il pastone tedesco
Il supercomputer Opta dice che l'Europeo lo vincerà la Spagna
Per l'algoritmo gli spagnoli hanno il 60,38 per cento di possibilità di vincere la finale. Quel che è certo è che se la squadra di De la Fuente vincesse stabilirebbe diversi record
Il punto. Un giorno in meno verso la finale, le feste sono finite e la concentrazione è massima. Il supercomputer Opta ha masticato gli ultimi dati: ora dice che la Spagna ha il 60,38 per cento di possibilità di vincere la finale, l’Inghilterra il 39,62. All’inizio, quando c’erano tutte le ventiquattro squadre, l’Inghilterra aveva il 19,9 per cento, la Spagna il 9,6. Poi il supercomputer ha visto anche le partite.
Il pastone, nel linguaggio giornalistico, è – dice la Treccani – un “servizio che riporta i fatti politici del giorno insieme con dichiarazioni e informazioni”. Per ogni giorno dell’Europeo di Germania, dall’esordio fino alla finale, qui ci saranno i fatti del giorno. Quelli seri e quelli no. Quelli del campo, quelli degli spalti, quello che c’è intorno. Questo, insomma, è il Pastone Tedesco.
La Brexit quando conviene, i Killers, il poliziotto
Nel 2020 l’Inghilterra ha salutato l’Unione europea, con quella che è stata definita Brexit, ora forse più un rimpianto che una scelta. Quattro anni dopo l’Inghilterra prova per la seconda volta a prendersi l’Europa del calcio, che a pensarci è esattamente l’atteggiamento inglese. Vogliono portarsi il pallone, dicono che è loro. Però un po’ lo è, se si pensa come vivono le partite della Nazionale, il prima, il durante, il dopo (ci sono anche gli eccessi, ma il pacchetto è unico). Mercoledì, mentre si giocava la partita, a Londra c’era il concerto dei Killers e anche il rock deve fermarsi quando si combatte per qualcosa di così importante. Ed ecco che gli ultimi minuti della partita vanno su uno schermo gigante, con il concerto muto e la gente concentrata sul conto alla rovescia: aveva segnato Watkins, mancava poco, bisognava difendere il vantaggio e quelli sono i momenti in cui sembra che stia partecipando anche tu, agiti le gambe, digrigni i denti. Moltiplicate questo gesto per tutti quelli che erano al concerto, immaginate il rumore della tensione collettiva e, poi, la liberazione al fischio finale. Grida, esultanza, coriandoli sparati in cielo: tutto studiato, tutto bellissimo. E, poi, senza soluzione di continuità, la band inizia a suonare Mr Brightside, che parla di tutt’altro, ma a un certo punto dice “destiny is calling me”, il destino mi sta chiamando. E forse è così. Chissà invece che destino pensava di avere il poliziotto tedesco che, prima della semifinale, si è visto accerchiato dai tifosi inglesi. Poi lo ha capito: somigliava in modo impressionante a Gareth Southgate e gli inglesi, tutt’altro che hooligans, si sono avvicinati per vedere come fosse possibile, quasi per capire se fosse davvero un poliziotto o il loro allenatore. E, quindi, hanno cominciato a giocare, scattando foto con gli smartphone e cantando cori come se avessero di fronte Southgate. Il poliziotto è rimasto fermo a sorridere. Non ci credeva nemmeno lui.
I record della Spagna
Il viaggio della Spagna è iniziato a Berlino e finirà a Berlino. Come finirà ora non lo sa nessuno, ma che finora sia andata bene è chiaro. Se non lo è, perché la qualità messa in campo e la malleabilità tattica e mentale di una squadra che ha dominato sempre, partendo senza fanfare, non basta, allora ecco che ci sono dei numeri dei quali anche il più distratto dovrà prendere atto. Tanto per iniziare nessuno aveva vinto sei partite su sei in un Europeo (contando anche i supplementari) ed è un percorso netto nobilitato anche dagli avversari trovati sulla strada, visto che nel girone c’erano l’Italia (non obiettate: era campione uscente) e la Croazia e poi dai quarti si sono messe in fila Germania e Francia, padroni di casa e vicecampioni del mondo. Se la Spagna vince contro l’Inghilterra senza andare ai rigori (che vuol dire segnare almeno un gol) oltre a migliorare questo record eguaglierà il record mondiale, al momento del Brasile nella Coppa del Mondo del 2002, di sette successi consecutivi e ne conquisterà un altro: al momento ha segnato tredici gol e il massimo è della Francia nel 1984, con quattordici. Poi c’è Dani Olmo, a segno da tre partite consecutive (peraltro senza mai partire titolare) e nessuno c’era mai riuscito in un Europeo. E poi, ovviamente, c’è Yamal, che domani compie diciassette anni ed è già il più giovane a giocare nel torneo e a segnare: sul gol ha battuto anche i più giovani di altre manifestazioni importanti. Uno di questi era Pelé.
Non vi aspettate la finale terzo e quarto posto
Se siete nostalgici della finale per il terzo e quarto posto, sappiate che non è questo il torneo in cui potete aspettarvela: Olanda e Francia sono a casa, i calciatori in vacanza (tranne che per impegni che non c’entrano con le nazionali, come Mbappé che martedì si presenta ai tifosi del Real), quella che viene chiamata finalina non c’è. E già il nomignolo, finalina, parlava di una cosa piccola, insignificante, di un gioco per perdenti. Perdenti nobili, ma sempre squadre sconfitte. La Coppa del Mondo, la Coppa d’Africa e la Coppa America la prevedono, ma l’Europeo no, e qui c’è l’Uefa che ogni tanto ne indovina una. L’ultima volta che si è giocato per decidere chi si sarebbe piazzato sul podio è stato il 1980, nell’Europeo che si giocò in Italia. E in campo ci andò proprio l’Italia, contro l’allora Cecoslovacchia, e perse ai rigori. Quello decisivo, il nono, lo sbagliò Collovati. Erano gli anni in cui l’Europeo coinvolgeva otto squadre, due gironi da quattro: la prima del girone in finale, la seconda alla finalina. Ma proprio la sfida minore non destò alcun interesse: poca gente allo stadio, poca davanti alla tv. C’è qualcuno che freme davvero per un posto di consolazione? C’è qualche tifoso che dice “no, guarda: oggi non posso venire perché c’è la finale per il terzo e quarto posto”? Per questo l’Uefa ha detto basta nel 1980. Via la medaglia di bronzo, inutile in un torneo del genere; assegnata solo nel 2008 e nel 2012 alle perdenti delle semifinali, entrambe, abolita del tutto dal 2016. Quindi domani non avete impegni.
Niente Italia. Nemmeno “un po’”
Il filone “un po’ di Italia” si è esaurito prima della fine dell’Europeo. Quella strana convinzione secondo cui se in campo c’è la Slovacchia, ma con un interista o un milanista o uno juventino o chessò, la partita ha interesse per un italiano, altrimenti no, non l’ho mai compresa e forse racconta meglio di qualunque altro editoriale una sorta di provincialismo in cui è racchiuso un mondo. Chissà ora cosa racconteranno: perché in finale non ci sarà nessun giocatore della nostra Serie A. Non nelle formazioni titolari, ma proprio nei convocati. Forse la consolazione può essere che qualcuno ci arriverà quest’anno. Magari il Milan prende Morata e vedremo titoli tipo “allora c’era un po’ di Italia nella finale” (così teniamo insieme due ossessioni: il calciomercato e la centralità del paese). Però al momento non c’è nessuno. E dire che, anticipando i titoli che poi effettivamente ci sono stati (ad esempio, sui “derby” se per caso da un parte c’era un milanista e dall’altra un interista), i conti li avevo fatti: la Serie A era seconda solo alla Premier League come partecipanti (91 contro 96), cosa che comunque spiega in maniera abbastanza chiara che abbiamo un cospicuo numero di stranieri (legittimo, mai ne invocherà meno: non è quella la ricetta) ma non tutti di altissimo profilo. Se siete amanti delle statistiche una cosa del genere non accadeva dall’Europeo del 2008, nella finale tra Spagna e Germania. E no, non sto parlando solo dell’Europeo, ma anche dei Mondiali giocati nel frattempo. Il titolo su “un po’ di Italia” era salvo. Ora nemmeno più quello.