(foto Ap)

Il foglio sportivo

Che bella l'incompetenza olimpica

Fulvio Paglialunga

Giornate indimenticabili davanti alla tv, anche se di certi sport sappiamo poco o nulla

L’Olimpiade è bella perché è varia. Ci permette di passare da uno sport all’altro tifando, imprecando, esultando e contestando senza nemmeno chiederci conto della competenza che, in fondo, nella maggior parte dei casi non abbiamo. Cerchiamo medaglie e aria condizionata, un po’ di fresco e una tv accesa per capire cosa succede oggi, in quale sport andiamo a medaglia: lo skeet? La vela? Il lancio del martello?  Chissenefrega delle regole, tanto ci sono i telecronisti a dirci se va tutto bene o siamo in difficoltà. E sì, Benedetta Pilato ci ha insegnato che per loro è importante esserci, competere al massimo, non rimproverarsi nulla, vivere un’atmosfera che in realtà non possiamo conoscere fino in fondo, perché il divano non è considerato sport nemmeno per noi praticanti assidui. E anche a noi basta questo: se conosciamo l’atleta in gara a volte l’importante è vedere che spinge fino in fondo, che ci prova. Ma la mattina ci svegliamo e andiamo a vedere il programma: vediamo, dove possiamo vincere qualche medaglia oggi? 

 

De Coubertin non dorme con noi, quindi al momento del caffè non ci vede. E, per sua fortuna, nemmeno quando seguiamo i nostri atleti, alcuni dei quali se va bene li vediamo ogni quattro anni (tre solo in caso di pandemia, ma magari non lo rifacciamo) oppure li conosciamo proprio in quel momento, con la televisione accesa. Ci sono, anche, tante eccezioni: ho colleghi che sono lì e che hanno studiato molto, un altro collega in una delle mille chat in cui mi trovo che sa tutto di tutti (lo uso come calendario: “Fra poco l’Italia di badminton” e io torno davanti alla tv, se mi sono distratto un attimo), altri hanno dedicato la carriera ai cosiddetti altri sport. Ma siamo sinceri, la maggior parte di noi non sa di cosa parla, ed è bellissimo perché ti senti più leggero. Abbiamo tutti insieme protestato per la sconfitta di Macchi nella finale di fioretto, maledicendo l’arbitro ma – lo diciamo? – senza sapere per cosa stessimo protestando, senza un metro per dire se la decisione dell’arbitro fosse davvero giusta o sbagliata. Ci siamo fidati di Stefano Cerioni perché lui sì che lo vediamo a ogni Olimpiade, da una parte o dall’altra della barricata, a fabbricare ori e, quindi, a nutrire la nostra soddisfazione. 

 

Abbiamo pure discusso di genetica, senza saperne niente, ci siamo accapigliati sui cromosomi per sentito dire, ma questa è un’altra storia. Pure l’inquinamento della Senna sta scaldando la nostra estate che comunque non ne aveva bisogno, essendo calda di suo. Però l’Olimpiade è bella, se mentre scrivo un amico mi manda il video di Aleksandra Mirosław che sembra la donna ragno mentre si arrampica sulla parete (si chiama Speed, la disciplina) e batte il record del mondo e se ogni tanto vado a rivedere l’esercizio di Alice D’Amato alla trave e lo trovo ipnotico e poi è la prima volta della ginnastica femminile alle Olimpiadi, cosa che ovviamente non sapevo ma l’hanno detto i telecronisti e, quindi, sto guardando un pezzo di storia dello sport. E anche se vai a dormire sperando in un po’ di fresco e nel bronzo di Nadia Battocletti e poi quando ti svegli scopri che il ricorso del Kenya è stato accolto e tu non sai se dire che è giusto così, l’irregolarità non era grave oppure lanciare le fette biscottate in aria e andare al mare con il volto rattristato perché invece la rivale keniana andava squalificata davvero. Non sai che fare perché non sai le regole, molto probabilmente. E così fino alla prossima gara, in giorni che comunque sono indimenticabili per chi fa indigestione di sport e per chi si trova con una vetrina così grande e così tanti tifosi. Fa niente se quasi incompetenti. 

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