Stefano Oppo (a sinistra) insieme a Gabriel Soares (a destra) - foto Ansa

Il Foglio sportivo

Canottaggio. Stefano Oppo e quella voglia di un'altra medaglia nata da un rifiuto

Pierfrancesco Catucci

Intervista al giovane canottiere che domani sarà nelle acque del Vaires-sur-Marne Nautical Stadium a Parigi con Gabriel Soares per la sua terza Olimpiade

Tutto comincia (o meglio, ricomincia) con un rifiuto: “Non sei convocato”. Una coltellata per un ragazzo che, un anno prima, in piena adolescenza, aveva lasciato la sua Sardegna per trasferirsi in Umbria, al Centro nazionale di canottaggio di Piediluco. “Ancora oggi mi dico che forse non meritavo quell’esclusione, ma senz’altro mi ha fatto capire ciò che volevo davvero”. Stefano Oppo è così, un ragazzo tranquillo, misurato, mai sopra le righe. Ma con un talento e una forza di volontà altrettanto preponderanti. Quando fu escluso dalla Nazionale, nel passaggio da juniores a senior nel 2011, dopo un anno di lavoro e qualche successo giovanile, si disse che bisognava fare ancora di più. Si mise a lavorare duro, fino a quando le porte azzurre non si riaprirono. E domenica 28 luglio sarà nelle acque del Vaires-sur-Marne Nautical Stadium con Gabriel Soares per la sua terza Olimpiade.
 

Olimpiade che ha imparato a conoscere in due sfumature contrastanti: la vittoria e la sconfitta. Perché siamo sempre lì: quando perdi ti monta dentro quella forza invisibile che ti spinge a lavorare di più, a curare ossessivamente anche i dettagli. “Se penso al quarto posto di Rio 2016 nel quattro senza pesi leggeri, ancora rosico un po’, anche se nessuno avrebbe scommesso su di noi alla vigilia. È stata una vittoria e una sconfitta insieme, ma quando capisci che manca poco per arrivare a quella medaglia, poi vuoi prendertela”. E così, altri quattro anni di massima dedizione alla causa (poi diventati cinque per la pandemia), per farsi trovare tirati a lucido a Tokyo. Dove, dopo il risultato a cinque cerchi in Brasile, il titolo continentale del 2020 nel doppio pesi leggeri con Pietro Ruta e la quasi costante presenza sul podio di Mondiali ed Europei, più di qualcuno una fiche su di loro l’aveva puntata. “È difficile raccontare le emozioni di quel bronzo. Io sono uno che vive le vigilie delle gare abbastanza serenamente. Quella volta no: ero parecchio agitato e per fortuna arrivò la mia famiglia a sostenermi. In finale forse avremmo potuto anche fare qualcosa in più perché non eravamo lontani dai primi due, ma a un certo punto abbiamo deciso che era meglio controllare, piuttosto che andare all’attacco e rischiare di bissare il quarto posto del 2016. È andata bene e ci siamo presi quella meravigliosa medaglia”.
 

Perché c’è sempre una decisione da prendere, una situazione a cui adattarsi. E in questo Stefano Oppo è un maestro. “Sono cresciuto a Oristano, facevamo canottaggio in mare e in condizioni spesso difficili. Non avevamo chissà cosa per allenarci e ogni giorno c’era da fare di necessità virtù. È stato molto allenante perché mi ha insegnato l’arte della resilienza, a oggi forse una delle mie caratteristiche più evidenti”. D’altronde, quando a 16 anni molli la famiglia sull’isola per andare a vivere sul “continente”, non hai alternative: “All’inizio è stato complicato. I miei genitori erano preoccupati, ma l’opportunità era grossa. Si trattava di una borsa di studio per cinque atleti che avrebbero avuto la possibilità di allenarsi a Piediluco con Agostino Abbagnale (tre ori olimpici e un cognome che significa storia del canottaggio, ndr) e frequentare la scuola a Terni”. Per quanto fosse tutto ancora un gioco da condividere con il fratello Matteo, quattro anni più grande, l’occasione era troppo grossa. Una sfida da vincere. Come quella dell’università, con un primo anno di scienze della comunicazione, prima della decisione di iscriversi a scienze politiche. “Quest’anno la preparazione olimpica ha un po’ rallentato gli studi, ma entro metà 2025 spero di riuscire a laurearmi”. Perché c’è da pensare anche al futuro: “Faccio fatica a immaginare il giorno del ritiro. Tanti ex atleti mi dicono che, dopo un po’, comincia a mancarti quello che facevi, ma è da oltre un decennio che dedico la mia vita a questo sport e ora penso a quel giorno quasi come una liberazione”.
 

Quel giorno, lontano, avrà anche una moglie al suo fianco. “Con Camilla (sorella di Jacopo Frigerio che sarà sull’otto a Parigi, ndr) abbiamo deciso di pensare alla data delle nozze dopo l’Olimpiade, ma il 2025 dovrebbe essere l’anno giusto anche per il matrimonio”. La proposta gliel’aveva fatta a gennaio a Roma. Quel giorno era sicuro che non ci sarebbe stato nessun rifiuto. Anzi.