ciclismo
Tour de France. Vince ancora Girmay. Roglic, van Aert e il rischio ciclogeologico
Il corridore eritreo ha conquistato la terza tappa a questa Grande Boucle. Lo sloveno è caduto e ha perso 2'27", il belga ha rischiato il patatrac in volata
Secondo Géorisques – il progetto del Ministero della Transizione ecologica e della Coesione Territoriale e l'Istituto pubblico delle scienze della Terra che monitora il rischio idrogeologico nel territorio francese –, la zona di Villeneuve-sur-Lot non è per niente tranquilla. È esposta al rischio di ondate di caldo e di freddo, al rischio di tempeste e frane, di alluvioni e di movimenti terrestri che possono causa il collasso di alcune parti del territorio.
Chissà se è per questo che ogni volta che il Tour de France arrivava dalle parti di Villeneuve-sur-Lot il gruppo si prende una giornata di semiriposo e lascia andare la fuga. Sono passati ventiquattro anni dall’ultima volta e ventiquattro anni sono tanti, abbastanza da dimenticarsi di quello che è stato e di ciò che si è imparato.
Géorisques ha anche uno dei migliori algoritmi d’analisi del territorio in Europa. Non può prevedere alcunché, però indica bene le zone di rischio e anche grazie a Géorisques lo stato francese è riuscito a intervenire in modo appropriato. Servirebbe un Géorisques anche per il calcolo del rischio ciclogeologico. Soprattutto servirebbe a Primoz Roglic. Caduto ieri, finito giù anche oggi.
Verso Villeneuve-sur-Lot, verso quelle zone a rischio idrogeologico alto, Primoz Roglic è caduto, ha picchiato l’asfalto con la spalla, si è alzato malconcio, ha pedalato dieci chilometri “con dolore”, ha farfugliato dopo l’arrivo, ha perso due minuti e ventisette secondi, che sommati agli altri persi per strada da Firenze a oggi fanno quattro minuti e quarantadue.
Si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, Primoz Roglic. Alexey Lutsenko gli è caduto davanti e lui non l’ha potuto evitare. Capita spesso allo sloveno di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato.
Chissà se Primoz Roglic ha pensato che sarebbe potuta andare diversamente se solo il gruppo avesse lasciato che Villeneuve-sur-Lot fosse solo e soltanto un arrivo buono per fughe. Non è andata così.
Il gruppo non ha lasciato spazio alla fuga. Anche perché di gente come Jonas Abrahamsen, Valentin Madouas, Quentin Pacher e Anthony Turgis è meglio non avere fiducia, tutti pedalatori di ottimo fondo e poco inclini al darsi per vinti. L’Alpecin-Deceuninck e la Movistar si sono messe di impegno per tenere a tiro gli avanguardisti, convinti che i loro velocisti avessero buone possibilità per ben figurare. D’altra parte Jasper Philipsen aveva vinto l’ultima volata disputata e Fernando Gaviria aveva dato incoraggianti segnali di ritorno ai vecchi fasti. Buone idee, ma non suffragate dagli eventi. Anche perché in gruppo c’è Biniam Girmay e l’eritreo a questo Tour de France sembra incapace di sbagliare. Nell’ennesima volata confusa e sgomitante, lui ha trovato l’unica via retta e libera per arrivare sotto il traguardo. E la linea d’arrivo l’ha superata ancora una volta, la terza, prima degli altri.
È andata bene a Biniam Girmay e in fondo è andata bene pure a Wout van Aert, secondo, ma con un bel sospiro di sollievo dopo aver rischiato il patatrac sulle barriere per non aver trovato lo spazio che sperava di trovare. Pure il belga è corridore da rischio ciclogeologico elevato. Questa volta però gli è andata bene, abbastanza bene. Meglio un secondo posto, l’ennesimo, che finire sull’asfalto in volata.
Il Foglio sportivo - In corpore sano