Lo strano effetto che fa pedalare di notte in una ferrovia che non c'è più

Giovanni Battistuzzi

Sotto le montagne della Carnia, lì dove passavano i treni che collegavano Udine a Salisburgo, a correre, ma piano, la Bike Night Alpe Adria

L’alba di Ugovizza, uno dei villaggi più antichi della Val Canale in Carnia, a un crinale alpino dall'Austria, ha salutato l’ultima tappa di una delle idee ciclistiche più assurde di sempre, quella della Bike Night che unisce la notte alla bicicletta.

Un connubio difficile, quasi impossibile, si è iniziato a credere quando la modernità ci ha fatto abituare alla comodità. Eppure alle origini del ciclismo, pedalare al buio era quasi la norma per completare le infinite tappe delle prime edizioni di Giro d’Italia e Tour de France. Ora, e per fortuna dei corridori, è tutto più facile, i chilometri da percorrere sono un centinaio, al massimo due. Va ancor meglio agli appassionati, quelli che scelgono di pedalare per divertimento. Anche di notte. Non c'è gara alla Bike Night, ogni 25 c'è un ristoro buono per rifocillarsi, riposarsi, conoscere il territorio. Tanto c'è tutta una notte per pedalare, il tempo non manca, la fretta è assente.

   

      

Prendiamo l’ultima tappa di quest’anno, quella che attraversa l’Alpe Adria, sulle tracce di una ferrovia che non esiste più. Eppure la Pontebbana è alla base dei grandi collegamenti internazionali tra Italia e Austria, e prima ancora di quelli interni del grande Impero austriaco che la costruì a metà del diciannovesimo secolo per avvicinare Vienna a Venezia. La stessa idea che ne ha portato allo smantellamento a favore di un tracciato più moderno e veloce, recuperato grazie all’idea di trasformarla nella tratta italiana della Ciclovia dell'Alpe Adria che conduce i ciclisti da Salisburgo a Grado, per un totale di 425 chilometri.

Organizzare un evento del genere per dieci anni, tanti ne sono passati dalla prima edizione a Ferrara, significa avere una grande passione per il ciclismo e tante realtà che credono in progetti come questo. Lo sa bene Simone Dovigo, fondatore e presidente di Witoor, che ha portato questo concetto della pedalata notturna da Londra, dove viveva, all’Italia: “Portare questo concetto da noi è stata una cosa nuova e bella, siamo l’unica realtà italiana che fa eventi in bicicletta in autonomia, dalla logistica alla comunicazione, dalla produzione all’assistenza durante l’evento… quasi una piccola agenzia specializzata”.

 

         

Un progetto che è cresciuto negli anni in partecipanti e in interesse. Che è un altro modo di intendere e amare la bicicletta. Pedalare con lentezza e senza fretta, con attorno il buio e le luci dei fari e dei lampioni, come non siamo più abituati a fare anche se, ultimamente si inizia a fare sempre più spesso. Un modello che ha ha abbracciato con entusiasmo la triestina Treesport che non è un semplice negozio sportivo e nemmeno un banale marchio di attrezzatura, e in molti altri che accompagnano l’iniziativa fin dal villaggio partenza che ricorda le emozioni di quello di un grande giro, perché in fondo c'è qualcosa di strano e incredibilmente affascinante nel pedalare di notte: “Dopo 10 anni continuiamo a pensare che la bici sia sempre più di tutti, a tutte le ore", spiega Dovigo. "Con Bike Night accendiamo la passione del cicloturismo in tante persone che non avevano mai percorso 100 chilometri. E abbiamo scelto format nuovi per l’Italia, come pedalare di notte: un’esperienza magica e sorprendente che ha saputo esaltare la passione per la bici in Friuli".

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