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Il colloquio

“Sul rinnovo di Malagò il governo è incoerente”, dice Berruto (Pd)

Riccardo Carlino

Lo scontro tra il presidente del Coni e il ministro Andrea Abodi visto dall'opposizione: "La destra dallo sport vuole solo una cosa: un sistema di potere medievale, dove poter scegliere e nominare i propri vassalli", dice il deputato dem. "Sostituirlo con Zaia? Chi occupa un ruolo così apicale deve avere determinate competenze”

“Nel momento in cui arriva un emendamento che permette potenzialmente un rinnovo all’infinito del numero dei mandati la mia domanda è: perché questa regola va solo a favore dei presidenti federali?”. E’ il dubbio che si pone Mauro Berruto, da oltre 30 anni allenatore di pallavolo e solo da due tra le file del Pd a Montecitorio. Punta il dito contro l’ultima, potenzialmente enorme, polemica nata sul calare del sole olimpionico di Parigi. Protagonisti Giovanni Malagò, attuale presidente del Coni, e Andrea Abodi, che dal ministero per lo Sport e i giovani ha voluto chiarire che l’incarico occupato dall’ex canottiere dal 2013 dovrà esaurirsi del tutto alla scadenza, nel giugno 2025, senza possibilità di ricandidatura. A meno che il Parlamento non soddisfi il suo desiderio di poter correre per un quarto mandato così come è già permesso a tutti i presidenti federali di enti pubblici. Una possibilità concessa per legge da un decreto approvato gli scorsi mesi, frutto per Berruto di un conflitto di interessi (è passato in Parlamento grazie al sostegno di Paolo Barelli, capogruppo di Fi alla Camera e attuale presidente della Federazione Italiana Nuoto) che “sottolinea un’incoerenza clamorosa, in quanto norma scritta ad personam e contra personam”. In questo caso, contro Malagò.

Da un lato – dice il deputato – c’è il Pd, che di mandati ne vorrebbe al massimo tre, anche se “non può stare zitto di fronte a delle incoerenze così evidenti e prepotenti”. Dall’altro, una destra che “dallo sport vuole solo una cosa: un sistema di potere medievale, dove poter scegliere e nominare i propri vassalli”, attacca Berruto, sottolineando come l’uscita di Abodi sia arrivata a meno di 48 ore dalla celebrazione dei successi olimpici degli azzurri. “Ma esiste ancora un meccanismo democratico di elezione? Io leggo solo di nomi già abbinati alle varie federazioni”. Proprio fra i nomi in circolazione spunta quello di Luca Zaia, anche lui con un incarico in dirittura d’arrivo (governatore del Veneto) e impossibilitato a ricandidarsi per il tetto dei due mandati consecutivi. “Lo rispetto, ma come reputerebbe lei Mauro Berruto alla dirigenza Rai? O a capo di un polo sanitario? Fare il presidente del Coni richiede dei requisiti di base, è così fuori tempo chiedere che chi occupa un ruolo così apicale abbia determinate competenze?”. 

Ironia della sorte, il terzo mandato di Malagò scade proprio alla viglia delle Olimpiadi invernali Milano-Cortina 2026. Di certo non un momento particolarmente adeguato per modificare drasticamente i ruoli apicali. “Io credo che il Cio (Comitato Olimpico Internazionale, ndr) sia un po’ preoccupato del fatto che possa cambiare la governance un anno prima di un evento così importante” continua Berruto, che ipotizza un finale simile a quello della passata vicenda dell’emendamento Mulè sul calcio. In un momento in cui un amministratore delegato e un presidente di squadre che giocano Serie A siedono nel lato destro del Senato, in meno di 24 ore “le beghe locali sono arrivate ai due organismi direttivi”, ossia Fifa e Uefa, che con due lettere hanno intimato al Parlamento di non procedere con atti lesivi dell’autonomia dello sport. Pena il divieto di partecipazione a qualsiasi competizione europea di calcio. “Non è da sottovalutare il ruolo del Cio rispetto a questa faccenda” ammonisce Berruto, secondo cui sono troppe le ingerenze sportive della maggioranza: “Una riflessione sul fatto che il presidente di una federazione possa anche essere parlamentare e legiferare su federazioni dirette da sé stesso dovremmo cominciare a farla. Se racconto questa storia a un Finlandese mi guarda come se fossi ubriaco”.