ciclismo
Tour de France. Tadej Pogacar si è tolto un dubbio
Il Massiccio centrale aveva lasciato nella maglia gialla qualche piccola preoccupazione. I Pirenei hanno confermato invece che è ancora il più forte. Pogacar vince a Pla d'Adet e allunga su Vingegaard nella generale
I brividi leggeri, le piccole preoccupazioni, le incertezze microscopiche che il Massiccio centrale aveva lasciato nella testa e nelle gambe, Tadej Pogacar ha provato ha levarsele di dosso a poco più di quattro chilometri e mezzo dall’arrivo dei Pla d’Adet. Prima tappa tra i Pirenei, primo arrivo in salita non solo tra i Pirenei, del Tour de France.
Tadej Pogacar doveva levarsi di dosso il ricordo della sagoma di Jonas Vingegaard che si era ripresentata al suo fianco quando non doveva riapparire. E poi quella ruota, un quarto di ruota, che aveva preceduto la sua a Le Lioran.
Ce l’ha fatta. Ha mandato in avanscoperta il suo fidato luogotenente Adam Yates. Lo ha lasciato esplorare la testa della corsa, o quasi, perché Ben Healy era ancora davanti, avanguardista dal mattino, esploratore alla ricerca di una vittoria di tappa di gambe e coraggio: è andata male oggi, ci riproverà.
Tadej Pogacar ha aspettato, fatto di conto, valutato quale fosse il momento migliore per fare quello che doveva fare, quello che sa fare meglio di chiunque altro, almeno a questo Tour de France. Ai quattro chilometri e mezzo dall’arrivo si è levato quel piccolo dubbio che lo aveva disturbato. Con uno scatto, un altro, se lo è levato di dosso. E assieme a questo tutti gli avversari.
Jonas Vingegaard non ha nemmeno provato a seguirlo. Tre mesi a vedere gli altri correre si fanno sentire, nonostante la testa dica di non mollare, che nulla è impossibile, che quell’altro, quello di giallo vestito, l’ha già staccato e potrebbe farlo ancora. Non oggi però, chissà se a questo Tour, vedremo. Improbabile, non per questo impossibile: ci sono parecchi chilometri ancora da pedalare.
Vive meglio nella solitudine Tadej Pogacar. È nella solitudine che sorride di più. Ha detto, dopo l’arrivo, che ha prevalso l’istinto, che avrebbe voluto vincere allo sprint in un gruppo ristretto. Non gli è andata male a seguire l’istinto.
Il traguardo lo ha passato trentanove secondi davanti a Jonas Vingegaard, ora secondo in classifica generale a un minuto e cinquantasette. Un minuto e dieci davanti a Remco Evenepoel, sceso in terza posizione a due minuti e ventidue. Carlos Rodriguez ha concesso nove secondi in più del belga. Giulio Ciccone – con Santiago Buitrago e Adam Yates – un minuto e ventitré. Mica male anche il Tour de France dell’abruzzese, calmo, a modo e calcolatore come mai era stato. Ora è ottavo in classifica. E il quarto posto sta solo a tre minuti.