Thomas Ceccon (LaPresse) 

Il Foglio sportivo

Ceccon guida la caccia all'oro del nuoto

Francesco Caligaris

Finora ne abbiamo vinti solo 5. Thomas è il favorito dei 100 dorso. Ma non è l’unica carta

“Baratterei due delle sei medaglie vinte a Tokyo per un oro a Parigi”, ha detto qualche mese fa, alla trasmissione Swim2U, il direttore tecnico della Nazionale italiana di nuoto Cesare Butini. E un dt che si espone così non è scontato: diventa un obiettivo, quasi una missione. “Eh… l’oro è l’oro”, ha confermato a giugno, proprio al Foglio Sportivo, Federica Pellegrini, e in questi anni lo stesso concetto è stato espresso, in altre forme e modi, anche da Thomas Ceccon e Nicolò Martinenghi. L’oro è l’oro. Cercasi oro, disperatamente.

 
L’Italia finora ne ha vinti cinque nella sua storia alle Olimpiadi, con quattro nuotatori diversi: Domenico Fioravanti (100 e 200 rana) e Massimiliano Rosolino (200 misti) a Sydney 2000, Federica Pellegrini (200 stile libero) a Pechino 2008 e Gregorio Paltrinieri (1500 stile libero) a Rio de Janeiro 2016. Per valutare lo stato di salute di un movimento contano tanti fattori, naturalmente, dalle finali raggiunte (a proposito, attenzione al dato: il record è 19, realizzato proprio a Tokyo) al numero totale di medaglie, ma poi ciò che rimane nella mente dei tifosi a distanza di anni, di decenni, è sempre l’oro. Alzi la mano chi si ricorda tutti i nomi di chi è salito sul podio tre anni fa. Alzi la mano, invece, chi sa esattamente dov’era e cosa stava facendo la notte in cui Gregorio Paltrinieri conquistava i 1500 stile libero a Rio.


Senza troppi giri di parole, il principale indiziato per provare a vincere l’oro a Parigi è proprio Thomas Ceccon nei 100 dorso. Per la matematica, innanzitutto: in questo quadriennio ridotto a triennio a causa della pandemia ha saputo nuotare più veloce di tutti, dal 2022 detiene il record del mondo di 51’’60, e se dovesse ripetersi non ce ne sarebbe realisticamente per nessuno. Perché mancano i russi, poi: Evgenij Rylov e Kliment Kolesnikov, primo e secondo a Tokyo, per non dire del 18enne prodigio Miron Lifintsev, si sono tirati fuori a causa delle azioni del loro presidente Vladimir Putin (e, nel caso di Rylov, anche del supporto diretto all’invasore). E perché lo vuole soprattutto lui. Ceccon insegue, desidera e brama quella medaglia d’oro olimpica che ad appena 23 anni lo completerebbe, lo trasformerebbe da uno dei più grandi talenti di sempre nel quinto campione olimpico della storia del nuoto italiano. Ha ripetuto spesso la parola “ossessione” negli ultimi mesi, Ceccon, e giusto o sbagliato che sia è l’avvicinamento che si è scelto lui. La finale dei 100 dorso (poi farà anche i 200) cade abbastanza presto nel calendario, lunedì sera dopo le 20.30: due giorni, e poi sapremo.

 
Altre carte da medaglia, comunque, non mancano. Considerando i tre Mondiali in vasca lunga che si sono disputati negli ultimi tre anni, compreso quello del 2024, lo scorso febbraio, il benchmark più verosimile dovrebbe essere Fukuoka 2023: sei podi di cui quattro in specialità olimpiche, senza ori. Ceccon nei 100 dorso, Nicolò Martinenghi nei 100 rana, Simona Quadarella nei 1500 stile libero e la staffetta maschile 4x100 stile libero. Più arduo fare il confronto con Budapest 2022 (cinque ori, ma erano Mondiali post olimpici) e con Doha 2024 (12 medaglie, ma con moltissimi assenti tra tutti i paesi). Martinenghi, Quadarella e la staffetta veloce negli ultimi grandi eventi sono sempre stati sinonimi di solidità, e dietro a favoriti che paiono inarrivabili (Qin Haiyang e Adam Peaty nella rana, Katie Ledecky nel mezzofondo, Stati Uniti e Australia nella 4x100) possono dire la loro come del resto tre anni fa a Tokyo. Più complicato invece, questa volta, il compito della staffetta 4x100 mista maschile che difende il bronzo giapponese: nella frazione a delfino dovrebbe esserci Alberto Razzetti, ma nel frattempo è comparsa la concorrenza di Cina, Francia e Australia. In programma l’ultimo giorno, domenica prossima, tanto dipenderà anche dalle energie rimaste.


E poi attenzione ai possibili colpi di scena che rispondono ai nomi di Benedetta Pilato e Gregorio Paltrinieri. A differenza di chi si trova a gareggiare in specialità (all’apparenza) chiuse, i 100 rana femminili e i 1500 stile libero maschili cercano un padrone, che sia un favorito o un outsider, una notte e forse mai più. E allora perché porre limiti ai margini di miglioramento della 19enne tarantina, che nonostante la precocità si allena come una nuotatrice professionista soltanto da questa stagione e a giugno, al Trofeo Settecolli, in pieno carico, ha realizzato il nuovo record italiano di 1’05’’44? Perché non sognare una last dance del capitano, appassionato di Nba, che ha calibrato a tavolino l’altura a Livigno e lo scarico a Parigi per arrivare al picco di forma proprio nelle 30 vasche, prima della tonnara della 10 chilometri in acque libere (ma inquinate?) della Senna?


Secondo le classifiche dei migliori tempi stagionali, l’Italia dovrebbe conquistare tre medaglie, senza ori. Gracenote, società americana di analisi, ci accredita invece di sette podi, con Thomas Ceccon campione dei 100 dorso. Ma sono tutti scenari e previsioni che lasciano il tempo che trovano: come dice Alberto Razzetti, possibile sorpresa dei 400 misti (e in gara anche nei 200 misti e nei 200 delfino), “alla fine poi è quando si gareggia a Parigi quello che conta. Non è detto che uno che ha fatto un tempo incredibile in stagione lo rifaccia là, così come non è detto il contrario, ciò che uno che ha fatto un tempo magari non ottimale ma si è comunque qualificato poi là non faccia una grande prestazione”. È il bello delle Olimpiadi, soprattutto nel nuoto. Da sempre.