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Il Foglio sportivo - Il ritratto di Bonanza

Julio Velasco e Carlo Ancelotti, i normali

Alessandro Bonan

Il Ct del volley femminile e l'allenatore del Real Madrid rappresentano l'eccellenza in quanto persone dotate di una non comune capacità di sintesi, sviluppata attraverso la maturazione di una coscienza critica in grado di renderli fortemente radicati alla realtà

Scorre un fiumiciattolo di fianco a me. Inutile descrivere la scena per intero, sarebbe forse poetico ma noioso per voi che mi leggete (o reggete). L’acqua che scende però, effetto della suggestione, nella mia testa risale, portando riflessioni che nel dopo ferragosto, passata una festa abbastanza inutile, si annunciano al contrario. Le Olimpiadi sono finite, accompagnate da molte storie affascinanti, imbruttite dalla politica (il caso Egonu ha fatto letteralmente schifo) e dalla retorica di molti narratori. Velasco, il CT delle donne, appare come il dott. Freud, tanto che ti sembra di vederlo, magnetico, lo sguardo fisso sugli occhi degli altri, che analizza l’essere umano, risolvendo intricate faccende interiori. Ancelotti, allenatore super vincente del Real Madrid, cambia immagine ogni momento. Dopo il successo contro l’Atalanta, gli hanno tirato sulla testa un mantello, appioppandogli la santità, come era già successo a padre Malonno, il geniale personaggio inventato da Maccio Capatonda.
 

Poi però i due parlano per davvero, non solo per interposta narrazione. Escono dai santini dentro i quali sono stati dipinti, e con la voce vera, senza toni enfatici, dicono cose di una semplicità disarmante. Per Velasco la sua Nazionale non è stata così speciale (riassumo), solo che nella finale ha giocato meglio delle avversarie. Solo questo, schernendosi da tutto, anche dall’ossessione della vittoria, malattia di chi parla di sport agonistico senza averlo praticato mai, nemmeno per sbaglio. Ancelotti, prima della finale di Supercoppa, alla domanda su come facesse a essere sempre così illuminato nel far scendere in campo la squadra più giusta, ha risposto testualmente che “non ci vuole Einstein a scegliere tra giocatori così forti, il problema nasce quando sono scarsi”. Velasco e Ancelotti rappresentano l’eccellenza in quanto persone dotate di una non comune capacità di sintesi, sviluppata attraverso la maturazione di una coscienza critica in grado di renderli fortemente radicati alla realtà.
 

Se questa vi sembra una “supercazzola come se fosse antani”, cambio parole e lo dico in maniera più chiara. Velasco e Ancelotti sono speciali in quanto si sentono normali. E la normalità oggi, in questa epoca degli eccessi, è diventata un valore assoluto. Anche se non è un concetto facile da capire. Avevo un orsacchiotto da piccolo con cui facevo tutto, era la mia compagnia. Ma un giorno lo lasciai in disparte e non lo trovai più. L’avrò perduto o è lui che se n’è andato? Ancora oggi, son qui che me lo chiedo. E vi domando: per voi, sono normale?

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