Record olimpico
Quinto oro di fila con finale a sorpresa, il gigante López saluta il ring
Dopo anni di pausa dall'ultima vittoria olimpica a Tokyo, l'atleta cubano conquista il quinto oro di fila. Stabilendo un record non solo per la sua disciplina, ma anche per la storia delle competizioni olimpiche. L'ultimo, immenso, traguardo prima di abbandonare le scene e lasciarle ai nuovi talenti (allenati da lui)
Quinto oro consecutivo conquistato. Mai nessuno c’era riuscito nella storia delle Olimpiadi, prima dell’avvento di Mijaín López. Il gigante cubano, lottando nella categoria 130 chili, si è confermato il campionissimo della greco-romana (specialità resa celebre in Italia da Vincenzo ‘pollicino’ Maenza, oro a Los Angeles 1984 e Seul 1988 e argento a Barcellona 1992 nei 48 chili) e una delle più grandi superstar di sempre nell’era moderna dei Giochi olimpici. E dopo l’ennesima vittoria, senza tanto clamore, López ha contestualmente annunciato il proprio ritiro dalle competizioni. Un annuncio fatto in modo iconico, come iconica è stata la sua carriera. López ha infatti salutato il pubblico togliendosi le scarpe e lasciandole sul tappeto.
“Per me, questa quinta medaglia ha un significato enorme. Come ho sempre detto, è già molto vincere una medaglia d’oro ai Giochi olimpici. Vincerne tre, quattro, cinque, è incedibile”, ha detto López dopo la vittoria. Il cubano è andato oltre il lottatore giapponese Kaori Icho, il velista danese Paul Elvstrom, l’americano lanciatore del disco Al Oerter, lo sprinter Carl Lewis e i nuotatori Michael Phelps e Katie Ledecky, che si erano fermati (si fa per dire) a quattro medaglie d’oro nella stessa disciplina.
A quarantun anni (ne compirà quarantadue il prossimo 20 agosto) López ha conquistato a Parigi il suo quinto titolo olimpico dopo quelli vinti a Pechino 2008, Londra 2012, Rio de Janeiro 2016 e Tokyo 2021 (combattendo fino al 2012 nei 120 chili, per poi passare ai 130 chili, in quella che oggi è l’ultima categoria della lotta greco-romana). E lo ha fatto nel meraviglioso Grand Palais Éphémère, padiglione espositivo che durante questa Olimpiade ha ospitato il judo e appunto la lotta. Impresa incredibile, tanto più se si considera il fatto che López non aveva partecipato a nessuna altra manifestazione dai Giochi di Tokyo di tre anni fa.
A Parigi, per compiere questo exploit, il lottatore cubano ha prima di tutto spazzato via (7-0 il punteggio finale) il sudcoreano Lee Seung-chan per poi avere la meglio sull’iraniano Amin Mirzazadeh (l’unico che è sembrato poter dire la sua contro López) nei quarti di finale (3-1), dell’azero Sabah Shariati nelle semifinali (4-1) e infine, all’ultimo atto, di Yasmani Acosta (6-0), trentaseienne di nazionalità cilena ma in realtà nativo di Cuba.
Fino al campionato panamericano di lotta del 2015, Acosta gareggiava per l’isola centroamericana. In quella occasione, come succede spesso con gli atleti cubani, Acosta decise di disertare e di chiedere asilo politico a Santiago del Cile, dove appunto di stava disputando quella competizione. L’essere riuscito a ottenere la nazionalità cilena ha aperto ad Acosta le porte dei Giochi Olimpici. Fino a quel momento la possibilità di partecipare alle Olimpiadi gli erano precluse proprio per la presenza di López, dato che ai Giochi andava un solo lottatore per nazione.
Classe 1982, nato a Pinar del Río, a circa centosessanta chilometri di distanza da L’Avana, López (idolo nel suo paese e portabandiera della selezione olimpica cubana ininterrottamente dal 2008) all’inizio voleva diventare un giocatore di baseball, sport nazionale di Cuba. Come spesso accade nella vita (e non solo in quelle degli olimpionici) il destino lo ha portato da un’altra parte. E questa nuova direzione sportiva nell’esistenza di López venne tracciata dall’allenatore che vide in lui le potenzialità del lottatore, se non altro per la notevole stazza.
Così, ben presto, López si è ritrovato a lasciare mazza e guantone e ad abbandonare il diamante da baseball per trasferirsi in palestra, a praticare una disciplina (la greco-romana) che ha a Cuba radici antichissime, che molti fanno risalire ai primi del Novecento.
Dopo la rivoluzione castrista (1953-1959), con l’avvicinarsi del Governo dell’isola all’Urss, dall’Unione Sovietica cominciarono ad arrivare allenatori per sviluppare le capacità dei giovani cubani. Diversi anni dopo, nel 1992, proprio a Mosca López parteciperà alla sua prima competizione mondiale. E sempre dalla Russia arrivava quel Chasan Baroev che fu oro ad Atene nel 2004 e anche ultimo lottatore in grado di sconfiggere López alle Olimpiadi (nei quarti di quel torneo). Ora, vent’anni dopo Atene, chiusa la sua vita sportiva, López ne comincerà un’altra, dedicandosi a “educare le giovani generazioni”, come dichiarato dallo stesso campione. E avrà molto da insegnare, lui che è stato il più forte lottatore nella storia della greco-romana.
Il Foglio sportivo - IL RITRATTO DI BONANZA