parigi 2024
Sirine Charaabi, dalla lotta per la cittadinanza al sogno delle Olimpiadi
Fa parte della spedizione olimpica di pugilato, una delle più attese in Francia: "Voglio godermi l'esperienza, sperando di arrivare al podio. Ius soli? Non è giusto essere agevolati solo perché atleti"
Nel 2020 il futuro di Sirine Charaabi era molto incerto. Non c'entrava il Covid, nemmeno i classici dubbi di una ventenne. Aveva trovato da tempo la sua strada: la boxe a 5 anni, ispirata da un cugino nel paese di San Prisco (Caserta). Lì dove, appena tre anni prima, si era ricongiunta al padre dalla Tunisia con la mamma e le sorelle. A 14 aveva già vinto il primo campionato nazionale, missione ripetuta più volte. Convocazioni meritate nei raduni delle nazionali giovanili, ma con un problema non da poco: l'impossibilità di esordire nelle competizioni internazionali. Non era ancora italiana, almeno sulla carta. La cittadinanza una chimera irraggiungibile, nonostante fosse sopraggiunta la maggiore età. Un secondo posto nel campionato élite nel 2018 la gettò nello sconforto, così come le convocazioni scomparse. “I tecnici preferivano far crescere atlete che avrebbero potuto gareggiare, io non avevo più stimoli e un'atleta ne ha bisogno per andare avanti. Mi sentivo sconfitta”.
Quattro anni dopo, invece, c'è la prima Olimpiade della carriera a 25 anni. Col colore azzurro e con il titolo di vice-campione del mondo. Lo scorso anno a Nuova Delhi ha conquistato l'argento nella sua categoria, i 52 kg. “Un risultato che mi ha dato consapevolezza, facendomi capire che valgo veramente e che posso credere in me stessa”. La cittadinanza è arrivata nel 2021. L'Italia l'ha richiamata: “Dopo qualche mese ho vinto gli Europei Under 22, quello però fu un successo più dettato dalla mia fame che non dal talento”. L'approdo in Nazionale non è stata solo una conquista, ma anche un punto di partenza utile per lavorare sui propri limiti: “Sapevo di dovermi meritare il posto, era l'occasione per dimostrare di essere all'altezza sia allo staff che a me stessa, nonostante sentissi che mi mancava qualcosa. Nei primi tempi ho faticato tanto negli incontri internazionali. Il livello è altissimo e io non ero pronta, né mentalmente né fisicamente. Per un anno sono stata eliminata sempre tra primo e secondo turno, mi sono venuti tanti dubbi”. Non si è però lasciata abbattere: “Mi è mancata l'esperienza giovanile, non avendo mai potuto combattere prima a quel livello. La mia preparazione non era sufficiente, ma ho metabolizzato tutto con pazienza, disciplina e perseveranza”.
Qualità che la portano ora, atleta delle Fiamme Oro, a far parte della spedizione olimpica di pugilato, una delle più attese (lei combatterà nei 54 kg): “Sono orgogliosa di far parte di questa squadra. Siamo forti, ma solo le medaglie lo dimostreranno”. Compresa la sua? “Prima di tutto voglio godermi l'esperienza. L'obiettivo era la qualificazione, ora le uniche certezze sono la mia voglia e il raggiungimento di questo sogno. È un'esperienza che potrebbe non ricapitare, darò il 100% turno dopo turno. Voglio fare ottime prestazioni, sperando di arrivare al podio”. Nel centro federale di Assisi, dove si allena, ha tempestato di domande le compagne: “Ho una grande ammirazione per Irma Testa e Giordana Sorrentino, hanno già partecipato alle Olimpiadi e sanno come affrontare l'avvicinamento. Mi sono fatta raccontare l'atmosfera del Villaggio e i dettagli sulle stanze, la mensa, Casa Italia, i sorteggi, i palazzetti”. Le curiosità sono tante, soprattutto per chi ha pensato di non poter mai vivere tutto ciò.
“Prima del Covid mi ero quasi arresa, avevo deciso di iniziare l'università e facevo la cameriera. Dovevo dare una mano alla mia famiglia economicamente. Questo mi aiuta a dare valore e a essere grata a ciò che ho ora”. E a non dimenticare le contraddizioni della sua storia: “Paradossalmente, sono l'unica italiana della mia famiglia. Essere atleta mi ha agevolato, non è giusto” L'assenza dello Ius Soli, o di un'altra legislazione che favorisca l'acquisizione della cittadinanza italiana a chi da anni vive nel Paese integrandosi nel suo tessuto sociale, non rischia solo di essere causa di un medagliere perso tra le pastoie della burocrazia. “Gli italiani di seconda generazione non sono solo gli sportivi. Le mie sorelle sono laureate in mediazione linguistica, ma non possono partecipare a concorsi pubblici o intraprendere percorsi riservati ai cittadini europei”, racconta Charaabi.
Prima di partire per Parigi, da Assisi è voluta tornare a San Prisco, dove ha imparato a dare, schivare e incassare colpi, sia sul ring che nella vita. Ha salutato la sua famiglia, la sua gente e il suo primo maestro, Giuseppe Perugino. “Ci tenevo troppo. Mi rassicura, è una sorta di portafortuna, trasmette good vibes. 'Vai e arriva' è quello che mi dice sempre”.