Il Foglio sportivo
Favaretto, la “bambina” del fioretto: ”Le grandi campionesse sono la nostra ispirazione”
La scherma unisce le generazioni. Soprattutto a Parigi 2024, dove la 22enne veneta sarà la più giovane azzurra a salire in pedana: “Obiettivo? Essere un esempio per gli atleti di domani”
Archiviata Tokyo, nel mirino Parigi. Fino all’ultimo assalto. La riscossa olimpica della scherma italiana è alla prova del nove. E passa anche dalle nuove generazioni. “Eppure quando saliamo in pedana le differenze d’età si annullano”, aveva raccontato Martina Favaretto alla Festa dell’Innovazione del Foglio a Venezia. Ha appena 22 anni, già due ori mondiali e uno europeo nel fioretto a squadre. Manca solo la gioia a cinque cerchi. “Da piccola mi ero avvicinata a questa disciplina proprio guardando le Olimpiadi in tv”, racconta la schermitrice. “Pechino 2008. Avevo 7 anni, stavano trasmettendo la finale della spada individuale maschile”. In pedana Matteo Tagliarol, veneto come Martina. “Vinse, facendomi scattare qualcosa dentro. L’età era giusta per approcciare uno sport, ne parlai con mia mamma e mio fratello: perché non provare? Da lì ho iniziato e non ho più smesso”.
Dopo la delusione giapponese di tre anni fa, la spedizione azzurra si presenterà in Francia forte del dominio nel medagliere a Milano 2023: 10 podi complessivi. Un biglietto da visita a cui Favaretto ha contribuito da protagonista. “Le Olimpiadi sono il sogno di ogni atleta”, non si nasconde lei. “Finora ho vissuto quelle giovanili, l’atmosfera del villaggio e della dimensione globale. Forse un assaggio di quel che rappresentano a livello assoluto: chissà se un giorno ci arriverò, mi chiedevo”. Quel giorno è ben cerchiato in agenda: domani, domenica 28 luglio. “Col tempo gli obiettivi sono cambiati. Man mano che i traguardi diventano così vicini si alza anche l’asticella”.
E il fioretto femminile ha tutti gli ingredienti per dire la sua, stavolta. Favaretto, talento precoce, è “il pulcino” di una squadra altrimenti esperta: Arianna Errigo ha 36 anni, Francesca Palumbo 30, Alice Volpi 32. Come ci si sente fra ragazze di un’altra generazione? “Loro sono grandi campionesse e continue fonti di ispirazione”, sorride Martina. “Erano i miei idoli fin da bambina, poter tirare di scherma insieme oggi è una forte emozione. Mi hanno aiutato a inserirmi quando all’inizio del mio ingresso in squadra ho avuto alcuni momenti di difficoltà. E poi passiamo talmente tanto tempo insieme, talmente tanti viaggi, allenamenti e tornei che questo salto anagrafico fra di noi si sente anche un po’ meno”.
Poi ci sono i maestri: nella sua società Mauro Numa, in Nazionale Giovanna Trillini e Stefano Cerioni. Tutti ori olimpici. “Grandi esempi, portatori di esperienza”, continua Favaretto. “Trasmettono quello che hanno vissuto in pedana e riescono a infonderci una sicurezza speciale. Vederli riporre così tanta fiducia in noi giovani dà tanta motivazione. Con Mauro poi lavoro da quando son piccola: mi ha vista crescere, mi conosce benissimo, sa starmi vicino nei periodi più delicati ed è stato determinante nel mio percorso”. Martina spiega tutte le insidie di una disciplina che si gioca sul decimo di secondo, “dove il 90 per cento lo fa la testa. Delle volte, quando il fisico non è in forma, la condizione mentale può risultare determinante e viceversa. Personalmente sono seguita da uno psicologo dello sport: penso sia una figura fondamentale. Mi aiuta a gestire l’ansia, che soffro molto durante le gare, e a mantenere la concentrazione sugli obiettivi. A questi livelli fa la differenza. Curare la tenuta nervosa, nella scherma, conta almeno quanto il corpo”.
E ci si cimenta con compagne di squadra che all’improvviso diventano avversarie. “È importante essere pronte a cambiare approccio: questo sport è per la maggior parte individuale”, tranne per la gara a squadre. “Quando si tira da soli ci si crea una bolla, non importa chi hai davanti, se una collega di sempre o un’atleta straniera. Quando invece si è azzurre, un quartetto, si uniscono le forze verso un traguardo comune: le energie si moltiplicano”. Come si affronta la vigilia di una gara? “Comincia a salire un po’ d’ansia. Ma cerco di non pensarci fino a qualche ora prima dell’ingresso in pedana. A quel punto inizio a concentrarmi: prima di ogni assalto svolgo i miei esercizi per calmarmi e isolarmi dalle preoccupazioni. La mia zona, dove vedo soltanto l’obiettivo”.
Parigi, è arrivata. “La scherma è uno sport che insegna a non mollare mai”, il messaggio di Favaretto. “E poi anche la disciplina, il rispetto delle regole: mi auguro che – come fu per me nel 2008 – la prossima Olimpiade sia da esempio per tanti altri bambini e bambine. Che a loro volta guarderanno noi”.
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