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Il Foglio sportivo

Ecco il Parma all'americana

Francesco Gottardi

I progetti del presidente Kyle Krause per una squadra giovane, sostenibile che resti in Serie A

Attaccatura da divo, sorriso abbagliante, sguardo infervorato. “Il mio Parma sarà giovane, sostenibile e con un futuro in Serie A”. Kyle Krause si era presentato così, mezzo social, quando quattro anni fa rilevava una delicata presidenza gialloblù. Ci è riuscito, oggi. Nel mezzo non è stata una passeggiata. Anzi: quelle prime parole erano sembrate invecchiare malissimo. Subito la sua squadra è retrocessa in B, pagando lo scotto della proprietà precedente che ben oltre il campo aveva compiuto il passo più lungo della gamba. I patres conscripti del calcio parmense (il gruppo Nuovo Inizio) hanno rivisto gli spettri dell’ennesima bancarotta. Non poteva succedere. Non di nuovo. Urgeva però trovare un altro azionista di maggioranza, “solido, appassionato e competente”. Kyle il risolutore. Dando tempo al tempo.


È partito dai minimarket dell’Iowa, dall’altra parte dell’oceano. O forse, ancora più indietro, “da un paesino in provincia di Palermo: così almeno mi raccontava mia madre dei suoi avi”. E allora gli si crede, quando dice che fare calcio in Italia era un sogno che serbava da tempo. Gli si crede, quando dice di “voler portare il Parma in Europa”. La promessa di un pronto ritorno in Serie A è stata più che mantenuta. Da dominatori della cadetteria: 76 punti, una promozione centrata con tre turni d’anticipo e ora l’1-1 imposto alla Fiorentina al debutto in campionato. Immagini di festa che allo Stadio Tardini – in attesa della rimessa a nuovo – non si vedevano dal 2018. E da un’altra èra calcistica. Dopo tante montagne russe, Parma ha bisogno di una crescita stabile.


Ormai in città gliene danno atto: il 60enne Krause ha le stimmate dell’uomo giusto. Un po’ self-made e un po’ sognatore. Discende da una famiglia di imprenditori del Midwest, che ha fatto fortuna grazie alla catena di minimarket fondata da suo padre William. Oggi conta oltre 400 store negli Stati Uniti. Ma nel frattempo, su iniziativa del figlio, la Krause Group si è allargata fino a diventare una holding gigantesca: opera fra turismo, sport, logistica, mercato vinicolo e commercio al dettaglio. In totale, un fatturato da quasi 3 miliardi di dollari. Tra gli asset societari c’è anche un piccolo club di calcio (tale Des Moines Menace, quarta serie americana) che aveva permesso a Krause di farsi le ossa prima del Parma. Il tycoon è sempre stato affascinato dal Belpaese, tra storia personale e prospettive di investimento. Possiede varie cantine piemontesi – il vino è l’altra sua grande passione – rilevate dal Gruppo Campari. Per lo sport invece ha dovuto sondare il terreno, da Bologna a Firenze, parlando coi colleghi Saputo e Commisso “per alcuni fondamentali pareri”. Poi, nel settembre 2020, ha acquistato il 90 per cento delle quote gialloblù per 100 milioni di euro. Rilevando contestualmente, tassello cruciale, il 99 della società incaricata della ristrutturazione del vecchio Tardini. Il Parma ha reso noto che fino allo scorso bilancio consolidato “la controllante Krause Group Italia Srl ha investito nel club 324,9 milioni”.


Cifre fuori mercato per la Serie B, che il presidente ha iniettato per risanare il patrimonio e crearne di nuovo: dallo stadio – il dg gialloblù Luca Martines raccontava i dettagli del progetto anche al Foglio – al centro sportivo di Collecchio. Ovvero le infrastrutture del futuro, dove secondo la visione di Krause presto crescerà un Parma orientato allo sviluppo di giovani talenti: Adrian Bernabé, centrocampista scuola Barça e Manchester City, ne è già un fulgido esempio. E profuma di plusvalenza pesante. “La stabilità finanziaria non può essere seconda ai risultati sportivi”, il patron ha spiegato sulle colonne del Guardian. Si dice che un tempo tifasse Juve. E che proprio in casa bianconera avvicinò Buffon per proporgli il simbolico ritorno all’ovile: “Il modello di cui tutti avevamo bisogno per crescere”. Crede in un calcio olistico, Krause. Conti e impianti in ordine, giocatori e giocatrici: prima di lui il settore femminile quasi non esisteva, oggi il Parma Women è specularmente ai vertici della Serie B. Più in generale, la filosofia è prendere il meglio e un po’ da tutti: i vivai dell’Ajax, il merchandising del Barcellona, il lavoro coi dati di Liverpool e Paris Saint-Germain. Proprio dal top club francese arriva Mathieu Lacome, l’analista capo fortemente voluto dal presidente: “Un’area professionale in cui intendiamo investire ancora”.


Intanto Kyle ragiona a lungo termine. E sparge qualche indizio in giro. Lo scorso ottobre aveva riaperto al ritorno in società dello storico sponsor Parmalat, per ora nelle categorie giovanili. Ad aprile ha ceduto la sua azienda di minimarket per focalizzarsi sull’Italia. A maggio, subito dopo la festa promozione, ha rivelato i dettagli del nuovo Tardini: 27 mesi per demolirlo e rifarlo da zero. L’impianto sarà un gioiellino all’ultimo grido, “all’insegna della sostenibilità ambientale e sociale”, da 20.986 posti a sedere. Salvo scogli burocratici, i lavori di ristrutturazione dovrebbero partire tra un anno. Per questo è fondamentale evitare altri scossoni sul piano sportivo. “Per prima cosa dobbiamo salvarci in Serie A”, annuncia Krause. “Non è l’ora di grandi cambiamenti tecnici: il Parma è un investimento che farà parte della mia famiglia per molto tempo. E come dimostra il nostro percorso, non si possono risolvere i problemi in pochi mesi”. In quattro stagioni però sì. “Abbiamo intrapreso la strada giusta per rendere il Parma un brand mondiale. Un passo alla volta. Poi un giorno potremo puntare al modello di Bologna e Atalanta”. Appunti per il futuro: rileggere queste dichiarazioni fra qualche anno. E stavolta non sorprendersi più.

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