio del primo cavo guida in acciaio, poi sostituito dalla slackline vera e propria. Quasi invisibile da terra, nonostante il colore giallo, se non grazie ai contrasti con qualche nuvola di passaggio, è stata la sottilissima passerella su cui Roose ha scommesso quando ha deciso di provare a sfidare il record del mondo. Non in un posto qualunque, ma nello stretto che era stata terra di passaggio di eroi e navigatori. Come loro, ha portato a compimento un’impresa “meravigliosamente difficile” per dirla con la sua stessa voce. 

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