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Il Foglio sportivo

Julio Velasco e l'importanza dell'allenatore

Umberto Zapelloni

Il Ct del volley femminile ci ha ricordato quanto conta ancora la guida tecnica nelle competizioni

C’è un pensiero che corre veloce da Parigi alla nostra Serie A, passando da Madrid: l’importanza dell’allenatore. L’uomo che ancora può fare la differenza per migliorare le prestazioni della sua squadra, lavorando sulla tecnica, sulla tattica, ma anche sulla mente. Soprattutto sulla mente, verrebbe da dire, pensando a come Julio Velasco ha trasformato la nazionale azzurra di volley. Ha liberato la testa delle sue ragazze, le ha costrette a concentrarsi sull’oggi senza lasciarsi distrarre da passato e futuro. Qui e ora è stato il mantra olimpico che le ragazze finiranno col tatuarsi sulla pelle insieme ai cinque cerchi. Velasco ha dimostrato che con l’esperienza (e due straordinari vice come Barbolini e Bernardi) si possono cambiare i destini di un gruppo. Lo ha fatto dopo aver distribuito saggezza in giro per il mondo, quando qualcuno pensava che ormai non sarebbe stato più decisivo in panchina. Lo stesso pensiero che aveva attraversato qualcuno a Napoli anni fa, quando fu troncata la storia con Carlo Ancelotti che, invece, continua a collezionare trofei in giro per l’Europa con la sua aria da brav’uomo, amico dei giocatori prima che dei proprietari. Carletto si sta confermando uno dei migliori allenatori della storia del calcio, uno che sa mischiare giovani di talento e star planetarie come se fosse la cosa più semplice del mondo. Alza il sopracciglio e via. Solo con De Laurentiis non ha funzionato, ma forse non serve chiedersi di chi sia stata la responsabilità.
 

L’importanza dell’allenatore è anche uno dei motivi di interesse della Serie A che riparte con un  nuovo sponsor, senza raccattapalle e con il sogno di vivere una stagione senza pirateria televisiva. Se l’Inter ha trovato nella continuità del progetto Inzaghi la strada per confermarsi in Italia e sognare in Europa, dietro le avversarie principali hanno stravolto le loro panchine con scelte abbastanza rivoluzionarie per cercare di ridurre un gap che è indubbio. Puntare sul manico per cambiare rotta. Dare le chiavi dell’auto all’allenatore e chiedergli di guidare più veloce che può, evitando le buche più dure, senza per questo cadere nelle sue paure. Aspettando che il mercato ridefinisca le squadre fino all’ultimo giorno disponibile, i riflettori sono puntati tutti sui nuovi arrivati in panchina: Paulo Fonseca, Thiago Motta e Antonio Conte che sono al volante di tre potenziali fuoriserie, ma non sono le sole novità della stagione. Occhio anche a Nesta (Monza), Vanoli (Torino), Italiano (Bologna), Palladino (Fiorentina), Nicola (Cagliari), D’Aversa (Empoli), Baroni (Lazio), Runjaic (Udinese), Di Francesco (Venezia), Zanetti (Verona). Tredici nuovi allenatori su venti sono tanti. E chissà che chi parte dalla certezza di un Inzaghi, un Gasperini o un De Rossi non abbia un vantaggio almeno all’inizio dell’avventura di un campionato che non permetterà a nessuno di avere un rodaggio. L’importanza dell’allenatore. Rivalutata da Velasco e ribadita dal solito Ancelotti. Sarà interessante vedere chi riuscirà a fare la differenza nel nostro calcio che riparte cercando di dimenticare di essere nel mezzo di una crisi istituzionale e di risultati.

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