Ansa

A Parigi

La prima medaglia italiana nell'atletica dura poco. Ma il quarto posto di Battocletti è di quelli che brillano

Umberto Zapelloni

L'atleta azzurra era stata promossa sul gradino più basso del podio nella gara dei 5 mila metri, dopo la squalifica della keniana Kipyegon (argento), il cui ricorso è stato però accolto, ripristinando la classifica. Resta una grandissima prestazione

La prima medaglia dell’atletica è resistita un paio d’ore. Poi il bronzo di Nadia si è trasformato nell’ennesima medaglia di legno della nostra spedizione. Il quarto posto di Nadia Battocletti però è di quelli che brillano perché arrivato in una gara contro delle avversarie straordinarie. Lei unica ragazza nata in Europa, circondata da una nuvola di atlete in arrivo dagli altopiani del Kenya o dall’Etiopia come la Hassan, olandese naturalizzata. Dopo i trionfi agli europei romani nei 5.000 e 10.000 metri, Nadia è arrivata a Parigi senza paure. Si sentiva bene e ha pensato solo a interpretare la gara nel miglior modo possibile, sempre nel gruppo di testa e senza perdere troppo terreno neppure nello sprint finale che l’ha vista arrivare ad un solo secondo dal podio.

Podio che poi le era stato assegnato per la squalifica della keniana Kipyegon (argento) per uno scambio di cortesie, se così possiamo dire con  l’etiope Tsegay nel corso del penultimo giro. La squalifica della seconda classificata aveva così promosso Nadia sul gradino più basso del podio, un premio per la sua gara perfetta. Dopo un paio d’ore di illusione, ma senza che Nadia si lasciasse troppo prendere dall’euforia, il ricorso del Kenya è però stato accolto e il podio Chebet (oro in 14'28''56), Kipyegon e Hassan è stato ufficializzato. Il ricorso dell’Italia è stato respinto. Nulla di scandaloso. Gli esperti dicono che ci sta. Certo toccare un bronzo e poi restare con il nulla in mano fa rabbia. Ma conoscendo Nadia e la sua grinta, la sfrutterà come benzina per i 10 mila, altra specialità di cui è campionessa europea.

Anche Nadia ha nelle vene del sangue africano, mamma Jawhara, una ex ottocentista, è marocchina. Papà Giuliano invece è trentino di Cles e faceva il maratoneta, allenato da un guru come Giorgio Rondelli. Oggi è lui che segue Nadia, una ragazza che aveva la corsa nel suo Dna: “A 7 anni già correvo il Gran Premio Valligiano, che è una garetta delle nostre parti. Ho provato tutto: danza, tennis, nuoto, volley, giavellotto, peso, ostacoli. Ho scelto subito il mezzofondo perché avevo trovato un gruppetto di amici con cui andare a correre – ha raccontato a Sette qualche settimana fa - Sono figlia unica: sono stata rapita dalla dimensione collettiva, dalle trasferte in pullman, dal clima ludico dell’ambiente. Da bambini, dopo le gare, si giocava a nascondino e si facevano i gavettoni. Conosco a memoria tutti i parchi giochi della mia valle per averli frequentati da ragazzina”.

Nadia ha scelto di abbracciare la religione musulmana, come papà che si era convertito per potersi sposare. D’altra parte le prime parole da bambina le aveva pronunciate in arabo, visto che stava con spesso sola con la mamma quando papà era in trasferta. Correre è la sua vita e, come ha raccontato: “Credo di essere venuta al mondo con la volontà di accettare la fatica, ma poi ci si lavora sopra. Sono partita correndo 400 metri, oggi come minimo faccio 5 km al giorno. Si allenano anche i pensieri”. Non deve pensare al bronzo sparito in due ore, ma a come ha corso in mezzo a certe avversarie. Il suo capolavoro lo ha comunque fatto.

 

Di più su questi argomenti: