Marcell Jacobs (LaPresse)

OLIMPIADI

"Ho fatto l'anno che volevo: punto all'oro", ci dice Marcell Jacobs

Umberto Zapelloni

Intervista al campione olimpico in carica dei 100 metri, a caccia della conferma dopo un periodo segnato da infortuni. E sulle motivazioni: "Tre anni dopo, la voglia è rimasta la stessa"

Tre anni dopo è un uomo diverso. Non solo perchè al Villaggio è da ieri sera che lo fermano per chiedergli un selfie, un autografo o anche una sola stretta di mano. Dal primo agosto 2021 al primo agosto 2024 il mondo di Marcell Jacobs si è capovolto, ma stare al centro del mondo gli piace: “Mi vengono a cercare come farei io con Lebron James se lo dovessi trovare in coda alla mensa del villaggio… è una sensazione che mi piaсe, ti dà energia, quel qualcosa in più che tri spinge a dare il meglio in pista”. Lo dice con gli occhi allegria che saltellano tra gli arredi di Casa Italia dove c’è stata la sua prima apparizione pubblica a Parigi: “Questi tre anni sono volati anche se sono successe davvero tante cose tra le medaglie, qualche infortunio e qualche delusione… Da Tokyo a Parigi io sono sempre rimasto me stesso, il solito ragazzo a cui piace vivere e scherzare in mezzo agli altri. Mi sono goduto anche i momenti negativiche mi hanno aiutato a crescere e diventare quello che sono diventato. Io apprezzo e accetto tutti i momenti che la vita mi mette davanti. Bisogna essere bravi anche a trasformare le negatività che ti arrivano addosso. La pressione c’è ed è pesante, ma io ho lavorato anche a livello mentale per trasformarla in energia”.

Chi era e chi è Marcell Jacobs: “Ero una persona completamente diversa, arrivavo da una stagione dove avevo portato a casa i primi risultati, ero alla mia prima olimpiade, che sognavo di vincere da quando avevo nove anni…Tre anni dopo la voglia è rimasta sempre la stessa, ci arrivo da campione olimpico, mi dà tanta autostima perchè nessuno mi ha regalato niente. So che come l’ho fatto tre anni fa, posso farlo oggi. C’è pressione perchè tutti, a cominciare da me stesso, si aspettano tanto da questa Olimpiade. Però, in quest’ultimo mese, ho trasformato la pressione in energia per non sentirla come un peso, ma come una spinta per correre più forte. Solo l’emozione è la stessa che provavo da outsider e che provo oggi da campione in carica”.

In mattinata è stato ad allenarsi in un campo di cui non ricorda il nome, ma dove ha ritrovato i suoi avversari. ”Ho avuto sensazioni ottime toccando il tartan con le scarpe chiodate, ho tanta voglia di scendere in pista, di divertirmi. Sento le vibrazioni giuste, sto cercando di godermi ogni momento, tutto quello che non avevo potuto vivere a Tokyo anche per le restrizioni. Ho annusato i miei avversari, ma soprattutto ho lavorato su quel momento stallo che mi arrivava tra i 15 e i 20 metri. Alla fine ho fatto bene, tanto che l’allenatore mi ha detto che era contento. Ma ho voluto rifarlo un’ultima volta e ho fatto ancora meglio”. Si vede. Ha la faccia dei giorni belli. “Quest’anno avevo tre obiettivi: rimanere in salute, vincere gli europei in casa e vincere le Olimpiadi. Sono in salute: ho fatto l’anno che volevo”.

Tra il dire e il traguardo non ci sono solo 100 metri: “Sarà tosta. La parte più complicata saranno le semifinali, con 15/16 atleti che possono puntare alla finale, dove entreranno solo i primi 8. Quello sarà il gradino più alto, poi una volta in finale potrà vincere chiunque. sarà una questione di dettagli, vincerà chi sbaglierà meno. Non vedo Noah Lyles come favorito, mi spaventa di più il giamaicano Kishane Thompson. Certo, arriva come campione del mondo, ma non vuol dire che sia imbattibile. Nei 100 non ci si risparmia mai, forse in batteria se te ne capita una lenta. Ma poi domenica in semifinale e finale non puoi risparmiarti, poi dipende anche da come saranno composte le semifinali. È difficile prevedere un tempo, so solo che bisognerà correre forte, ma non credo che serva un tempo straordinario, come correre meno che in 9”80. L’obiettivo non è pensare a un tempo, ma focalizzare la propria corsia e correre più veloce degli altri, focalizzandosi su se stesso. Per andare a podio, comunque, bisognerà stare sotto i 9”95”.

Il bambino che sognava a occhi aperti, trasformando la sua biciclettina in una moto, è ancora qui. Come guardava fuori dalla finestra della scuola sognando di diventare campione olimpico, adesso guarda verso la Torre Eiffel con lo stesso sogno. Diventare ancora campione olimpico. “A quel bambino direi di crederci, di crederci sempre. Perchè quando credi in qualcosa e lavori per raggiungerla, alla fine arriva”.