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Il Foglio sportivo

Quando a fare il pilota era Enzo Ferrari. Cent'anni fa la Coppa Acerbo

Umberto Zapelloni

Parabola biografica del fondatore dell'omonima casa automobilistica. Da pilota a dirigente, e imprenditore, la Scuderia sotto di lui ottennte 9 campionati del mondo piloti e 8 campionati del mondo costruttor

Prima della Ferrari, c’era stato il pilota Enzo Ferrari. Bravo, ma fortunatamente non bravissimo. “Non credo di essermi comportato tanto male come corridore”, diceva lui quando ormai era già diventato Ferrari. Il 13 luglio di cent’anni fa Enzo Ferrari vince la prima edizione Coppa Acerbo sul circuito di Pescara, l’unica manifestazione al mondo che ha nella prima riga dell’albo d’oro il nome di Enzo Ferrari e nell’ultima riga, quella del 1961, una Ferrari, la 250 Testa Rossa di Bandini e Scarlatti. Da Ferrari alla Ferrari. Non ci sono altre corse che possono vantare una storia simile.

Quella del 1924 fu l’ultima grande vittoria del Ferrari pilota, certamente la più importante di una carriera cominciata alla Parma-Poggio di Berceto del 1919 con una CNM, una vettura comprata d’occasione nell’azienda dove lavorava come collaudatore. Siamo nel 1919, la guerra è appena finita, Ferrari ha appena preso una porta in faccia dalla Fiat dove si era presentato con una lettera di presentazione del suo comandante nell’esercito. È da solo su una panchina del Parco Valentino, scosta la neve, si siede e piange con i vestiti che gli si gelavano addosso. Aveva deciso di voler diventare pilota quando era ancora un ragazzino e sulla Stampa illustrata aveva visto la fotografia di Ralp De Palma, un pugliese emigrato negli Stati Uniti, che aveva vinto la 500 miglia di Indianapolis. Un Mario Andretti di un’altra epoca con 2.577 successi in 2.889 gare. Guardando quella fotografia, il Ferrari bambino, disse al suo amichetto: “Farò il corridore” ricevendo in risposta il consenso dell’amico: “Bravo, se ci riesci deve essere proprio un bel mestiere”. La vita di Ferrari però non fu semplice. In pochi mesi perse il padre e il fratello, ritrovandosi solo con la madre che era decisamente invadente e possessiva. Dopo aver sognato di fare il giornalista e il cantante d’opera, non riuscì a resistere al richiamo dei motori in un‘Italia che era in piena ricostruzione. Cominciò a lavorare con le auto per pagarsi le auto da corsa, poi gara dopo gara e con l’aiuto dell’amico Ugo Sivocci, entrò nella squadra Alfa Romeo, quella dei quattro moschettieri. Erano lui, il suo amico Sivocci, Campari e Ascari. Leggendo i nomi degli avversari dell’epoca sembra di essere in una canzone di Lucio Dalla. Dal 1919 al 1931 Enzo Ferrari correrà 39 gare vincendone 9. Ha corso contro tutti i grandi dell’epoca, ha partecipato a gare famose come la Targa Florio, ha guidato CNM, Isotta Fraschini, Steyer, ma soprattutto Alfa Romeo tanto che una volta diventato costruttore, battendo le Alfa Romeo con la sua Ferrari disse: “Oggi ho ucciso mia madre”. 
Il 1924 è stato l’anno migliore del Ferrari pilota, ma anche l’ultimo in cui ha realmente pensato di diventare un professionista del volante, preferendo lasciare il campo all’organizzatore che c’era dentro di lui. È un anno in cui comincia ad avere dei conflitti con la moglie Laura, un anno in cui vince il chilometro lanciato a Ginevra, il Circuito del Savio e quello del Polesine, prima di arrivare a Pescara dove gli organizzatori hanno allestito qualcosa di particolare su un circuito lungo 25 chilometri che nel 1957 ospiterà anche un Gran premio del Mondiale di Formula 1 (vinto da Stirling Moss) diventando il tracciato più lungo su cui si è mai gareggiato nella massima sera. È una gara intitolata a Tito Acerbo, eroe della prima guerra mondiale, ma fratello di Giacomo ministro dell’Agricoltura di Mussolini. Il revisionismo portò a cancellare il nome di Acerbo dalla gara che si trasformò in Circuito di Pescara ospitando negli anni un po’ tutte le categorie (dai Prototipi alla Formula 1). Ferrari con un’Alfa Romeo RL conquistò la sua vittoria più bella, un successo che gli valse un’enorme coppa incastonata di lapislazzuli e malachite, un assegno di 5.000 lire e il titolo di Cavaliere della Corona d’Italia. Sulla Gazzetta dello Sport si sottolineano “le mani forti del giovane Enzo Ferrari e il suo polso”. L’Alfa Romeo lo convoca così per la trasferta di Lione, il suo primo gran premio internazionale, la gara che potrebbe lanciarlo. Ma Ferrari da Lione se ne scapperà dopo le prime prove senza più tornare indietro. Paura, convinzione di non essere all’altezza, la pressione della moglie, la depressione che lo ha colpito. Tutta una serie di fattori che gli fecero cambiare strada. Per sua e nostra fortuna.

 

Ferrari che pilota! È l’ultimo libro pubblicato da Umberto Zapelloni per raccontare Ferrari prima della Ferrari, l’uomo che prima di inventarsi costruttore, aveva inseguito il sogno di diventare pilota confrontandosi contro i più grandi dell’epoca, da Antonio Ascari a Giuseppe Campari e Achille Varzi fino a Tazio Nuvolari. In questo libro si ripercorre la vita di Ferrari da quando ragazzino comincia a sognare di diventare pilota fino a quando capisce che è meglio lasciare il volante e costruire una macchina tutta sua. Una vita da romanzo. (Dfg Lab editore; 160 pagine; 17,90 euro)

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